la Repubblica, 25 gennaio 2023
Agnelli a New York
Susan ricorda assai bene quella giornata, metà anni Novanta. Aveva parlato con Gianni della Barnes Foundation di Filadelphia, che lui non aveva mai visto. Resta una delle più importanti collezioni in America – 180 dipinti di Renoir, 69 di Cézanne, 59 di Matisse, 49 di Picasso, 16 di Modigliani e così via, con opere di Pissarro, Degas, Van Gogh, de Chirico, Seurat e altri mille lavori importanti. «Come andiamo? In macchina?», chiese Gianni. «Assolutamente no, il traffico sarebbe infernale», rispose Susan. E fu così che per la prima volta nella sua vita adulta l’Avvocato prese un treno. Partì il mattino dopo alle otto da Penn Station, a New York, diretto alla stazione William H. Gray III 30st di Filadelphia. Una curiosità inedita che Susan mi racconta l’altra sera, a un pranzo su Park Avenue, con altre curiosità, come se tutto fosse successo ieri.
Mi colpisce quanto, a vent’anni dalla sua morte, il ricordo di “Gianni” – qui a New York nessuno lo chiama l’Avvocato – sia sempre vivo, affettuoso, nostalgico. Tre settimane fa, a un altro dinner a Park Avenue, c’erano i Radzwill e i Livanos e di nuovo finirono col raccontare aneddoti su “Gianni”. Di lui parlano il gallerista Bill Acquavella e l’architetto Peter Marino, sua guida per musei e mercanti d’arte. Lo ha evocato Henry Kissinger durante la cena in onore di Mario Draghi il 19 settembre scorso. Persino Tory Burch, la grande creatrice di moda che pure non l’ha mai conosciuto, per qualche ragione finisce col parlare di lui e mi confessa che per lei è un «Role Model per l’eleganza e il fascino», mi dice. Tutti usano toni semplici, di amicizia. Un americano che non nomineremo ricorda l’infatuazione – e “la storia” – con Jackie Kennedy, la bella moglie di “Jack” (come era chiamato dagli amici il Presidente americano) durante il memorabile viaggio di Jackie a Ravello, quando la trentenne First Lady visitò per tre settimane Gore Vidal, un parente lontano. Da Ravello Jackie andava a Conca dei Marini, nella villa di Mario d’Urso, che aveva una discesa a mare per poi fare gite in motoscafo in Costiera e a Capri. Grande amicodi Agnelli, fu d’Urso a presentarli. Poi si videro spesso. Fu solo un’amicizia o ci fu qualcosa di più? Di certo nel bel mezzo della Dolce Vita l’idea di unaliason fra la moglie di un Presidente americano e uno dei più affascinanti capitani d’industria europei fece notizia. Molti anni dopo, proprio Mario d’Urso mi disse che secondo lui non era successo nulla. Che i controlli della sicurezza erano molto serrati e che l’Avvocato, suo grande amico, si comportò sempre da galantuomo, anzi, «era persino un pochino intimidito» da questo straordinario simbolo della giovane America, sua grande passione, ormai consolidata nel ruolo di grande potenze garante della nostra democrazia. Ma al centro della sua passione americana c’era New York, Susan è Susan Gutfreund, la vedova di John Gutfreund, capo di SalomonBrothers e uno dei più potenti banchieri di quegli anni (Michael Bloomberg aveva cominciato con lui e fu lì che costruì la sua prima macchina per offrire aitraders speciali dati obbligazionari). Una delle osservazioni di questa signora, che cenava a quattro con Gianni e Marella, è che «Gianni a New York si sentiva anonimo e sicuro. Mi diceva: “Adoro questa città! Non mi riconosce nessuno – a parte le guardie dei musei, mi salutano perché sono tifosi di calcio”».
In effetti, soprattutto agli inizi, ai primi anni Settanta, per l’Avvocato a New York c’era quell’aria leggera di normalità impossibile da trovare in Italia durante il periodo buio degli anni di piombo, del terrorismo, degli assassinii che a volte colpivano molto da vicino. A New York tutto cambiava, poteva camminare per strada da solo, senza il timore di essere attaccato o riconosciuto. Usciva dal palazzo dove abitava allora, al 720 di Park Avenue, e andava liberamente per musei e gallerie. Ma in città non c’era solo l’arte, c’era una intensità di rapporti con tutto quello che poteva capitare, dalle serate a El Morocco agli incontri d’affari, dalle chiacchierate politiche con Kissinger alle serate sociali. Per Gianni Agnelli New York era divisa in grandi quadranti, ognuno riferito sempre al meglio, ai vari aspetti e momenti della sua vita del giorno per giorno. Il suo amico americano di più vecchia data a New York era David Rockefeller. Con lui e Kissinger approfondiva l’America della politica, della grande economia, anticipava scenari futuri, imparava lezioni importanti da riportare a casa, sia per il suo lavoro che per il suo Paese.
C’era il quadrante della finanza e imprenditoria americana (Da Felix Rohatyn a Henry Ford) quello dei suoi affari, delle sue responsabilità, la Fiat, L’Ifint, la Ferrari, la Stampa.C’era quello dei medici e degli ospedali, il quadrante più triste. Perché fu qui che i medici comunicarono alla famiglia che non c’era più nulla da fare per Giovannino Agnelli, il figlio di Umberto Agnelli. Fu a New York che il suo leggendario cardiologo, Isadore Rosenfeld, gli disse di mettere un bypass. Più avanti gli diagnosticò il cancro alla prostata che risultò fatale. Fu qui, a New York, che Marella apprese che il figlio Edoardo si era tolto la vita saltando nel vuoto dal viadotto autostradale dell’autostrada Torino Savona. Prima di dirglielo, l’Avvocato chiamò la carissima amica di Marella, Annette de la Renta e le chiese di andare a casa in modo da essere con lei e con un paio di altre amiche quando avrebbe telefonato. Alla notizia, lo shock. Poi, insieme, quella tragica mattina, lei e Annette da sole, andarono in Chiesa.
C’era infine il quadrante della filantropia, donazioni al Metropolitan Museum, con l’appoggio deciso di Marella, ma anche per opere benefiche italiane: aiutò l’Italian American Cancer Foundation e il lancio del Friends of Fai in America. A una cena seduta per sessanta persone in residenza dell’Ambasciatore italiano alle Nazioni Unite Sergio Vento, Agnelli presentò la nuova Presidente americana del Fai, Lynn de Rothschild, moglie del suo vecchio amico Evelyn. Era l’autunno del 2001. Era brillante e in forma come sempre. Alla serata c’erano anche i giovanissimi nipoti, John e Lapo. Si capiva quanto forte fosse il loro rapporto e si capiva che l’Avvocato era provato. Quando decise di andarsene un po’ prima del tempo, li guardò e capirono al volo. Si lanciarono a prenderlo. Aveva un bastone. E, appoggiandosi tra loro, lasciò la residenza per tornare alla nuova casa, al 770 di Park Avenue a quattro isolati di distanza. Coi due ragazzi al suo fianco mi passò accanto e mi salutò, aveva un’aria serena e orgogliosa allo stesso tempo. Non l’ho più rivisto in città. Poco più di un anno e mezzo dopo, ci avrebbe lasciato per sempre.