la Repubblica, 23 gennaio 2023
Il doppio gioco di Francia e Germania
Una risposta «rapida e ambiziosa» all’Inflation Reduction Act, la legge voluta da Biden che inietta 730 miliardi di dollari nell’economia Usa e rischia di mettere fuori mercato le imprese europee. È quello che hanno promesso ieri Scholz e Macron, riuniti a Parigi per celebrare i sessant’anni del Trattato dell’Eliseo che sancì la nascita dell’asse franco-tedesco. Promessa incoraggiante. Peccato che il presidente francese e il cancelliere tedesco l’abbiano fatta cadere dall’alto di una montagna di oltre 400 miliardi di aiuti di stato straordinari che i due Paesi si sono già fatti accordare nel 2022 dalla Ue in deroga alle regole sulle concorrenza. L’anno scorso Francia e, soprattutto, Germania si sono accaparrate quasi l’80% di tutti i 170 finanziamenti pubblici eccezionali autorizzati da Bruxelles per far fronte all’emergenza energetica. Ed ora stanno premendo per un ulteriore rilassamento delle norme antitrust che consenta a Parigi e Berlino di iniettare ancora più capitali pubblici a sostegno delleproprie imprese.
La questione è molto semplice.
L’epidemia di Covid prima, e la guerra in Ucraina dopo, hanno indotto i governi un atteggiamento più protezionistico verso le proprie imprese. L’Europa si è trovata, in questo frangente, particolarmente vulnerabile stretta com’è tra la potenza economica americana e quella cinese e priva di accesso diretto a molte materie prime.
L’Inflation Reduction Act (IRA) dell’amministrazione Biden a ha ulteriormente accelerato la corsa al protezionismo, facendo tenere una rapida deindustrializzazione dell’Europa in favore degli Usa.
Ma come rispondere alla sfida americana? Finora, come si è vistocon la crisi energetica, i Paesi europei si sono mossi in ordine sparso. Chi ha avuto i mezzi per farlo, come la Germania e, in misura minore, la Francia, ha inondato di sussidi governativi la propria industria. Ma questo ha creato ulteriori disparità tra i sistemi Paese e rischia di far saltare il mercato unico, che si basa sul presuppostoche tutte le imprese europee operino in condizioni simili.
La soluzione, come è avvenuto per far fronte al rallentamento economico provocato dal Covid, sarebbe creare un fondo comune che sostenga le imprese europee senza distinzione di nazionalità. In parte, per quanto riguarda l’energia, questo fondo già esiste: RePower Eu, che può mobilitare circa trecento miliardi. Si parla anche di uno “European Sovereignty Fund”, che dovrebbe essere la risposta più diretta all’IRA americano. Ma su come finanziarlo, e quanto, le opinioni divergono.
Molti governi sono contrari alla creazione di nuovo debito comune. Altri vedono con sospetto la nascitadi uno strumento che finirebbe per accentrare a Bruxelles la gestione delle politiche industriali, tolta alle sovranità nazionali.
Per quanto vaga, l’uscita di Macron e Scholz lascia sperare che Parigi e Berlino possano finalmente trovare un’intesa per un’azione comune europea «rapida e ambiziosa». Ma questo non esaurisce il problema.
Al prossimo vertice europeo, infatti, i governi dovranno decidere se esigere dalla Comm issione un ulteriore rilassamento delle norme sugli aiuti di stato. Molti Paesi, dalla Spagna alla Svezia, dall’Olanda alla Polonia, sono contrari perché temono che un allentamento delle regole sulla concorrenza finisca per privilegiare i Paesi che hanno più mezzi per foraggiare la propria industria. Se la richiesta di un “liberi tutti” in materia di aiuti di stato dovesse passare, i fondi europei esistenti e quelli da creare finirebbero per essere foglie di fico messe a mascherare una rinazionalizzazione di fatto dell’economia Ue. In favore, ovviamente, dei più forti.