La Stampa, 22 gennaio 2023
Ecco perché l’alcol uccide
La richiesta del governo irlandese, approvata dalla Commissione Europea, di apporre etichette su tutte le bottiglie contenenti alcolici al fine di allertare i consumatori sui rischi associati al consumo di alcol ha sollevato un gran polverone, non solo in Italia. Chiariamoci subito: questa non è una questione solamente scientifica e gli interessi in gioco sono tanti e contrapposti; si va dalla tutela della salute pubblica, da una parte, agli enormi interessi economici legati alla produzione e alla vendita di vino, birra e superalcolici, dall’altra. Non entrerò nel merito delle etichette, se queste funzionino o se invece bisognerebbe puntare su altri strumenti per ridurre il consumo di alcol. Né sulla probabile guerra economica tra vari Paesi europei e non. Cercherò invece, prove alla mano, di analizzare la questione sanitaria per rispondere ad una domanda semplice: è giusto avvisare i consumatori sui rischi legati al consumo di alcol? O, in altri termini, è vero che l’alcol fa male? Prima di rispondere a queste domande, vorrei che fosse chiaro che tutte le affermazioni riportate in questo articolo non sono opinioni, personali o di una minoranza di ricercatori, ma la posizione ufficiale della comunità scientifica che si occupa di nutrizione umana, di oncologia, di tossicologia, di patologia; tutte queste posizioni sono basate su dati accumulati negli ultimi decenni e possono essere verificate.
Cominciamo col dire che noi lo chiamiamo alcol, ma in realtà si tratta di alcol etilico o etanolo, perché di sostanze appartenenti alla famiglia chimica degli alcoli ce ne sono tante, ma l’etanolo è l’unico alcol adatto al consumo alimentare. Quando beviamo una bevanda alcolica, l’etanolo viene rapidamente assorbito a livello della mucosa gastrica e, in misura maggiore, dell’intestino. L’etanolo non è utilizzabile dal nostro organismo ed è tossico per le cellule: esso viene quindi sottoposto ad una serie di reazioni chimiche che lo trasformano. Il primo passaggio è la produzione di acetaldeide, una sostanza molto pericolosa, perché capace di danneggiare il Dna delle cellule in cui si accumula. Quasi il 95% dell’etanolo assorbito a livello intestinale viene ossidato nel fegato, che subisce quindi pesantemente gli effetti del consumo di alcol. Per liberarsi della pericolosissima acetaldeide, il fegato deve continuare a lavorare fino a trasformarla in acido acetico. Queste reazioni, che vedono il fegato impegnato a liberarsi dell’etanolo e dei suoi derivati, causano la produzione di radicali liberi e quindi uno stress ossidativo che danneggia gli epatociti e che, a lungo andare, impedisce al fegato di svolgere al meglio tutte le sue funzioni essenziali per mantenerci in vita. Se però è vero che i danni epatici visibili, come l’accumulo di grassi o in linguaggio tecnico la steatosi epatica, o l’epatite, cioè l’infiammazione del fegato, o peggio la cirrosi epatica, sono certamente associati ad un consumo non occasionale di alcol, ben oltre il singolo bicchiere di vino a pasto, lo stesso non si può dire del rischio di cancro.
Già durante il suo transito nel canale alimentare l’etanolo agisce come irritante e cancerogeno nei confronti delle mucose della bocca, della gola, dell’esofago e dell’intestino. Tra i tumori, infatti, associati al consumo di alcol, anche un consumo molto moderato, rientrano i tumori di bocca, laringe, faringe, esofago, stomaco e colon-retto, oltre a quello del fegato. L’etanolo è infatti tossico per le cellule umane e così nei tessuti danneggiati dal contatto con l’alcol parte una reazione che, nel tentativo di riparare i danni, innesca meccanismi che favoriscono lo sviluppo di tumori. Inoltre, quando si consuma alcol regolarmente e oltre il bicchiere di vino a pasto, in questi tessuti l’etanolo provoca una risposta infiammatoria che nel tempo può sfociare in esofagite, gastrite o colite.
Nelle donne, però, il rischio associato al consumo di alcol è maggiore che negli uomini. Uno studio inglese ha calcolato che su 1000 donne e 1000 uomini che consumano, in media, una bottiglia di vino a settimana, 14 donne e 10 uomini svilupperanno un tumore a causa dell’alcol. Naturalmente il rischio aumenta moltissimo se oltre a bere si fuma, se si è sovrappeso, se si hanno particolari fattori di rischio legati alla genetica o allo stile di vita. Diversi studi hanno confermato che nelle donne anche un consumo moderato di alcol, anche un singolo bicchiere di vino al giorno, può infatti favorire non solo lo sviluppo dei tumori di cui ho già parlato prima, che ovviamente colpiscono anche gli uomini, ma anche di quello che è il tumore più diffuso in Italia: il cancro al seno.
L’alcol, qualunque tipo di alcol, anche quello contenuto nella birra o nel vino dell’aperitivo, è un cancerogeno e ogni singolo drink aumenta nella donna il rischio di tumore della mammella. Come? Probabilmente agendo attraverso più meccanismi: l’acetaldeide può causare danni al Dna e alle proteine che regolano il funzionamento delle nostre cellule; le specie reattive dell’ossigeno (molecole altamente reattive che si generano nella trasformazione dell’etanolo in acido acetico) danneggiano Dna, proteine e lipidi, ossidandoli; e il consumo di alcol aumenta i livelli di estrogeni in circolo, aumentando il rischio di cancro al seno. Non a caso, già nel 1988, l’Agenzia Internazionale per la Ricerca sul Cancro e l’Organizzazione Mondiale della Sanità hanno inserito l’etanolo nella lista dei carcinogeni di primo livello, cioè quelle sostanze, come per esempio l’amianto o il benzene, per cui è certa la correlazione tra la sostanza e l’induzione di tumori negli esseri umani.
Se tutto questo non bastasse a scoraggiare il consumo di alcol per scopo ricreativo, non vanno dimenticati gli effetti del consumo moderato di etanolo sul cervello. Solo per citare un recente lavoro pubblicato sulla rivista Nature Communications, i ricercatori hanno dimostrato in maniera molto solida che le persone che bevono da uno a due bicchieri di bevande alcoliche al giorno hanno un volume del cervello inferiore e presentano visibili alterazioni strutturali rispetto a chi non beve mai. Quindi anche un consumo moderato danneggia il cervello, non solo l’abuso.
In conclusione, quello che possiamo dire è che, quando parliamo di alcolici, non esiste una dose che possa essere definita sicura. Naturalmente, bere molto è decisamente peggio che bere poco, ma questo vale per tutte le sostanze tossiche e non è un argomento valido per negare i fatti. Noi, oggi, facciamo fatica a far passare questo messaggio, molto di più di quanto sia stato difficile farlo passare per il tabacco. Le ragioni sono molte: c’è la tradizione enologica del nostro Paese, il fatto innegabile che il vino fa parte della nostra cultura; e ci sono i legittimi interessi economici di un’intera categoria di produttori e commercianti. Ma tutto questo non si difende negando la realtà, mentendo ai consumatori ed esponendoli a gravi rischi per la salute. —