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 2023  gennaio 25 Mercoledì calendario

Intervista a Caterina Caselli


Piero Sugar se n’è andato l’11 giugno dello scorso anno alle 10.45 della sera, nella sua casa di Milano. Intorno al lui c’erano le persone che amava, più un’infermiera e una dottoressa di Vidas, l’associazione che accompagna i malati nell’ultimo tratto della loro vita e supporta i familiari nel momento di smarrimento più grande, quando si sentono più fragili e hanno più paura di sbagliare. Caterina Caselli ricorda quel giorno con dolore vivo. Ma accetta di parlare per la prima volta del marito scomparso, per sostenere Vidas nel nuovo progetto di assistenza domiciliare agli anziani malati e soli. Lo fa con pudore, nella sede di Sugar Music a Milano, la casa discografica che oggi è guidata dal figlio Filippo. Si commuove spesso, ma sorride anche tanto, mentre ricorda con tenerezza il suo matrimonio durato 52 anni, sul quale nessuno avrebbe scommesso «più di un mese o due».
Caterina, quando si è aggravato suo marito?
«A maggio eravamo andati a Ischia. Era stato un suo desiderio. Io ero preoccupata, perché anche se di fronte agli altri minimizzava, quando eravamo insieme capivo che non stava bene. Però ci teneva a fare quel viaggio, così ne ho parlato con il mio oncologo, con nostro figlio, e alla fine abbiamo deciso di partire lo stesso, nel modo migliore e meno faticoso possibile per lui. Tornati a Milano è stato chiaro che la situazione era peggiorata e anche su suggerimento di mia nuora, che aveva ricevuto lo stesso supporto da un’associazione diversa quando è mancata sua madre, ho contattato Vidas».
Come l’hanno aiutata?
«Il loro aiuto è stato molto prezioso, non mi stanco di dirlo. La dottoressa, Giada, mi ha dato il suo cellulare per chiamarla anche alle 2 o alle 3 di notte. Avevamo un’infermiera e, finché ha avuto senso, una fisioterapista. Piero è potuto andare via tra le sue cose, nella sua casa. In primavera mi aveva chiesto un vestito nuovo, leggero, per l’estate. Era un uomo molto elegante, ci teneva al suo aspetto e di quella richiesta mi piaceva la continuità, l’idea di futuro, così chiamai il sarto. Tornati da Ischia l’abito era pronto, azzurro, bellissimo: lo ha indossato nell’ultimo viaggio».
Sentirla parlare di Ischia mi fa pensare a una vostra lontana vacanza a Creta.
«Fu bellissimo. Ogni giorno andavamo in auto fino a Lindos, con quest’acqua meravigliosa trasparente. C’era un vecchietto che aveva solo due denti e gestiva 4-5 tavoli sulla spiaggia. Si era affezionato a Piero: quando prendeva il sole gli faceva gli scherzi facendogli camminare sulla schiena un granchio finto».
Quando le chiese di sposarlo?
«Dopo Creta, a Cortina. Mi disse: questa è una decisione importante di vita. Io ero molto innamorata, ma conoscevo solo matrimoni faticosi. Ci siamo sposati il 30 giugno 1970. Tutti pensavano: durerà un mese, al massimo due. E invece abbiamo festeggiato i 50 anni di matrimonio a Venezia, dopo il lockdown, godendoci piazza San Marco e Palazzo Ducale senza turisti, in una città nuda e di strabiliante bellezza».
Quando vi eravate conosciuti?
Le nozze nel 1970
Erano in tanti a pensare che il nostro matrimonio sarebbe durato un mese, al massimo due
«A settembre del ’65, mentre cantavo a Milano all’Intra’s Club, sotto le Tre Gazzelle: venivano a sentirmi Monica Vitti con Antonioni, Corrado Corradi con sua moglie, Mina. Piero era diverso dagli altri, molto loquaci: lui parlava poco, ma la sua presenza era importante. Sono sempre stata affascinata da chi parlava bene l’italiano. Lui aveva perfino fondato una casa editrice a vent’anni, ma non ostentava la sua grande cultura».
La cultura non mancava nella vostra casa.
«Ricordo quando ci si incontrava con Nanni Cagnone o con la famiglia di Craxi. Spesso da noi c’era Mimmo Rotella: ho trovato da poco certi poemi fonetici che aveva registrato a casa mia. Eravamo due persone molto diverse, ma ci ha unito il rispetto reciproco e l’amore, naturalmente».
Che ricordi ha del sequestro fallito, nel 1975?
«In casa nostra c’erano Mina, ai tempi fidanzata con il direttore artistico della Cgd, Alfredo Cerruti, poi Padre Eligio, Gianni Rivera e un sarto napoletano che voleva convincere Piero a farsi fare un cappotto di “cascmìr”. Mia suocera mi chiamò per dirmi che avevano tentato di rapire lui e mio suocero. Mina piangeva in cucina. Quando Piero poi chiamò gli dissi che lo stavamo aspettando tutti. E lui: mi dispiace, è successo un piccolo inconveniente».
Le è spiaciuto smettere di cantare?
«No, la musica ha continuato a far parte della mia vita. Mi sento un’artigiana, un editore, anche se c’è chi dice che io sia un’artista. Quando mi sono sposata non sopportavo più la pressione di quella vita: ho fatto anche Cosenza-Milano in auto! Non era come oggi, tutto calendarizzato».
Chiudiamo con Piero. Dove è sepolto, adesso?
«A Montorfano, dove sono anche i miei suoceri e la cugina Susi. È un cimitero bello, raccolto, poetico. Io Piero lo ricordo molto a casa, ma vado spesso a trovarlo».