Avvenire, 24 gennaio 2023
Il Circolo Pickwick di Charles Dickens
Il progetto della casa editrice Mattioli 1885 è ambizioso: ripubblicare in nuova traduzione tutte le opere di Charles Dickens, riproponendole nello stesso ordine in cui furono pubblicate all’epoca. Si comincia ora con la pubblicazione del romanzo d’esordio, Il Circolo Pickwick (pagine 966, euro 24,00) che apparve per la prima volta in fascicoli nel 1836 sul Morning Chronicle sotto forma di bozzetti dedicati alla vita londinese, poi raccolti in volume nello stesso anno dall’editore John Macrone col titolo Sketches by Boz. Esordio prodigioso a soli ventiquattro anni: e tale da apparire, nei decenni successivi, persino più maturo e stratificato dei capolavori che hanno reso subito celebre lo scrittore: Oliver Twist (1838), il Canto di Natale (1843), David Copperfield (1850). Basterebbe pensare alla raffinatissima ironia che lo nutre e lo fa già competere, ad altissimi livelli, con quel capolavoro che ha alle spalle: La vita e le opinioni di Tristram Shandy, gentiluomo dell’irlandese Laurence Sterne, pubblicato tra il 1759 e il 1767. Tutte informazioni, queste, che troviamo nella puntuale introduzione redatta dal traduttore e curatore Livio Crescenzi.
Il romanzo, com’è noto, comincia con la relazione degli Atti del Circolo Pickwick, che dà conto d’una impresa di Mr Pickwic, il quale «era risalito sino alle sorgenti degli enormi stagni di Hampstead» e «aveva messo in subbuglio il mondo scientifico con la sua teoria degli spinarelli». Ora eccolo qui, che ascolta la relazione e che a «un osservatore superficiale» non avrebbe fatto di certo nessuna particolare impressione con quella sua «testa calva» e quegli «occhialetti rotondi», a meno che non si ignorasse che, «dietro quella fronte, andava a tutto vapore» il suo «enorme cervello». Siamo subito sprofondati nel vastissimo mondo di Dickens, brulicante di tutte le umane passioni, raccontato con una scrittura capace di regolarsi sui più diversi registri: comica se non grottesca, ma anche sentimentale se non tragica. Ci troviamo nell’Inghilterra del primo trentennio dell’Ottocento: quella, per intender-ci della più feroce rivoluzione industriale. Sono gli anni in cui dalla Francia, a Dickens, risponderà Balzac.
È il maggio del 1827, quando quell’«individuo straordinario» che è Samuel Pickwick, il fondatore dell’omonimo Circolo Pickwick, si mette in viaggio con altri tre soci, Nathaniel Winkle, Augustus Snodgrass e Tracy Tupman, per meglio capire che Paese sia l’Inghilterra rurale. Quattro personaggi che, non esenti da candore e ingenuità, vengono quasi subito fatti oggetto delle attenzioni di un manigoldo, tale Jingle, che si fa accompagnare da un altro lesto domestico, Job Trotter, i quali incontreremo più volte a diverse altezze del racconto. Ci sono però anche altri personaggi che hanno un ruolo assai importante nel romanzo: Wardle, un ricco gentiluomo di campagna che li ospiterà in più occasioni nella propria villa, e Sam Weller, il lustrascarpe assai saggio, che si offrirà come fedele domestico a Samuel Pickwick. Già, Sam Weller: Pickwick lo incontra per la prima volta mentre sta «lavorando di gomito per lucidare un paio di stivali dai risvolti di vernice, che appartenevano a un fattore». Ci mette niente ad assumerlo e a fornirlo di «un soprabito grigio con tanto di bottone “c. p.”, un cappello nero con la coccarda, un panciotto rosa a righe, pantaloni chiari e ghette, e una serie di altri accessori, troppo numerosi per elencarli».
