Corriere della Sera, 21 gennaio 2023
Tutti i no della Cardinale. Intervista
Claude Joséphine Rose Cardinale, insomma Claudia Cardinale, ad aprile compirà 85 anni. Ma una donna italiana è come il cielo di Lombardia: «Così bello quand’è bello, così splendido, così in pace». E lei italiana – anche in Tunisia dov’è nata, anche a Parigi dove vive – si è sempre sentita; come tiene a ribadire ai lettori del Corriere.
Signora Claudia, qual è il suo primo ricordo?
«Il primo in assoluto? L’arrivo degli americani a Tunisi. Per noi era la fine della guerra. Mi ricordo un soldato che piangeva perché non aveva visto i suoi figli da mesi...».
Com’era la Tunisia della sua infanzia?
«Un’età d’oro. Un momento magico».
È vero che le sue prime lingue sono state, oltre al francese, l’arabo e il siciliano?
«Insomma... l’arabo lo parlavo pochissimo, e anche il siciliano. A casa era la lingua degli adulti: la usavano per non farsi capire».
Cosa ricorda della guerra?
«Mia madre che per farci passare la paura ci dava una zolletta di zucchero».
Lei ha sempre scelto di restare italiana, anche quando si trasferì in Francia. Perché?
«Perché mi sento italiana, anche se di cultura francese. L’ho fatto pure per onorare mio padre; che volle sempre rimanere italiano, anche sotto il protettorato francese».
Se la sente di raccontare quando fu stuprata e decise di tenere il bambino?
«L’ho già raccontato nei libri...».
Fino al settimo mese lei rimase sul set e nascose la gravidanza. Come visse quel periodo? Come nacque il rapporto con Franco Cristaldi?
«Furono mesi difficilissimi. Lontana dalla mia terra natale. Alle prese con una cultura e una lingua, quella italiana, che non capivo bene. Catapultata nel mondo del cinema, che era al tempo stesso una salvezza e un grande incognita. Cristaldi capì che ero incinta quando andai a chiedere di rompere il contratto. Il mio rapporto con lui si rafforzò in quel momento. Ero diventata trasparente».
Nel frattempo arrivò il successo con I soliti ignoti di Monicelli. Come andò?
«Come andò? Benissimo! (Claudia Cardinale scoppia a ridere). Fu un piccolo ruolo, ma venne notato: un piccolo miracolo. Ero Carmelina Nicosia, sorella di Ferribotte, il siciliano gelosissimo che la teneva nascosta in casa... e pensare che Tiberio Murgia in realtà era sardo. Avere un piccolo ruolo in un grande film era una strategia di Cristaldi; e aveva ragione lui».
Molti in diverse epoche l’hanno definita la donna più bella del mondo. Si è mai sentita tale?
«No. Mai. Non mi sono mai sentita veramente bella».
Perché?
«Chi lo sa... son cose che non si possono veramente spiegare. Da bambina la “bella” della famiglia era mia sorella Blanche, bionda con gli occhi blu. Bella lo era davvero, e lo è sempre stata. Io, così scura, forse sembravo più scontata: in una famiglia di siciliani, per di più in Tunisia...».
Suo figlio Patrick veniva presentato come suo fratello, fino a quando lei non raccontò la verità in un’intervista a Enzo Biagi. Come trovò il coraggio?
«Era necessario. Il coraggio vien fuori quando è necessario. Non si può prevedere».
Se tornasse indietro, rifarebbe tutto allo stesso modo? O cambierebbe qualcosa?
«Sicuramente direi la verità prima a mio figlio. Allora quel coraggio non l’ho avuto».
Com’è stato lavorare con Visconti?
«Un enorme piacere. Una lezione non solo di cinema, ma anche di vita. Poi eravamo amici; e questo non ha prezzo».
È vero che alla fine, dopo l’ictus, dirigeva gli attori con uno sguardo?
«Luchino ha sempre avuto una capacità di espressione fortissima: il suo volto dava tante indicazioni. Poi sì, è vero che dopo l’ictus questo suo talento si è rafforzato».
E con Fellini?
