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 2023  gennaio 26 Giovedì calendario

I 60 anni di Mourinho


Il più moderno forse no, ma futurista di sicuro. José Mourinho compie oggi 60 anni e per i giovani a 60 anni sei un vecchio. I giovani della Roma – Bove, Tahirovic, Zalewski e Volpato – ieri hanno visto la partita della Primavera giallorossa insieme allo Special One e di sicuro non lo pensano. E se lo pensano, non lo direbbero mai. Perché Mourinho è Mourinho e la regola, a Roma, vale ancora più che altrove. Mou è l’allenatore che ha portato 60.000 spettatori a vedere Roma-Genoa, ottavo di finale di Coppa Italia, con diretta tv in chiaro.
È un risultato che vale come un trofeo, ma anche questo non va detto a Mou, per il quale «un vincente non è solo chi vince ma chi ha sempre il desiderio di vincere». Tanto che a 59 anni si è tolto uno sfizio da teenager, cioè il tatuaggio delle tre Coppe europee nel suo palmarès: Champions League (Porto 2004 e Inter 2010), Europa League (Manchester United 2017) e Conference League (Roma 2022). Essendo la prima edizione della Conference è lapalissiano che nessun altro possa portare in spiaggia quel bicipite.
L’esordio
Ma io non sono un pirla (rivolto a un giornalista inglese durante la prima conferenza stampa come allenatore dell’Inter)
Mou è un futurista perché ha il mito della velocità: in gol con tre passaggi è la sua emozione. Perché ama la rissa, in Galleria e non solo. Perché forse un giorno tornerà a Setubal e andrà in pensione, ma dentro le metropoli si trova nel suo habitat naturale.
La modestia
La laurea honoris causa? Solo uno su ventuno non voleva darmela. Ma è normale, anche Gesù
non piaceva a tutti
Il Mourinho comunicatore a volte ha oscurato il Mourinho allenatore. Ogni tappa della sua carriera, questo invece è sicuro, è stata accompagnata da una frase diventata storica. Al Porto ha vinto Coppa Uefa e Champions, trampolini per il Chelsea dove si è presentato così: «Vi prego di non chiamarmi arrogante ma sono campione d’Europa e credo di essere uno speciale (Special One). Se avessi voluto un lavoro facile sarei rimasto al Porto».
Dalla panchina Inter
Negli ultimi giorni non si è parlato della Roma che ha grandissimi giocatori ma che finirà la stagione con zero titoli
Show replicato all’Inter nel primo incontro con la stampa: domanda di mercato su Lampard camuffata e risposta «Non sono un pirla». Dovendo sceglierne una, però, è restata nella memoria di tutti quella degli «zeru tituli» con la quale denunciava la «prostituzione intellettuale» e un complotto mediatico contro i nerazzurri. Per farsi amici tra i tifosi juventini parlò anche di area di rigore lunga 25 metri per commentare un rigore concesso ai bianconeri.
Lo smisurato
Un’area di 25 metri
ce n’è solo una in Italia (riferito a un rigore dato alla Juve dopo un fallo apparso fuori area)
Al Real Madrid, sposato la notte stessa della conquista della Champions con l’Inter, entrò in rotta di collisione con i leader della squadra, in particolare con il portiere Iker Casillas, che Mou accusò di tradimento perché rivelava i segreti di spogliatoio alla moglie giornalista. Un’accusa simile – ma per lo scarso impegno in campo, entrando dalla panchina – ha mosso a Karsdorp nel post Sassuolo-Roma.
Il ritorno in Premier è stato diviso fra tre squadre: Chelsea («Chiamatemi The Happy One», ma poi l’hanno licenziato); Manchester United: lotta dura senza paura con Pogba; Tottenham Hotspur, dove ha dovuto sopportare le telecamere di Amazon Prime per «All or Nothing». Anche lì, però, ha dato spettacolo: «Siete troppo buoni! Vi insulto e non rispondete. In campo non ho bisogno di bravi ragazzi». Alla Roma parla meno, risultando antipatico quando fa il count down delle domande che mancano alla fine delle (rare) conferenze stampa. Non sempre le questioni che gli vengono poste sono geniali, è vero, ma anche Mou qualche volta ha sbagliato. Come il giudizio crudele dato su Ranieri: «A 70 anni ha vinto una Supercoppa e una coppetta. è troppo vecchio per cambiare mentalità». Vincere una Premier League con il Leicester, però, vale come una Champions. I due poi hanno fatto pace.
Mourinho è legato alla Roma da un contratto fino al 2024. Come (quasi) tutti gli allenatori vorrebbe campioni e non giovani da far crescere. Chi vivrà, vedrà. Intanto ha tirato una stangata a Zaniolo, che pure ha sempre difeso dalle critiche anche se giocava male: «Quando un calciatore vuole andare via, di solito il suo desiderio è accompagnato da un’offerta importante. Invece adesso non c’è niente». Bravo, insomma. Ma meno bravo di quello che crede.