il Giornale, 21 gennaio 2023
PPP, l’altro giallo nel giallo
In Petrolio di Pier Paolo Pasolini si è più volte ipotizzata la mancanza di un capitolo, l’Appunto 21, che ha per titolo Lampi sull’Eni. La discussione resta aperta tra chi lo ritiene scritto e indebitamente sottratto e chi invece pensa che quel titolo fosse solo un promettente promemoria su cui l’autore sarebbe tornato in seguito. Chi lo dà per scritto, e dunque deliberatamente tolto dal romanzo, ha gioco facile nel rammentare che lo stesso Pasolini proprio in Petrolio scrive: «Per quanto riguarda le imprese antifasciste, ineccepibili e rispettabili, malgrado il misto della formazione partigiana guidata da Bonocore, ne ho già fatto cenno nel paragrafo intitolato Lampi sull’Eni, e ad esso rimando chi volesse rinfrescarsi la memoria». Altri autorevoli studiosi, in punta di filologia, lo ritengono una specie di segnalibro, ma stando al compianto poeta Attilio Bertolucci, quel capitolo Pasolini l’aveva scritto e poi qualcuno assai vicino alla famiglia lo avrebbe sottratto. Bertolucci è mancato nel giugno del 2000 e non può confermare, ma la dimostrata e deliberata espunzione di altre pagine dall’incompiuto romanzo (come i tre discorsi di Cefis e due pagine su Cefis e Mattei dal titolo Per la carriera di Carlo) compiuta proprio da persone vicine alla famiglia, quanto meno genera sconcerto.
Un analogo sentimento lo si avverte nell’apprendere che le tanto anelate pagine di Lampi sull’Eni nel marzo 2010 sarebbero state offerte in vendita al senatore e bibliofilo siciliano Marcello Dell’Utri. Vediamo come. Il 2 marzo in una affollata conferenza stampa, Dell’Utri annuncia che avrebbe esposto un inedito di Pasolini alla Mostra del libro antico di Milano il 12 marzo successivo. Ma alla data stabilita l’inedito non c’era. In una teca di vetro troviamo esposto Questo è Cefis di tale Giorgio Steimetz (un nome di comodo) e, lì accanto, un libro ancora più strano, intitolato L’uragano Cefis. Autore un altrettanto sconosciuto Fabrizio De Masi.
Dell’Utri si giustifica così: il clamore sorto attorno alla notizia avrebbe «spaventato» chi gli aveva mostrato e promesso l’inedito. Il senatore aveva detto che l’inedito era un capitolo «trafugato» di Petrolio, di cui proprio lui era entrato in possesso. Una notizia clamorosa due volte: poiché ci saremmo trovati di fronte a pagine di rilevante interesse storico e letterario; e poiché il senatore stava dando (inconsapevolmente?) una notizia di reato. «L’ho letto, è inquietante, parla di temi e problemi dell’Eni, parla di Cefis, di Mattei e si lega alla storia del nostro Paese». Presto Dell’Utri si correggerà: «In realtà non l’ho letto... me ne hanno riferito un sunto... sembra che in quelle pagine Pasolini parli dell’Eni... di Cefis... di Mattei...». E a Paolo Di Stefano (Corriere della Sera, 12 marzo 2010), che gli chiede se quei fogli li avesse visti, risponde: «Li ho avuti tra le mani per qualche minuto, sperando di poterli leggere con calma dopo». Che fisionomia avevano? «Una settantina di veline dattiloscritte con qualche appunto a mano». Poi si preciserà che sono esattamente 78 «di un totale di circa duecento». Potrebbe essere il famoso capitolo mancante, intitolato Lampi sull’Eni? Risposta: «Più esattamente Lampi su Eni». Sentito il 22 aprile 2010 dal sostituto procuratore romano Francesco Minisci, che sta indagando sulla morte dello scrittore, Dell’Utri riferisce che il 1° marzo di quell’anno «mi si è avvicinata una persona di circa 60 anni che io non conoscevo, dicendomi di essere in possesso di importanti documenti relativi a Pier Paolo Pasolini. In particolare mi mostrò un dattiloscritto (con apposte alcune correzioni a penna o a matita) dicendomi che si trattava del capitolo di Petrolio che era stato trafugato, e dunque mai pubblicato. Io ho preso in mano il testo formato da fogli ingialliti di carta velina senza però avere il tempo di leggerne il contenuto. Ed infatti l’ignota persona lo riprese, dicendo che mi avrebbe contattato lui per consegnarmelo». E sin qui... Ma ora si presti molta attenzione al seguito: dice il senatore che «in quella stessa occasione» l’ignoto «mi consegnò due libri, uno dal titolo Questo è Cefis (pubblicato nel 1972 e fatto immediatamente ritirare dal mercato dallo stesso Cefis) e l’altro dal titolo L’uragano Cefis, mai pubblicato e scritto nel 1975. L’ignoto mi disse che quello che era scritto sul dattiloscritto in gran parte compare nei libri che mi ha consegnato. Io gli chiesi di darmi un recapito per poterlo contattare, ma questa persona mi disse che mi avrebbe contattato lui (ed infatti gli ho dato il mio numero del telefono). Tuttavia da quella data non si è fatto più sentire». Dunque, stando a Dell’Utri, Lampi sull’Eni esiste, lui l’ha visto e terrebbe conto di quanto Giorgio Steimetz (uno dei molti pseudonimi utilizzati dal giornalista e saggista Luigi Castoldi) ha scritto in Questo è Cefis, che Pasolini possedeva in fotocopia.