«Molto diverso. Divertente. Stimolante. Mi sentivo libera. In 8 e mezzo fu il primo a farmi fare la mia stessa parte...».
Cosa intende?
«A recitare con la mia stessa voce. Ad accettare la mia voce, capite? Le mie battute, le mie risposte. Fu un atto liberatorio di grande importanza. Un vero regalo che Fellini mi fece».
E Sergio Leone?
«Beh, Sergio era delizioso. Divertente, semplice. C’era una volta il West fu un’esperienza stupenda».
Lei ha recitato con John Wayne. Che tipo era?
«Molto grande! Era enorme. Molto riservato, ma anche un gentleman. Lui aveva la sua sedia da set, io no. In fondo ero una ragazzina... Così un giorno John me ne regalò una, con il mio nome, che mi ha accompagnata su tanti set. Era un gesto così dolce verso me, che ero poco più di una bambina, mentre lui era un gigante!».
E Orson Welles?
«Impressionante. Sul set di Abel Gance... Ero piccola piccola in mezzo a delle divinità».
E Sean Connery?
«Ci siamo divertiti. Faceva molto freddo sul set della Tenda Rossa, ma l’atmosfera tra noi era molto calorosa».
È vero che Mastroianni si innamorò di lei, ma lei lo respinse? Perché?
«Lui disse così. Chissà se è vero... Siamo stati amici, quello sì».
Come fu lavorare con Vittorio De Sica?
«Anche lì, ero piccolissima. E Vittorio aveva una presenza speciale».
Cristina Comencini ha detto al Corriere che suo padre Luigi «trovava meravigliosa Claudia Cardinale», ma era troppo innamorato di sua moglie... Che ricordo ne ha?
«Splendido. Con lui feci La ragazza di Bube, film appena restaurato da Cinecittà. Era un uomo molto colto e molto semplice. Parlavamo in francese, che lui sapeva benissimo. Molti anni dopo abbiamo fatto anche La storia, dal romanzo della Morante, e fu bellissimo ritrovarlo».
Ci sarà qualcuno con cui non è andata d’accordo. Monica Vitti, dicono.
«In effetti lavorare con lei non fu la migliore esperienza. La Vitti era ipnotizzante. Forte, intensa; ma era meno abituata di me a condividere la scena con un’altra donna. Non ci fu animosità; ma non ci fu neanche l’inizio di una vera amicizia».
È vero che pure sul set delle Pistolere i rapporti con Brigitte Bardot furono difficili?
«No. Assolutamente, anzi tutto il contrario».
Ma se litigavate di continuo!
«Ripeto: non è vero. La stampa ci voleva nemiche: BB contro CC. Ma non fu affatto così. Intanto lei era la mia “idola” assoluta. Ha qualche anno più di me: così io da ragazza, prima ancora di fare cinema, la vedevo nei film. Ero così onorata di lavorare con lei. Non c’è stata tra noi nessuna battaglia. Tant’è che per la prima del film ci siamo vestita come una coppia, lei da uomo io da donna».
Vi sentite ancora?
«Ci vogliamo un grandissimo bene. Brigitte è una gran donna. Ci siamo divertite un casino».
Qual è la differenza tra l’Italia e la Francia? E tra italiani e francesi?
«Ce ne sono tante, ma preferisco guardare alle cose comuni. Siamo entrambe europei e cugini nella storia. Poi ci sono diverse “France” come diverse “Italie”, e diversi momenti storici. Marsiglia ha qualcosa di Napoli, come Parigi ricorda Torino. E Dante, il nostro più grande poeta, si è formato con i troubadours...».
Come ricorda François Mitterrand?
«Come un grande uomo di Stato, che ha rappresentato il suo Paese con dignità e coerenza».
È vero quello che in Francia sussurrano un po’ tutti...
«Cosa?».
Che Jacques Chirac perse la testa per lei.
«Ma no! Non è assolutamente vero. Io avevo appoggiato la sua campagna elettorale, perché in quel momento mi sembrava il presidente più giusto; e così la stampa ne fece tutta una storia. Si figuri: ho detto no a Brando, a Delon e a Marcello... Chirac sarà pure stato un “homme à femmes”; ma non con me».
