La Stampa, 20 gennaio 2023
Walter Sabatini e i farmaci nel calcio
«Quando mi sentivo un po’ giù, andavo dal massaggiatore e gli dicevo: "Dai, fammi un Neocromaton" (un farmaco per l’anemia, ndr). Era una cosa normale». Walter Sabatini ha attraversato il calcio da giocatore, allenatore e soprattutto dirigente sportivo (Perugia, Lazio, Palermo, Roma, Inter, Sampdoria, Bologna e da ultimo Salernitana). Risponde a Dino Baggio e agli altri giocatori che, dopo le morti di Gianluca Vialli e Sinisa Mihajlovic, hanno alzato un velo su una pratica diffusa per decenni, almeno fino agli Anni Duemila. Negli spogliatoi giravano farmaci e integratori in quantità esagerate. «Non era doping - precisa Sabatini - almeno non un doping prestazionale. Non ho mai visto un calciatore assumere dei prodotti per aumentare il rendimento. Si cercava, quello sì, di migliorare la condizione, con prodotti che in quel momento erano legali, presi in grande quantità».
Ricorda quali farmaci utilizzava?
«Negli Anni Settanta oltre al Neocromaton ho frequentato il Micoren (antiasma, ndr). Prodotti corroboranti. Per capirci, non parliamo di sostanze come l’Epo».
Dino Baggio ha ragione a temere per la salute sua e di due generazioni di calciatori?
«Condivido la preoccupazione, la condivido e rispetto. Le dosi eccessive possono aver portato a qualche problematica importante negli anni successivi. C’è stata una lunghissima moria di giocatori, per cui i sospetti sono consistenti e anche giustificabili ».
È difficile non pensare a Vialli.
«Il calcio si porta dietro tutta una serie di magagne. Non mi va di pensare a Vialli come oggetto di indagine. Mi dispiace coinvolgere un ragazzo morto dieci giorni fa. È una storia obsoleta, a partire dalla morte di Beatrice (giocatore della Fiorentina morto a 39 anni nel 1987, primo di una tragica serie, ndr)».
Come funzionava ai suoi tempi questo meccanismo, chiamiamolo di integrazione?
«Passavano i medici, ti facevano punture e non sapevi quello che iniettavano. Mi facevo due iniezioni prima della partita senza mai fare una domanda. Mi fidavo dei dottori».
Pensa mai che gli abusi di quando era un giovane giocatore possano darle dei problemi?
«Le preoccupazioni le capisco tutte, ma non ne ho mai avute. Spero di non farmi da uccello del malaugurio».
Ne ha mai parlato con gli ex compagni di squadra?
«Con qualche compagno antico a volte ci scappa una battuta, ma ormai è una storia vecchia»
Veniamo al calcio di oggi: certi eccessi continuano?
«No. Gli integratori adesso sono più evoluti e controllati. Non credo che ci sia il doping nel calcio, anche se alcuni medici ricorrono a integratori. È sempre un problema di quantità, è quella che viene forzata».
Come si comportano i giovani?
«Sono maturati e consapevoli. Per un’aspirina devi fare un’interrogazione parlamentare, per una intramuscolo serve un primario. Sono cambiati la cultura, il sistema di pensiero, la percezione. Altrimenti a che cosa servirebbero le morti?».
Lei era a Perugia il 30 ottobre del ’77, nella partita con la Juve in cui morì Renato Curi.
«Fu un infarto secco. Uno choc per tutto il calcio, però non c’entrava nulla con le pratiche del tempo. E infatti le abitudini non cambiarono».