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 2023  gennaio 23 Lunedì calendario

Perché il prezzo del gas è in calo

Il prezzo del gas si è abbassato, questo è un fatto e una benedizione per le bollette (dovrebbero calare tra il 20 e il 30% il prossimo mese) e pure per il tasso d’inflazione generale, ancora altissimo e in gran parte trainato dall’energia (al 70% nell’ultimo trimestre secondo Bankitalia). Sul mercato di riferimento per l’Europa – il Ttf di Amsterdam – i costo attuale è attorno ai 60 euro al megawattora, cioè al livello del settembre 2021 (la salita dei prezzi post-Covid era iniziata in giugno) e più in basso degli 80 euro circa che erano il prezzo prima dell’impazzimento estivo, quando l’Europa pagò qualunque cifra pur di riempire gli stoccaggi in vista dell’inverno (“ad agosto abbiamo distrutto il mercato del gas, ma dovevamo”, ha detto a Bloomberg il vicecancelliere tedesco Robert Habeck). Insomma, 60 euro al MWh sono oro rispetto all’ultimo anno, però sono anche tre volte il prezzo medio a cui abbiamo pagato il gas per anni e fino a metà del 2021: sperando che scenda ancora, serve spiegare il motivo di questo calo e se c’è il rischio che i prezzi tornino a salire. Spoiler: sì, eccome.

Intanto il motivo: perché il prezzo scende? La risposta semplice è: famiglie e imprese nei grandi Paesi importatori di gas stanno consumando poco. Perché? All’ingrosso tre fattori: i prezzi alti, il clima caldo di questo inverno, i problemi con le politiche Covid della Cina.

Per capirci, serve qualche numero. I primi due consumatori al mondo di gas (dati 2021) sono Stati Uniti (21,7%) e Russia (12,4%), cioè due esportatori netti di gas, nel senso che all’ingrosso ne producono abbastanza per gli usi interni e gliene avanza da vendere. Discorso identico si può fare per Iran (quarto col 5,2% del consumo mondiale), Canada (sesto col 3,2%), Arabia Saudita ed Emirati Arabi (settimo e decimo col 5% cumulato).

Ora veniamo agli importatori: al terzo posto per consumo globale di gas c’è la Cina, che nel 2021 ne usava il 5,4% del totale, al quinto il Giappone (3,5%), poi i grandi europei come Germania (ottava col 2,3%), Gran Bretagna e Italia (appena fuori dalla top ten col 2% circa), infine gli altri Paesi asiatici e alcuni sudamericani. Ecco, in tutti questi Paesi i consumi sono in calo o almeno stazionari.

Partiamo dalla Cina, pre-Covid il più grande importatore al mondo. Secondo PetroChina, gigante del fossile di proprietà pubblica, il gas bruciato dai cinesi quest’anno sarà lo stesso se non meno (sarebbe la prima volta da decenni) di quello usato nel 2021: questo in un Paese in cui i consumi di metano sono saliti al ritmo del 13% medio all’anno negli ultimi venti. In Giappone, secondo in classifica e dove il consumo totale cala dal 2017, nella prima metà dell’anno si registrava una flessione tra il 4 e il 5%, probabilmente confermata nella seconda metà: l’Agenzia internazionale dell’energia (AIE), peraltro, prevede un ulteriore calo del 5% anche nel 2023 per l’aumento dell’energia prodotta da nucleare e solare. Sempre l’AIE stima nel 2022 che il mercato di Gnl (gas naturale liquido) nella regione Asia-Pacifico si sia contratto più dell’8%, coi Paesi più poveri semplicemente estromessi dal mercato a causa dei prezzi folli.

Veniamo all’Europa. L’Autorità dell’energia tedesca ha appena rivelato che la Germania ha tagliato i suoi consumi di gas del 17,6% nel 2022 rispetto a un anno prima. In Italia nei primi 11 mesi dell’anno l’uso di gas è calato del 7,8% rispetto al 2021: secondo Snam quella sarà più o meno la percentuale anche tenendo conto di dicembre. Merito, come detto, tanto dei prezzi che hanno spinto molti a consumare meno, quanto – soprattutto per gli “usi civili”, cioè in larga parte i riscaldamenti – di un inverno assai caldo, specie in Europa.

Questa situazione, che comporta una bassa pressione della domanda nel momento dell’anno in cui dovrebbe essere al massimo, si riflette sul livello degli stoccaggi, che contribuiscono a loro volta ad abbassare il prezzo del metano: il 20 gennaio 2022 le scorte dell’intera Ue erano al 43,2%, oggi sono attorno all’80%, in Italia al 55% contro l’attuale 77%, in Germania al 40,5% contro l’88% (i tedeschi, fatto pressoché inaudito, invece di usarli, hanno rimpinguato gli stoccaggi tra il 21 dicembre e l’8 gennaio; le aziende italiane invece hanno scelto di esportare gas a livelli massimi per fare più profitti). L’unico Paese importatore in controtendenza è la Gran Bretagna, dove secondo il governo la domanda 2022 è stata superiore del 4% al 2021: “colpa” della produzione di elettricità (+15%), mentre i consumi industriali e civili sono scesi, particolarmente da ottobre in avanti.

Il meteo è un fattore chiave di questa riduzione dei consumi, che per ora ha in larga parte neutralizzato l’effetto del taglio delle forniture russe all’Europa (secondo l’AIE il mercato del gas avrà bisogno di tre o quattro anni per stabilizzarsi in questa nuova situazione). Il 2022 nel vecchio continente ha battuto parecchi record per il caldo: basti dire che il 31 dicembre per trovare il gelo notturno bisognava arrivare all’altezza di Uppsala in Svezia o che il 2023 si è aperto con temperature minime di 15 gradi a Berlino contro una media su trent’anni di -2°. Governi e istituzioni internazionali, però, lanciano allarmi per il prossimo inverno tanto sulla sicurezza delle forniture che sui prezzi: il più grande esportatore di gas al mondo, la Russia, resterà in larga parte fuori dal mercato, la domanda cinese dà segni di ripresa e infine non è affatto detto che questa situazione meteo si ripresenti identica, anche se il Met Office del Regno Unito pochi giorni fa ha stimato che il 2023 sarà globalmente più caldo dell’anno prima (pessima notizia, peraltro, quanto all’approvvigionamento idrico e ai consumi elettrici estivi, come s’è visto già nel 2022).

Se però i meteorologi britannici fossero in torto o comunque in Europa le condizioni meteo fossero diverse è assai probabile che il piccolo stagno del mercato olandese Ttf venga di nuovo spazzato da una burrasca di prezzo.

Basti dire che la prima settimana di freddo ha portato il prezzo del gas dal minimo di 52 euro al MWh di martedì ai 67 euro della chiusura di venerdì. Se l’inverno prossimo va male, avere o meno il tettuccio mobile Ue a 180 euro (in vigore dal 15 febbraio) non farà molta differenza: non si vive a lungo neanche a 100-120 euro, almeno non con tutte le case calde e tutte le imprese aperte.