il Giornale, 26 gennaio 2023
I 60 anni di José Mourinho
S e ti dice che sei fuori tu devi stare fuori, e anche se non capisci che sei fuori è tardi perché lui ormai ti ha fatto fuori. Ed è inutile che vai dal preside a piangere e lamentarti perché ti sentirai rispondere che non ci si può fare più niente. L’ha già fatto e lo farà ancora. Tu non capisci, cerchi di ricordare quando hai sbagliato, in che occasione, vorresti scusarti, giurare, chiedere perdono, tutto inutile, indietro non si torna. È la sua legge, è diventato grande così, non cambia, ha in mente qualcosa che al momento è sconosciuta e tu sei di troppo. Josè lo ha fatto con fenomeni e raccattapalle, ma se gli entri in tasca è pronto a difenderti davanti a tutti, anche dopo una partita disastrosa. Difficile scoprirlo in clinch, gli è successo ma ha sempre girato le cose a modo suo, scarica su qualcosa d’altro e magari il bersaglio sembra uno a caso, ma è difficile che decida per suo gusto, di mezzo c’è sempre il desiderio della vittoria, del trionfo. Ma gli è successo, certo che gli è successo. Nei giorni del ritiro a Boston, vigilia della sua stagione perfetta all’Inter, era tirato a lucido, sorriso, stampa alla larga, non parlava da fine campionato, zero notizie, la squadra dentro una bolla che teneva a qualche metro da terra. Poi all’improvviso cambio, quasi malmostoso. Riuniva il gruppo in cerchio e lui in mezzo a parlare, tutti in silenzio, il segnale che qualcosa non stava funzionando come voleva. Poi finalmente il motivo: Josè cosa c’è che non va? C’è che Zlatan esce, con lui c’è una squadra, senza di lui ce n’è un’altra. Impossibile che non lo avesse capito prima, più probabile che solo in quel giorno si fosse persuaso che non c’erano più margini per trattenerlo, a Barcellona tanti soldi e Pep Guardiola: Io ho cercato di convincerlo, gli ho detto che lì sarà uno dei tanti, che se anche vincerà qualcosa non sarà merito suo mentre qui è il re e entrerà nella storia perché quest’anno prendiamo tutto noi. Ma lo Zlatan va via e Josè è triste, amigo. Poi è successo di tutto, ha vinto, ma la storia di Ibra gli è rimasta dentro, hanno preso delle decisioni sopra la sua testa sapendo che non le avrebbe approvate e nessuno può escludere che nel trionfo di Madrid avesse già deciso che strada prendere: Un vincente non è mai stanco di vincere, io non voglio perdere mai e so sempre cosa devo fare. Il rumore dei nemici, non sono un pirla, l’area di 25 metri della Juve, la prostituzione intellettuale: Lo Monaco ha detto che mi prenderebbe a bastonate sui denti? Beh, conosco il monaco del Tibet, il Principato di Monaco, il Bayern di Monaco, il Grand Prix di Monaco, se questo Lo Monaco vuole diventare famoso parlando di me mi deve pagare tanto, oppure faccia come me, io ho già degli sponsor che mi pagano tanto per fare pubblicità. In quel momento era al vertice della piramide del calcio mondiale, la punta dell’iceberg e nessuno poteva conoscere cosa c’era sotto, cosa stava tramando, e questo lo rendeva misterioso e affascinante, c’erano calciatori pronti a morire per lui e lo dichiaravano pubblicamente senza vergognarsene. Attaccava tutti: Non si parla mai della Roma che ha grandissimi calciatori che vorrei allenare ma finirà la stagione con zero titoli, non si parla del Milan che ha undici punti meno di noi e finirà la stagione con zero titoli, non si parla della Juventus che ha conquistato tanti punti con errori arbitrali e finirà la stagione con zero titoli. Pochi, nessuno, deciso a replicare, meglio stare alla larga perché ce n’è per tutti. Parla e si prende l’apertura delle pagine, aveva già iniziato al Chelsea quando è arrivato dal Porto: Scusi...? Cosa ha detto? Sono qui da Campione d’Europa, cerchi di capire... io sono lo Special One. E quando a Londra arriva il momento duro della stagione fa: È un momento cruciale della storia di questo club, se mi esonerano cacciano il miglior allenatore che questa società si può permettere, il migliore che abbia mai avuto. Pochi, nessuno, si è mai spinto oltre, dopo una gara di Champions vinta ma con una traversa colpita dal Panathinaikos a fine primo tempo, un cronista, inesperto e poco istruito sul personaggio, si è permesso di dire che era stato un colpo di fortuna. Josè si è alzato e ha cercato qualcosa, forse una sedia, è diventato di un altro colore e ha detto qualcosa di incomprensibile ma la fortuna del cronista inesperto è stata di trovarsi parecchie file più in là e il lancio avrebbe potuto costare diversi feriti in sala conferenze. Questo è Josè Mario dos Santos Mourinho Felix da Setubal, modesto ex calciatore, difensore dell’Uniao Leira che sognava di diventare il successore di Alex Ferguson e allenare lo United, ci va, in due anni vince una Supercoppa inglese, una Coppa di Lega e un’Europa League, per l’Iffhs miglior allenatore del mondo nel 2004, 2005, 2010 e 2012, miglior allenatore del mondo per la Fifa nel 2010 e Uefa nel 2004, 2005, 2006 e 2010, allenatore del secolo in Portogallo, una moglie, due figli, cattolicissimo, sei lingue, editorialista e commentatore televisivo, detiene l’80 per cento delle azioni di una squadra di beneficenza senegalese, l’Etoile Lusitana, dove è andato ha vinto e creato casini cosmici, ovunque è tornato ha incassato ovazioni, eppure per molti è solo un bravo comunicatore. Buon compleanno Amigo, qui sei sconfitto, questi non li convinci.