Non è vero allora che il presidente era a casa sua la notte dell’agosto 1997 in cui morì lady Diana?
«Non fatemi ridere. Ma no che non è vero! Pensate, le foto che ci mostravano “insieme” erano collage. Avevano tolto la faccia del mio amico Jacques Moisant e messo quella di Chirac. Ce ne siamo accorti poi, perché Moisant aveva un gusto eccentrico per i gilet. Chirac era molto imbarazzato per quella voce. Mi scrisse anche una lettera, che conservo, in cui ci rideva su anche lui. Però si diceva anche lusingato».
Come pensa allora sia nata la diceria della vostra relazione?
«Non lo so. Chirac mi aveva consegnato la Legion d’honneur; e io avevo difeso la sua candidatura pubblicamente. Questi due elementi, aggiunti alla sua reputazione di “homme à femmes”, potevano bastare a far nascere dicerie. Ma vi assicuro che fu solo una diceria».
Lei cita Delon e Brando: con loro come andò?
«Brando lo incontrai solo brevemente. Era il mio idolo. Ero molto impressionata. Alain invece è un amico. Ci siamo ritrovati spesso, sia nei film che nella vita. Insieme abbiamo condiviso l’esperienza del Gattopardo, e quella ci ha legato per sempre».
È vero che anche Tognazzi le fece una corte spietata?
«Non mi ricordo, ma è probabile...».
Cosa rappresentarono per lei gli anni di Hollywood? Marilyn, Liz Taylor, Richard Burton...
«Beh, l’America per me era un luna park. C’erano feste ovunque e incontravi, qui e là, dei miti assoluti. Mi divertivo tanto con loro in America; ma nel fondo mi sentivo europea. Così decisi di non restare».
Come nacque l’amore con Pasquale Squitieri?
«Sul set dei Guappi».
Perché sceglieste il nome Claudia anche per vostra figlia?
«Lo scelse lui, perché mi voleva sposare, e io non volevo. Così Claudia Squitieri, nostra figlia, porta il nome che avrei portato se avessi detto sì».
Perché non voleva sposare Squitieri?
«Perché volevo essere una donna indipendente. Sarà un simbolo; però in quei tempi ci tenevo. Avrei dovuto accettare...».
Com’è ora il rapporto con sua figlia Claudia?
«Con mia figlia? Ho un rapporto molto bello. Da qualche anno, oltre alle sue attività personali, segue le mie faccende. Insieme abbiamo deciso di creare una Fondazione che possa essere un tramite generazionale. Sarà lei a dirigerla».
Cosa fa la vostra Fondazione?
«Continuerà le mie battaglie per i diritti delle donne e per la difesa dell’ambiente. Due temi che da tempo porto avanti con l’Unesco e con GreenCross».
Sua figlia ha appena curato un libro sulla sua carriera, intitolato «Claudia Cardinale l’indomabile». Le piace questa parola, indomabile?
«Sono molto commossa da questo omaggio. Dal lavoro di Cinecittà ed Electa, e certo anche di Claudia. La parola indomabile mi sta bene. In qualche modo l’indipendenza e l’indomabilità sono doti che ho cercato di trasmettere a lei. Anche a suo padre Pasquale stava bene questa parola».
Cosa ha provato alla notizia della scomparsa di Gina Lollobrigida? Come la ricorda?
«È per me una grandissima tristezza la scomparsa di Gina. Era una donna così piena di energia e interessi, che non sembrava potesse spegnersi... Condivido le parole di Sophia, resterà accesa nei nostri cuori e nella memoria del cinema».
Lei crede in Dio?
«Sì. A modo mio, sì».
La morte le fa paura?
«No. O, meglio, non ci penso».
Come immagina l’Aldilà?
«Vedremo!».
E il futuro dell’Italia? Cosa consiglierebbe a un suo giovane compatriota?
«Sono tempi incerti per tutti noi. Il mondo cambia, e spesso il suo nuovo linguaggio mi sembra incomprensibile. Ma forse è così che deve essere. Ai giovani, alle ragazze in particolare, do un consiglio solo: proteggete la vostra dignità. Sempre, in ogni tempo, in ogni circostanza».