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 2023  gennaio 23 Lunedì calendario

IL NO PROFIT È SOLO UNO SPECCHIETTO PER GLI ALLOCCONI – A BRUXELLES CI SONO QUASI 3500 ASSOCIAZIONI CHE UFFICIALMENTE SONO ONG, MA IN REALTÀ PERSEGUONO FINI COMMERCIALI: I CASI PIÙ NOTI SONO LE DUE ORGANIZZAZIONI FINITE TRITURATE DAL QATARGATE, “FIGHT IMPUNITY” E “NO PEACE WITHOUT JUSTICE” – ”MI-JENA” GABANELLI: “MA PERCHÉ SI ISCRIVONO COME ‘NO PROFIT’ QUANDO RAPPRESENTANO GLI INTERESSI DEI LORO FINANZIATORI, IL CUI INTERESSE FINALE È IL PROFITTO? -

Estratto dell'articolo di Milena Gabanelli, Luigi Offeddu e Francesco Tortora per “Dataroom – Corriere della Sera” Bruxelles è ancora la capitale mondiale delle lobby, che dall’interno delle istituzioni cercano di influenzare le politiche della Ue. «No Peace Without Justice» e «Fight Impunity», già classificate come Organizzazioni non governative che si occupano di diritti umani e non perseguono fini commerciali, secondo la magistratura belga li perseguivano eccome, nelle persone dei propri capi: tangenti dal Qatar per migliorarne l’immagine alla vigilia dei Mondiali di calcio.

[…] Nel 2011 per sapere «chi» incontra «chi» e «per parlare di cosa» è stato istituito presso la Commissione il Registro per la trasparenza Ue, esteso nel 2021 anche a Parlamento e Consiglio, ma in questo caso su base volontaria.

Ben 10 anni più tardi, e dopo che, già nel 2016, una consultazione pubblica durata 3 mesi lo aveva etichettato come obbligatorio. Il Registro classifica le lobby in 3 categorie: chi promuove i propri interessi o quelli dei propri membri (compagnie, aziende); gli intermediari (studi di consulenza); e chi non rappresenta interessi commerciali (associazioni no profit, Ong).

Al 19 gennaio 2023 il Registro raccoglie 12.417 iscritti, di cui 8.229 classificati come «compagnie che perseguono i propri interessi commerciali» (461 quelle italiane) e 3.488 come Ong o no profit (161 quelle italiane).

Secondo Shari Hinds di Transparency International il sistema è incline agli errori perché le linee guida sulle categorie sono vaghe e generali, diverse organizzazioni non si registrano nella categoria corretta e i controlli sono pochi.

I requisiti richiesti alle Ong Le Ong o no profit, già classificate come tali dal loro statuto originario in Italia, per iscriversi a Bruxelles devono: «certificare che promuovete i vostri interessi e la vostra finalità principale e/o settore di attività è di natura non commerciale o lucrativa; che promuovete gli interessi collettivi dei vostri membri e il principale settore di attività del 50% o più dei vostri membri è di natura non commerciale o lucrativa».

Si tratta di auto-dichiarazioni, e ci si iscrive al Registro per concorrere ai bandi della Commissione sui programmi comunitari, o per sensibilizzare le istituzioni su temi di interesse collettivo. Fra le tante e nobili Ong che si occupano di tutela dell’ambiente, accoglienza dei migranti, benessere animale, cura delle malattie rare, disabilità, associazioni di genitori di bambini malati oncologici, troviamo però anche questo lungo elenco.

Profit o no profit Unione italiana per l’Olio di palma sostenibile: dichiara di avere come obiettivo principale quello di promuovere l’olio di palma sostenibile da parte delle aziende. I suoi membri finanziatori sono infatti le aziende che vendono prodotti a base di olio di palma: Unigrà, Ferrero, Nestlé, ecc, ma Francesca Ronca - responsabile delle relazioni Ue - dichiara: «Non perseguiamo interessi commerciali di una singola categoria, noi siamo un’associazione trasversale che ne riunisce diverse altre».

Consorzio italiano compostatori: raggruppa 144 aziende fra produttori e gestori di impianti di compostaggio, biometano, fertilizzanti organici. Dichiara un budget di 2 milioni di euro, tuttavia è registrata come «organizzazione che non persegue fini commerciali».

[…] Wec Italia: riunisce tutti gli operatori del settore energetico ed è sostenuto dai contributi di Ansaldo Energia, Eni, Esso, Saipem, Gruppo Api, Snam, Terna. «Ma siamo da statuto un’associazione che non ha scopi commerciali», sostiene il suo segretario generale Paolo D’Ermo.

Piedmont Aerospace Cluster: promuove l’industria aerospaziale del Piemonte, e concorre ai bandi della Commissione per i progetti aerospaziali Ue. È sostenuta dalla Regione e dai suoi associati: colossi dell’industria strategico-militare come Leonardo, Thales Alenia, Ge Avio.

[…]

ETO, European Tuning Organization (letteralmente: «Messa a punto delle auto nella Ue»): si occupa di omologazioni meccaniche. Sul sito web afferma di rappresentare «centinaia di piccole e medie imprese che generano decine di migliaia di posti di lavoro». Nel Registro Ue, dichiara di «non rappresentare interessi commerciali». Il 12 gennaio, poche ore dopo la richiesta di spiegazioni di Dataroom, ETO ricompare nel Registro come «compagnia che promuove i propri interessi o quelli dei propri associati».

Ma perché si iscrivono come «no profit» quando rappresentano gli interessi dei loro finanziatori, il cui interesse finale è il profitto? E pertanto dovrebbero figurare fra le lobby commerciali o associazioni di categoria. Le possibili risposte sono due: 1) collocandosi all’interno di un mondo portatore di interessi collettivi e sociali è più facile avere presa sull’interlocutore istituzionale; 2) il portatore di interesse si iscrive «in buona fede» nella categoria sbagliata.

[…]

Già nel 2018, la Corte dei conti europea definiva «inaffidabile» la classificazione delle Ong, e a seguito di contestazioni nel 2021 nove controllori dipendenti dai vertici Ue hanno revisionato le tre categorie del Registro. Nel loro rapporto si legge: «3.360 controlli effettuati; il 30% è stato radiato per inammissibilità o mancato aggiornamento».

Gli italiani i più «distratti» Dopo la girandola di valigette piene di contanti, la presidente del Parlamento europeo Metsola vuole che gli eurodeputati seguano le stesse regole della Commissione: obbligo di registrare gli incontri con i lobbisti di qualunque categoria, dalle multinazionali ai sindacati o associazioni no profit.

Già, perché fino ad oggi sono solo «incoraggiati» (testuale). E i politici italiani sono risultati fra i più «distratti»: negli ultimi 3 anni solo il 42% ha ufficializzato almeno un meeting con i portatori d’interessi (Qui il documento). Contro il 76% della Germania, il 62% della Francia e il 54% della Spagna.

Tornando infine alle nostre Ong: delle 161 iscritte al Registro, ben 132 dichiarano «zero incontri». Vuol dire in sostanza che si sono iscritte al Registro in previsione di incontri futuri, oppure gli incontri ci sono stati, ma i parlamentari non li hanno segnalati.