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 2023  gennaio 26 Giovedì calendario

Intervista a Valeria Fabrizi

“Ho ancora una cicatrice sul ginocchio”.
Per colpa di chi, Valeria Fabrizi?
Xavier Cugat.
Il direttore d’orchestra?
Una feroce scenata di gelosia in un albergo. Volò un piatto, ero sulla traiettoria e me lo beccai.
Ma…
Mirava alla moglie Abbe Lane. Stupenda. Quando si spogliava aveva la pelle di seta. Lui invece era piccolo e brutto e molto più anziano. Cugat girava con quei cagnolini pratici, i chihuahua. Li metteva in tasca e con due briciole li sfamava.
La Lane faceva girare la testa a tutti.
Ma non c’era modo di sospettare una sua infedeltà. Xavier era molto protettivo, non la mollava mai.
Però che c’entrava lei, cara Valeria?
Eravamo amiche. Sono diventata una rossa su suo consiglio. Nascondevo nel mio reggiseno i regali che i corteggiatori mandavano ad Abbe. Avevo due tette enormi, riempite di anelli e braccialetti.
Dove vi eravate conosciute?
Mia madre aveva uno studio medico in piazza Fontana, vennero i Cugat e fui invitata ad andare a sbirciare dietro le quinte del Teatro Lirico. Dopo un po’ di tempo mi notò Carlo Dapporto che stava preparando Giove in doppiopetto per Garinei e Giovannini. Feci il provino, ma mi venne un ascesso sottobraccio e dovettero sostituirmi. Debutto rimandato.
E quando avvenne?
Nel pomeriggio facevano prove Tognazzi, Vianello, Bramieri. Ugo mi prese per fare la soubrettona.
Soubrettona.
L’ordine di importanza era: attrice, soubrette, tre soubrettone e le soubrettine che aprivano il sipario. Io avevo tre battute.
Com’era Tognazzi?
Pesante. Ci provava, come con tutte. Lo misi a posto e diventammo amici. Ho tenuto sulle braccia suo figlio Ricky, che è antipatico.
Perché?
Di recente gli ho ricordato di avergli fatto da baby sitter una sera che i suoi erano andati a una festa. E lui, freddo: ‘Ah sì?’. Ci sono rimasta male.
Comunque, signora Fabrizi, quelli erano gli esordi. Oggi è ancora una beniamina del pubblico con la settima stagione di Che Dio ci aiuti. La sua Suor Costanza è un pilastro per l’ennesimo boom di ascolti.
Le signore mi fermano e mi dicono: grazie. Anche per essere di esempio a chi non è più giovanissima e lavora in modo dinamico. Il mio messaggio è di non fermarsi mai. In Italia la carriera di attrice finisce ben prima di quella dei colleghi maschi.
Che pensa delle artiste che denunciano senza far nomi gli uomini sessualmente rapaci?
Che certe cose ci sono sempre state. L’uomo è cacciatore, e un atteggiamento galante è diverso da un tentativo di violenza. E poi, queste che segnalano certi episodi dovrebbero capire che in questo modo delegittimano quelle che hanno ottenuto le parti. Il sottinteso è: lei l’ha data, io sono stata messa ai margini.
A lei è capitato di essere braccata?
Se avessi dovuto denunciare tutte le pacche sul culo… Solo una sera capitò qualcosa di brutto. Un regista importante, grande e grosso, mi invitò a un party a casa sua. Andai e non c’era nessun altro. Mi saltò addosso. Piansi, mi inginocchiai implorandolo di lasciarmi andare. Era amico di Walter, che non l’ha mai saputo, altrimenti l’avrebbe riempito di botte.
Chiari, il suo amore giovanile. Farfallone anche lui, via.
Lo avevo lasciato per questo. Ma per tutta la vita sono stata per lui amica, sorella, madre. Ho cercato di proteggerlo quando era disperato, perché il mondo dello spettacolo lo aveva espulso per quel vizio maledetto.
La cocaina.
Come se la prendesse solo lui! Quanta ne girava! Sono grata a Walter per non aver mai cercato di coinvolgermi in quei giochi distruttivi. Io sono sempre stata sana, una ragazza contadina.
Anche Tata Giacobetti diede una mano per salvare Chiari.
Scoprì che alloggiava in un albergo, solo e depresso, e lo portò a casa nostra. Tata mi aveva conquistata con la testa. Dopo una prima notte in un piccolo e sperduto hotel in Toscana, dove avevano una stanza sola con due letti. Ci eravamo fermati lì: un contrattempo ci impediva di raggiungere il resto della compagnia a Torino. Lui mi faceva la corte, io cominciai a pensare a lui per una frase fatale.
Quale?
Spegnendo la luce mi chiese di potermi solo tenere la mano. Temetti un epilogo scontato. Invece al mattino, con la mano ancora lì, mi disse: ‘Non ho dormito, ti ho guardata tutta la notte, sono innamorato di te’. Era un uomo da sposare.
La forza della discrezione.
A Milano, al night Astoria, mi sussurrò My Funny Valentine all’orecchio, mentre ballavamo. Van Wood suonava. Credo ci fosse anche Berlusconi, che faceva spettacoli con Confalonieri. Silvio cantava da Dio, uno chansonnier nato.
Un’occasione mancata?
Ero stata scelta per Poveri ma belli da Dino Risi. Ma prima delle riprese mi ero fatta bionda platino per Garinei e Giovannini. Risi si infuriò. Gli servivo castana. Niente film, e altre chance perse: per il cinema mi ero liberata da un impegno in scena con Dapporto, che virò su Claudia Mori. Lei era fidanzata con il calciatore Lojacono, ma in teatro conobbe Celentano. Così è la vita.