Robinson, 21 gennaio 2023
Biografia di Lion Feuchtwanger
Scrittore raffinato di romanzi che ebbero un enorme successo, rappresenta l’ebreo colto, benestante e integrato che la società del tempo volle escludere. Come dimostra anche “La fine di Gerusalemme”
Nel gennaio 1937 Lion Feuchtwanger viene ricevuto a Mosca da Stalin. L’intervista che il dittatore sovietico concede a uno dei più famosi e popolari scrittori dell’epoca, esule ebreo in Francia dalla Germania nazista dura ben quattro ore. Dalle carte ritrovate dagli studiosi risulta che l’ospite aveva osato fare domande scomode e teneva testa al padrone del Cremlino. Eppure, qualche mese dopo pubblicò un libro apologetico della realtà sovietica e che gli attirò molte critiche da parte degli antifascisti democratici. Ecco, l’uomo di cui parliamo, oltre appunto a essere stato un autore letto da milioni di persone in tutto il mondo, appartenenti a tutti i ceti sociali, era una specie di incarnazione di un certo spirito di tempo. O se vogliamo, Feuchtwanger era l’esempio vivente di quel fenomeno che pensatori come Hannah Arendt e Zygmunt Bauman consideravano come l’irrisolvibile contraddizione della modernità. Ci torneremo. Intanto soffermiamoci su una contraddizione, in apparenza, piccola e pettegola. Eccola. Feuchtwanger è stato uno scrittore dalla prosa forte e di indubbia qualità, sebbene prolisso. Grande dunque era l’attesa per la pubblicazione – avvenuta nel 2018 – dei suoi Diari. Risultato? Secondo i più raffinati critici tedeschi: un testo banale, pieno di annotazioni sulle sue prestazioni erotiche e scarsa attenzione alle cose del mondo.
I suoi romanzi parlano invece del mondo, ricreano universi e, a posteriori, possono essere letti quasi come un monito. Ma procediamo con ordine. Feuchtwanger nasce a Monaco di Baviera nel 1884. È ebreo, la famiglia è benestante, i precetti della religione vengono rispettati, il giovane frequenta la sinagoga, studia le Scritture. E qui entriamo nella vicenda della contraddizione epocale. In Germania e in genere in Occidente, assieme al trionfo del mito del progresso, davanti agli ebrei si aprono prospettive inedite e clamorose. Si tratta della grande promessa: essere come gli altri, essere cittadini, avere tutte le porte aperte, poter diventare primi ministri, generali, ma pure scrittori che interpretano lo spirito della Nazione, basato sull’idioma, e su un immaginario in cui il sacro non ha solo e non più la dimensione di fede religiosa. Però, al contempo, si manifesta un altro fenomeno: l’antisemitismo. Degli ebrei non ci si fida. L’ebreo “integrato” ( come si diceva allora) si ritrova in una posizione precaria: fra la promessa dell’inclusione e la prassi di esclusione. Comunque il nostro Lion ha ambizioni di scrittore. Intanto sposa Marta Löffler pure lei figlia di facoltosi imprenditori ( e che Thomas Mann definiva una “bellezza egizia”, uno stereotipo in uso in Europa centrale quando si parlava delle ragazze ebree). I due intraprendono nei paesi del Mediterraneo, inparticolare in Italia, il viaggio di nozze che dura due anni e viene interrotto solo dallo scoppio della prima guerra mondiale.
Non racconteremo tutti i romanzi di Feuchtwanger. Ci soffermiamo solo su alcuni. Uno in particolare, Erfolg (Il successo) del 1930, gli valse l’odio dei nazisti, non solo perché l’autore era appunto un ebreo che secondo la loro visione “corrompeva” lo spirito dei tedeschi ( come d’altronde Heinrich Heine, uno dei più grandi poeti di tutti i tempi), ma perché in quel libro raccontava Hitler, a partire dal putsch fallito a Monaco di Baviera nel 1923. Ma il romanzo che probabilmente più di tutti gli altri rispecchiava le contraddizioni e i sogni dello scrittore èLa fine di Gerusalemme pubblicato in Germania nel 1932 con il titolo Der Jüdische Krieg, la guerra giudaica: il primo dellaTrilogia di Giuseppe. Giuseppe è, ovviamente Flavio Giuseppe, in origine Joseph Ben Matityahu. Siamo all’epoca della rivolta degli ebrei contro i romani fra l’anno 66 e il 70 d.C. Giuseppe è il prototipo dell’uomo, anzi dell’intellettuale sospeso fra i due mondi, il primo: quello delle sue origini. L’altro: l’universo in cui desidera vivere, senza rinunciare al primo o meglio, senza rinnegare niente. Un’operazione questa molto difficile, e che può valere la nomea del traditore. Joseph veniva infatti da una famiglia importante. Era stato il comandante della fortezza di Iotopata. Sopravvisse all’assedio, ingannando i suoi compagni, caduti invece. Poi si mise al serviziodel nemico, predisse a Vespasiano un futuro da imperatore e entrò nelle sue grazie. Ma davvero era traditore servo degli oppressori? Al riguardo c’è una vasta letteratura e uno studioso di prim’ordine come Simon Sebag Montefiore, ebbe a dichiarare ( a questo giornale) che in fondo, Giuseppe anticipava la figura odierna di ebreo liberale e mal sopportava i fanatici asserragliati nel Tempio. In ogni caso, seppur tradendo, ha salvato e tramandato ai posteri la memoria di quella guerra e della Catastrofe di allora, e scrisse pure un testo fondamentale Antichità giudaiche, dove racconta e difende la storia degli ebrei.
Da esule Feuchtwanger ha vissuto a Sanary- sur- Mer, in Costa Azzurra, nel 1940 riuscì a evadere dal campo di internamento dove fu rinchiuso (Il diavolo in Francia, Einaudi, di cui l’autore di questo articolo ha curato la prefazione, ndr); riparò negli States, visse in California, era sospettato dalle autorità di essere un criptocomunista. Infatti ebbe importanti riconoscimenti nella Germania dell’Est, morì a Los Angeles nel 1958. In questi mesi, negli Usa si parla molto della riedizione di un suo romanzo scritto mentre Hitler assumeva il potere, I fratelli Oppermann, storia di una famiglia ebraica a Berlino e della inesorabile distruzione di un mondo, lettura giovanile di Primo Levi.