Unica e incantevole la prosa – ma potrei senz’altro dire l’intelligenza – di Dickens. Sicché non sorprende che abbia avuto così tanti ammiratori, non solo tra il vastissimo pubblico che lo seguiva con entusiasmo, ma anche tra i tanti celebri scrittori che sulle sue pagine hanno scoperto una vocazione, se non addirittura se stessi. A cominciare da Henry James, il quale ci racconta – è sempre Livio Crescenzi a ricordarcelo – un episodio molto significativo accaduto in una sera d’estate del 1849, quando i suoi familiari si riunivano nella biblioteca di casa a New York per leggere insieme le varie puntate del David Copperfield che arrivavano via via dall’Inghilterra: consuetudine che al piccolo James era vietata, sebbene riuscisse ad aggirare quel divieto. È proprio da questa interdizione che, come ci racconta lo stesso romanziere, germoglia quella sua volontà di farsi scrittore. E che dire di un altro americano, uno dei più grandi critici del Novecento, come Edmund Wilson? Sentite qua: «Uno degli scopi principali di Dickens è offrirci un quadro dettagliato delle attività umane». E più avanti: «Una delle prime funzioni del romanzo e del teatro moderno è stata quella di lasciare una testimonianza di questo tipo, ma pochi scrittori hanno saputo farlo su una scala così larga, e in ogni caso nessuno ha superato Dickens». Sono stati tanti i grandi ammiratori di Dickens. Tra gli altri: Dostoevskij, Tolstoj, Conrad, Joyce, Kafka, Bellow, Nabokov, García Márquez e Rushdie. Cosa che non sorprende per nulla: quando è vero che il caso Dickens coincide tutto intero con la complessa questione del realismo nel romanzo. Ho citato sopra Sterne e Balzac. Insieme a Dickens si tratta dei due scrittori che, quanto al rapporto del romanzo col mondo, in vista anche delle tecniche narrative per restituircelo, hanno già sollevato tutto il sistema delle domande, ma anche quello delle risposte. In tale quadro Il Circolo Picwick, accanto al Tristram Shandy, ha di sicuro un ruolo speciale e privilegiato. Che cosa voglio dire con ciò? Che nella storia della narrativa europea, grazie a questi due classici, noi troviamo già, proprio alle sue gloriose origini, ben posti tutti i termini della questione. Ecco: nel Circolo Picwick e nel Tristram Shandy, in effetti, si trova già ai suoi livelli più maturi quell’idea del rocambolesco col suo corollario di tecniche in vista del colpo di scena, che porta in sé gli elementi d’una sua eventuale problematizzazione, così come s’imporrà soltanto nel Novecento @font-face {font-family:"Cambria Math”; panose-1:2 4 5 3 5 4 6 3 2 4; mso-font-charset:0; mso-generic-font-family:roman; mso-font-pitch:variable; mso-font-signature:-536870145 1107305727 0 0 415 0;}@font-face {font-family:Calibri; panose-1:2 15 5 2 2 2 4 3 2 4; mso-font-charset:0; mso-generic-font-family:swiss; mso-font-pitch:variable; mso-font-signature:-536859905 -1073732485 9 0 511 0;}p.MsoNormal, li.MsoNormal, div.MsoNormal {mso-style-unhide:no; mso-style-qformat:yes; mso-style-parent:"”; margin-top:0cm; margin-right:0cm; margin-bottom:10.0pt; margin-left:0cm; mso-pagination:widow-orphan; font-size:12.0pt; font-family:"Times New Roman”,serif; mso-fareast-font-family:Calibri; mso-fareast-theme-font:minor-latin; mso-fareast-language:EN-US; mso-bidi-font-style:italic;}p.abody, li.abody, div.abody {mso-style-name:abody; mso-style-unhide:no; mso-margin-top-alt:auto; margin-right:0cm; mso-margin-bottom-alt:auto; margin-left:0cm; mso-pagination:widow-orphan; font-size:12.0pt; font-family:"Times New Roman”,serif; mso-fareast-font-family:"Times New Roman”;}span.fid9 {mso-style-name:fid_9; mso-style-unhide:no;}.MsoChpDefault {mso-style-type:export-only; mso-default-props:yes; mso-fareast-font-family:Calibri; mso-fareast-theme-font:minor-latin; mso-fareast-language:EN-US; mso-bidi-font-style:italic;}.MsoPapDefault {mso-style-type:export-only; margin-bottom:10.0pt;}div.WordSection1 {page:WordSection1;}