Il Messaggero, 23 gennaio 2023
Giancarlo Magalli è guarito da un tumore
«Non era un segreto e non è una vergogna. Era una cosa in divenire e non ne parlavo perché non sapevo esattamente cosa dire, oltre a quello che mi avevano comunicato i medici». Così Giancarlo Magalli, 75 anni, ha raccontato il suo ritorno davanti alle telecamere di Verissimo, ieri, nella prima intervista pubblica concessa (a Mediaset) dopo la diagnosi ricevuta sette mesi fa: un linfoma vicino alla milza da cui, dopo essersi sottoposto alle cure necessarie, è finalmente guarito. «Ho seguito il consiglio che diede Pietro Garinei a Gino Bramieri, quando si ammalò: gli disse di non dirlo a nessuno, perché se nell’ambiente si fosse saputo che non stava bene non lo avrebbero più fatto lavorare. Certo, nel mio caso non mi facevano lavorare nemmeno prima».
L’UMORISMO
Il senso dell’umorismo è rimasto, la corporatura, dopo sette mesi di chemio, si è asciugata: «Ho perso 24 chili. In sette mesi fra ospedale e casa ho letto molto e guardato poco la tv, solo i telegiornali. Mi è anche venuta in mente un’idea di cui mi vergogno un po’, perché è quel genere di cose che fa chi non ha nulla da fare: un libro per raccontare le persone che ho conosciuto durante la mia carriera, gente come Totò, Manfredi, Tognazzi, Carrà e Baudo, ma nei loro lati meno noti. Possibilmente evitando la querela. Lo chiamerei Piacere di conoscerla».
Il percorso di cure, racconta Magalli, «è stato lungo ma non doloroso. Io non sono mai stato preoccupato. Mi hanno detto subito che di quel tumore al 90% si guarisce. Il linfoma fortunatamente non dà dolore, non è un tumore da morfina. Io non ho sentito nulla. Ora sto bene e il grosso è passato. Faccio fisioterapia per camminare perché sono stato tanto fermo a letto, ma mi sono ripreso e mangio tutto. Fra due settimane avrò finito anche con le medicine».
LA DIAGNOSI
Una scoperta avvenuta per caso, quella del tumore: «Era cominciato con un dolorino quando andavo a letto la sera, ma pensavo che fosse una costola, perché ero caduto. L’ematologo invece ha diagnosticato il linfoma. L’abbiamo preso in tempo». Rifiuta, Magalli, la retorica che vorrebbe quella contro il tumore come una battaglia: «Quel che so io è che per me è stata una vittoria, ma non preceduta da una guerra. Sapevo che avrei dovuto percorrere quella direzione e fare quel che dovevo. Ho seguito le indicazioni. Le mie figlie erano più preoccupate di me». Anche perché a loro, il medico, aveva detto qualcos’altro: «Se si cura guarisce, ma se non si cura vivrà due mesi». Adesso che l’incubo è finito («Ringrazio l’ospedale Gemelli, medici ottimi e reparti nuovi. Magari non c’è parcheggio, ma è una struttura di cui puoi fidarti»), l’obiettivo di Magalli è «tornare quanto prima a lavorare, riprendere da dove mi sono fermato, recuperare qualcuno dei programmi che mi hanno tolto. Parlerò con i direttori, ammesso di ritrovarli: in Rai durano come un gatto in tangenziale. Non so nemmeno se rifaranno Don Matteo (aveva un ruolo, ndr): peccato, speravo almeno in una carriera da Vescovo».