la Repubblica, 20 gennaio 2023
Alessandro Rivera fatto fuori
Il suo nome è ballato sui giornali per oltre due mesi, sulle indiscrezioni che il nuovo governo di Giorgia Meloni avesse intenzione di occupare una casella chiave della politica economica del paese, quella del direttore generale del Tesoro. E ora, che quell’affondo è in effetti accaduto, in nome dello spoil system introdotto per legge dall’ex ministro Bassanini, Alessandro Rivera è un po’ amareggiato. Per la coloritura politica che ha preso tutta la vicenda e per le modalità con cui è avvenuta.
I suoi più stretti collaboratori e gli amici riferiscono in queste ore qualche sfogo più che comprensibile dopo il lungo periodo sulla graticola, perché le persone che servono lo Stato dovrebbero essere trattate diversamente. Mentre in questo caso le modalità sono state definite poco istituzionali.
Il percorso per arrivare alla sostituzione di Rivera è stato convulso e irto di ostacoli. Da Palazzo Chigi, direttamente da Meloni ma anche dal suo partito, era arrivato l’input al titolare dell’Economia Giancarlo Giorgetti della volontà di procedere a un cambio. Ma il ministro leghista all’inizio ha preso tempo, ha fatto sapere in giro che se fosse per lui Rivera l’avrebbe confermato. Anche perché il dg del Tesoro, in quella posizione dal 2018 su indicazione di Giovanni Tria, poi confermato da Roberto Gualtieri e da Daniele Franco, ha sempre preparato a dovere tutte le riunioni internazionali a cui doveva partecipare il numero uno del Mef. Acquisendo una crescente credibilità presso le cancellerie europee.
Ma ciò che a Palazzo Chigi non piaceva di Rivera era una sua presunta vicinanza agli ambienti della sinistra e il suo operato in alcune operazioni che riguardavano le partecipate del Tesoro. In particolare a Meloni pare non sia piaciuta la conduzione da parte del Mef delle travagliate partite per il salvataggio del Monte dei Paschi di Siena e di Ita.
Ma le contestazioni sono sempre rimaste al livello degli slogan politici, nessuno ha mai fatto alcun addebito formale al diretto interessato. Chi ha vissuto questi momenti vicino a Rivera riferisce che il dg ha ricevuto solo apprezzamenti per la riuscita dell’aumento di capitale Mps, chiuso in condizioni obbiettivamente difficili, e che lo Stato per la prima volta ora sta guadagnando da quell’operazione. E per quanto riguarda la compagnia aerea italiana, nata sulle ceneri di Alitalia, a una prima fase convulsa dove, dicono le stesse fonti, c’erano due capi azienda, Altavilla e Lazzerini, scelta non avveduta, ora la situazione si è sbloccata con la progressiva integrazione di Ita in un gruppo cross border (Lufthansa) che ha già fatto bene in altri paesi e che rappresenta l’approdo più sicuro dopo anni di turbolenze ad alta quota.
Tuttavia da Palazzo Chigi è aumentata la pressione sulla necessità di una discontinuità. Addirittura il sottosegretario Fazzolari ha cominciato una serie di colloqui con potenziali candidati a ricoprire il posto di Rivera, una modalità piuttosto irrituale visto che scavalcava il ministro competente.
Ma i nomi piovuti su quei tavoli non si sono mai rivelati all’altezza: Antonio Turicchi dal Mef era già convolato alla presidenza di Ita, Cristiano Cannarsa della Consip, il dirigente del Mef Stefano Scalera, il commissario Consob Paolo Ciocca, l’ex presidente Consob Mario Nava, l’ad della Sace Alessandra Ricci, tutti costoro per un motivo o per l’altro sono stati scartati.
E così Giorgetti ha ripreso la partita in mano, ha valutato la possibilità di confermare per qualche mese Rivera in attesa di trovare una soluzione adeguata per lui e per il ministero, ma poi ha tirato fuori dal cilindro il nome di un altro alto funzionario del Tesoro dal curriculum impeccabile, Riccardo Barbieri. E a quel punto ha comunicato a Rivera la sua decisione.