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 2023  gennaio 27 Venerdì calendario

La commercialista che 43mila euro libera grazie al dl rave

Era delegata alle esecuzioni immobiliari e curatrice fallimentare di Genova. Ma parte dei soldi delle vendite all’asta, invece di andare ai creditori, finivano sui suoi conti personali. Per questo una commercialista di Genova accusata di falso e peculato aveva patteggiato tre anni di carcere. Una pena che aveva cominciato a scontare in carcere, subito interrotta per effetto del “decreto Rave”, tra i primi provvedimenti approvati dal governo di Giorgia Meloni.
La norma era nata per reprimere il fenomeno delle manifestazioni musicali autogestite, sull’onda del clamore mediatico suscitato da un raduno a cui avevano partecipato un migliaio di giovani a Modena. Come noto, nel provvedimento erano finite anche norme che non c’entravano nulla con la materia trattata, come la deroga sull’obbligo vaccinale e la reintegrazione del personale sanitario No Vax, fino alla cancellazione della “Spazzacorrotti”. Un emendamento, quest’ultimo, voluto fortemente da Forza Italia, che in questo modo si è sbarazzata con un colpo di penna di uno dei provvedimenti simbolo dei 5stelle, che aveva inserito i reati contro la Pubblica amministrazione fra quelli ostativi. L’approvazione del decreto ha permesso alla professionista genovese di cogliere la palla al balzo. La sua legale, Francesca Agosto, ha presentato un’istanza alla Procura e ha ottenuto l’immediata scarcerazione della cliente, in attesa dell’affidamento a una misura alternativa, come i lavori socialmente utili.
La vicenda risale a un paio d’anni fa. Allertata sulle stranezze di alcune procedure, la Guardia di Finanza, coordinata dal pm Walter Cotugno, accende i riflettori su Biancamaria Casò, 53 anni, delegata del tribunale di Genova. Dagli accertamenti emergono movimenti bancari anomali: la commercialista ha fatto confluire sui propri conti 43 mila euro in modo indebito. Somme formalmente liquidate dal giudice, di cui però era stata falsificata la firma.
Dalle indagini, scrivono gli inquirenti, emerge un “meccanismo fraudolento che il pubblico ufficiale infedele aveva ideato, basato sull’appropriazione di somme derivanti dalle procedure fallimentari e sull’occultamento di ammanchi mediante una serie di artifici”. Durante le procedure, insomma, una parte veniva deviata nelle tasche della delegata. E per coprire i buchi, venivano falsificati i dati contabili: “La professionista indicava causali relative a operazioni mai eseguite, duplicava pagamenti, falsificava fatture, autorizzazioni e decreti del giudice delegato, che esibiva agli istituti di credito al fine di giustificarne i prelievi”.
Nel luglio 2021 la Guardia di Finanza arresta la commercialista e le sequestra i beni. La donna chiede il patteggiamento e la pena, tre anni di carcere, diventa definitiva. Per lei si aprono le porte del penitenziario di Pontedecimo. Fino all’assist, imprevisto, fornito poche settimane fa dal governo Meloni. Sono cambiati i tempi: in carcere si va per le feste non autorizzate, non se ci si appropria dei soldi dei cittadini che si rivolgono al tribunale per avere giustizia.