Corriere della Sera, 22 gennaio 2023
Intervista a Gianluca Grignani
Gianluca Grignani se ne va dalla stanza. Il suo staff ha appena fatto partire Quando ti manca il fiato la canzone che presenterà in gara a Sanremo e lui non vuole ascoltarla. Si tratta di una ballad rock con lo stile del Grignani classico e un testo che è un pugno allo stomaco. Racconta di una telefonata di suo padre in cui la domanda «tu verrai o no al mio funerale?» squarcia un silenzio durato anni e apre un flusso di coscienza fra lacrime e accuse, rispetto e perdono. «Ogni volta che la sento mi toglie un dubbio e me ne mette un altro, un brano che mi tocca sia come figlio che come padre».
Papà stava male quando chiamò? C’è ancora?
«Stava bene ed è ancora in vita anche se non ci vediamo da almeno 15 anni. Vive in Ungheria. Non ha ancora sentito la canzone e non vorrei che gli scoppiasse il cuore...».
Che effetto le fece quella chiamata?
«Sarà stato una decina di anni fa, era un periodo in cui mi si era rimarginata la ferita provocata della separazione dei miei che era avvenuta quando avevo 18 anni. Era stata una separazione non gestita, ma non fra padre e madre quanto fra padre e figlio. Lui se ne è andato in maniera poco consona: ha messo in mezzo me. Mi sono sentito solo. Non aveva fatto le scelte che sto facendo io ad esempio»
Si sente simile o diverso?
«Ho paura di essere simile a una persona che ha fatto errori e che non so se dovrei accusare o scusare. Allo stesso tempo mi manca la sua immagine. Quando mi incontro con l’altro suo figlio sento di avere delle radici. La differenza è che io so dire ti voglio bene e so abbracciare, i miei genitori non lo facevano».
Anche lei è un padre, di quattro figli, separato... Ha rivissuto qualcosa della sua infanzia attraverso la loro?
«Non direi... Non vedo i miei figli (solo la maggiore, ndr) non perché non lo voglia ma perché la mia responsabilità ha fatto sì che io decidessi che questa è la cosa giusta da fare. E questo fa male. Davanti ai figli avrei dovuto gridare e invece sono stato zitto».
1995, il primo Sanremo fra le Nuove proposte con «Destinazione paradiso». Ricordi?
«Prima di iniziare questa carriera ero convinto che se il pubblico non mi avesse capito avrei mollato. Arrivai al Festival dopo la pubblicazione di La mia storia fra le dita che era stata capita ma non come volevo io: ebbe inizio quell’odissea che tutti dobbiamo attraversare per essere l’Ulisse della nostra stessa vita».
«Destinazione paradiso» però fu un successo da due milioni copie nel mondo...
«Appena sceso dal palco mi accorsi che tutto era una stronzata, che il rock non esisteva come lo vedevo io che avevo gli occhi puri pieni del messaggio del grunge e di Cobain. Tutto era falso negli anni 90, mi sentivo diverso e soffrivo: La fabbrica di plastica fu il mio grido di vendetta».
Sì, sono bello! Ma Beatles e Stones non sono stati massacrati per il loro aspetto, la mia musica invece
è stata considerata stupida
Le pesava essere un sex symbol?
«Non ci posso fare nulla se sono bello (ride)! Beatles e Stones non sono stati massacrati per il loro aspetto, la mia musica invece è stata presa e considerata stupida».
Ha compiuto da poco 50 anni: come ha vissuto il traguardo?
«Devastante. Non mi sento un cinquantenne ma ne ho tutte le paranoie. Non sono più un ragazzino, arriva la maturità del padre ma è una biga che non so ancora guidare».
C’è stato un momento autodistruttivo nella sua carriera. L’abbiamo vista accasciarsi sul palco nel 2009 a Viggianello (Potenza)... Ha mai avuto paura di perdersi?
«Ho più paura adesso. Allora vincevo, rimanevo sempre a galla. Ma quella volta merita di essere raccontata: il giorno prima eravamo a Reggio Calabria in un hotel dove una famiglia della ’ndrangheta faceva festa. Ci scambiarono per altri e finì male, ci arrivò un tavolo in testa. Il giorno dopo l’agenzia che mi seguiva allora mi fece salire sul palco lo stesso. Mi accasciai apposta, non potevo accettare un trattamento del genere. Poi aggiungo che non sono mai stato un santo e non lo sarò mai».
«A volte esagero» è il titolo di un suo disco. E lei esagera?
«In base ai miei 50 anni. Sono nato con un certo bisogno di vivere e voglio abbracciare la vita».