Andiamo ora a quanto dice Riccardo Antoniani ne L’Italia nel petrolio, scritto con Giuseppe Oddo, ora in libreria per Feltrinelli. Lo studioso incontra Dell’Utri a Roma nel 2012, e il senatore gli rivela «che Castoldi era la stessa persona che gli aveva offerto i due volumi su Cefis». A questo punto l’anonimo latore di Lampi sull’Eni verrebbe ad avere un’identità: quella appunto di Luigi Castoldi, alias Steimetz, l’autore di Questo è Cefis. Chi era Castoldi? Classe 1929, monzese, democristiano, ex dipendente Eni, in ottimi rapporti con la Curia milanese, era stato per anni il segretario generale del Comitato per le nuove chiese, un ente morale fondato e presieduto da Mattei e poi da Cefis. Il tutto sotto l’alto patronato dell’arcivescovo di Milano monsignor Giovanni Battista Montini, il futuro Papa Paolo VI. Nel 2012 Castoldi era ancora in vita (morirà nel 2021); Antoniani prova allora a sentirlo ma lui preferisce tacere. Allo studioso non resta che rivolgersi a Giuseppe Volontè, socio in affari del Castoldi, e da Volontè ottiene quanto meno la conferma che era stato Castoldi a consegnare i due volumi a Dell’Utri. Dunque, Dell’Utri ricorda bene e dice il vero. Dunque, potrebbe aver deciso di tacere quel nome ai magistrati romani che indagano sulla morte di Pasolini. Non finisce qui: con il suo vero nome Castoldi ha negli anni pubblicato numerosissime monografie presso Egr, acronimo di Editrice giornalisti riuniti, la casa editrice di L’uragano Cefis, di cui questo nostro autore era stato il fondatore assieme a Volontè. E anzi, il poliedrico Castoldi è l’occulto facitore anche dell’Uragano. A rivelarlo concorre il raffronto con quanto si legge in Santi senza candele (Egr, 1988), un altro libro in cui Castoldi parla di Cefis.
Comunque sia, la stampa de L’uragano Cefis e marginalmente di Questo è Cefis più che un messaggio politico si rivela una sporca operazione-ricatto volta a spillar quattrini all’alto timoniere di Montedison, e Cefis proverà in tutti i modi a impedirne la diffusione. Si può ora aggiungere, e lo ipotizza Antoniani, che la stessa Egr, formalmente fondata nel 1975, «potrebbe addirittura essere nata anche proprio con i fondi ricevuti dalla Montedison per interromperne la diffusione». Di certo, questo secondo pamphlet su Cefis viene stampato in pochissimi esemplari («forse una decina», dirà Volontè a Antoniani, quanto era necessario per condurre in porto il ricatto) e dunque Pasolini non lo vedrà.
Quanto a Lampi sull’Eni, non è dato sapere se Castoldi ne fosse entrato in possesso oppure se avesse agito da intermediario. Ma è anche possibile che di quel dattiloscritto, venalmente, Castoldi fosse l’autore: una truffa ai danni di Dell’Utri, un inganno «in gran parte» basato su ciò che «compare nei libri che» lo stesso Castoldi aveva scritto e che al senatore «ha consegnato».