Estratto dell'articolo di Clemente Pistilli per repubblica.it, 21 gennaio 2023
"LA BANDA DELLA MAGLIANA, LA CAMORRA DI CUTOLO E LA 'NDRANGHETA AIUTARONO LE BR" - LA RELAZIONE DELLA COMMISSIONE ANTIMAFIA SUL RAPIMENTO MORO: "DI CERTO NON HANNO SPARATO SOLO I QUATTRO AVIERI". CON ALTISSIMA PROBABILITÀ, SUL LATO DESTRO DI VIA FANI C’ERA UN SOGGETTO CHE HA FREDDATO CON TRE COLPI ALLE SPALLE IL BRIGADIERE FRANCESCO ZIZZI, ED ERANO PRESENTI, QUANTOMENO CON UN RUOLO DI APPOGGIO, 2 SOGGETTI A BORDO DI… -
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La commissione antimafia è partita dai risultati della seconda Commissione Moro, effettuando degli approfondimenti e cercando di colmare i troppi vuoti ancora presenti tanto sull'agguato quanto sulla successiva detenzione dell'esponente della Democrazia Cristiana, ipotizzando appunto un coinvolgimento nella vicenda della criminalità organizzata calabrese, della camorra di Raffaele Cutolo e della Banda della Magliana. Un'attività che ha portato i commissari ad ottenere per la prima volta una "precisa e leggibile planimetria della scena dei fatti", realizzata dalla polizia scientifica e determinante per le audizioni, unita "ad apposite rappresentazioni tridimensionali".
L'Antimafia ha inoltre ascoltato nuovamente Franco Bonisoli, appartenente sin dall’inizio alla colonna milanese delle Brigate Rosse, presente all’attacco del 16 marzo 1978, che da tempo ha finito di scontare la pena e che è considerato un uomo del tutto "recuperato", tanto che ha anche "avuto un dialogo e uno stretto rapporto con Agnese Moro, Vittorio Bachelet e i familiari di altre vittime".
[...] L'Antimafia ha poi considerato che vi fosse, con altissima probabilità, sul lato destro di via Fani un soggetto, sempre a copertura dei quattro avieri, che ha freddato con tre colpi alle spalle il brigadiere Francesco Zizzi, e che vi fossero, quantomeno con un ruolo di appoggio, due soggetti a bordo di una moto Honda.
Ecco dunque anche l'attività che, più nello specifico, avrebbe svolto il crimine organizzato. La commissione ha audito l'ex boss Maurizio Abbatino, della Banda della Magliana, "Crispino", noto per la fiction "Romanzo Criminale" come "Il Freddo". Abbatino ha riferito che era pervenuta alla Banda una richiesta di Raffaele Cutolo, tramite Nicolino Selis che era detenuto con lui e aveva usufruito di una licenza. di interessarsi del sequestro dell’onorevole Moro. Ha aggiunto che era stato stabilito un contatto con l’onorevole Flaminio Piccoli, esponente dei dorotei e in quel momento presidente della Dc, e che aveva assistito a distanza a un incontro tra l’esponente democristiano e Franco Giuseppucci, uno dei fondatori della Banda, sul Lungotevere, specificando che, al termine dell’incontro, aveva saputo che il compito del gruppo criminale romano sarebbe stato quello di individuare il luogo dove Moro era tenuto in ostaggio.
"Crispino" ha pure detto di aver detto a Giuseppucci che a lui non interessava una collaborazione simile, ma che lo stesso Giuseppucci gli aveva risposto: "Se riusciamo a fare una cosa del genere ci possiamo dimenticare di andare in carcere". Abbatino ha infine affermato che Giuseppucci aveva individuato l’appartamento che si trovava in via Montalcini, in zona Portuense, e che l’informazione era stata passata a Selis, "che l’avrebbe a sua volta girata a Raffaele Cutolo, il quale verosimilmente avrebbe informato l’onorevole Flaminio Piccoli".
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Infine le valutazioni sul possibile ruolo nell'agguato di Giustino De Vuono, calabrese, arruolatosi giovanissimo nella Legione straniera francese, legato alla criminalità organizzata e con un vasto curriculum di reati comuni, ma anche responsabile del rapimento dell’ingegner Carlo Saronio, maturato nell’ambito dell’Autonomia operaia. "De Vuono - sostiene l'Antimafia - è stato indicato, sin dalle prime ore successive all’avvenuto sequestro, come implicato nell’operazione del rapimento dell’onorevole Moro, in veste di elemento di appoggio alle Brigate Rosse. In seguito, è stato considerato anche come soggetto eventualmente coinvolto nella tragica conclusione della vicenda".
Un'ipotesi in cui pesa l’appunto esaminato dalla seconda Commissione Moro, inviato dal Centro informativo della Guardia di Finanza di Roma al Ministero dell’Interno già la sera del 17 marzo 1978, in cui venivano riferite le notizie acquisite da "una fonte confidenziale degna di fede", che aveva riferito circa la presenza di De Vuono, insieme a Lauro Azzolini e Rocco Micaletto, in quei giorni nella capitale e rendeva nota la probabile detenzione del sequestrato in una prima prigione munita di un garage, collocata a breve distanza da via Fani. Senza contare i tanti elementi comuni tra quell'appunto e quanto scritto il 16 gennaio 1979 dal giornalista Mino Pecorelli sul bollettino della sua agenzia Osservatorio Politico:
"L’articolo "Vergogna buffoni", dedicato proprio al sequestro Moro, si conclude con la frase, enigmatica ma indicativa: Non diremo che il legionario si chiama “De” e il macellaio Maurizio. L’indicazione del "legionario" non può che riferirsi a De Vuono, che aveva militato in gioventù nella Legione straniera francese, mentre "Maurizio" era il nome di battaglia di Mario Moretti, poi condannato tra gli esecutori materiali dell’omicidio dello statista. Mino Pecorelli aveva ottimi contatti con i servizi di informazione ed il suo articolo sembra dimostrare che questi apparati, non molto tempo dopo i fatti e persino nei 55 giorni del sequestro, disponessero di importanti elementi di conoscenza in merito ai punti critici dell’intera vicenda". Per i commissari le possibili "terze presenze" nella vicenda Moro non erano dunque solo quelle della criminalità organizzata.
L'auspicio della Commissione è ora quello che nuovi elementi emersi e ipotesi fatte possano essere utili per le indagini ancora aperte presso la Procura e la Procura Generale di Roma.