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 2023  gennaio 20 Venerdì calendario

La nipote mafiosa che difende lo zio mafioso

Riccardo ArenaGiuseppe LegatoPALERMOLei è caduta dalle nuvole e commentando la fresca nomina (di fiducia) sottoscritta dallo zio più ricercato del mondo fino a pochi giorni fa, ha palesato il suo (asserito) stato d’animo: «Dico la verità, non me l’aspettavo, sono sincera». Sia come sia, Lorenza Guttadauro, penalista, 44 anni, cassazionista da meno di 6 mesi, è un caso che ritorna. Perché se è vero che nessuno formalmente può (e vuole) contestare la nomina di difensore dello zio Matteo Messina Denaro, lo è altrettanto il fatto che l’avvocatessa è già finita in una relazione della commissione parlamentare antimafia per aver condotto – «unico caso e di rilievo» si legge negli atti – colloqui sia da parente sia da legale con più di un congiunto. Tra questi il padre Filippo Guttadauro (la madre è Rosalia Messina Denaro, sorella del boss) condannato per associazione mafiosa a 14 anni. Anche il fratello Francesco ha avuto problemi con la giustizia e il marito Girolamo Bellomo, detto Luca condannato in appello a 10 anni a cui sarebbe stato attribuito il ruolo di un «rappresentante» degli «affari» di Messina Denaro nel tessuto economico del Trapanese. Con il consorte c’è poi un’altra storia. È il 20 novembre 2014 e il marito di Lorenza Guttadauro, è davanti al Gip del Tribunale di Palermo, Nicola Aiello: appena arrestato con altri fiancheggiatori di Matteo Messina Denaro, Girolamo Bellomo si presenta con il proprio avvocato. Che è sua moglie. Il pm Maurizio Agnello contesta però al difensore la posizione di incompatibilità: «Subito dopo la consumazione della rapina del 5 novembre del 2013 – aveva detto il magistrato – l’avvocato ha cercato di fornire un alibi al marito nel corso di alcune conversazioni telefoniche», ma era stata smentita dalle videoriprese fatte in un distributore di benzina «e quindi Bellomo non poteva essere a casa quella sera. Sapeva benissimo di essere intercettata, sosteneva Agnello. Che non si era limitato a questo: «Negli ultimi viaggi che il Bellomo ha compiuto in particolare in Albania, per importare 13 chili di droga, la signora è stata reiteratamente intercettata con il marito e ha mandato soldi tramite la Western Union a Bellomo».Signora, non avvocato, perché in quel caso lei era moglie e non difensore, aveva chiosato il pm: «Desumiamo che parte di quella droga sia stata pagata con i soldi mandati dalla moglie. Ci sono soltanto fortissimi profili deontologici che dovrebbero indurla ad abbandonare immediatamente la difesa». Dopo un lungo tira e molla, Enza Guttadauro aveva risposto anche lei a muso duro: «Proprio perché non ho favorito nessuna condotta, non rinuncio al mandato». Nel caso specifico, il favoreggiamento personale alla moglie non si poté contestare e la Cassazione aveva ritenuto pure illegittima «la sostituzione del difensore in ragione delle incompatibilità con la funzione di testimone, in quanto detta incompatibilità non sussiste». E dunque Enza, moglie e avvocato, era rimasta al suo posto.Il presidente dell’Ordine degli avvocati di Palermo, Dario Greco, eletto tre giorni fa, non conosce ancora gli atti di questa vicenda. «A oggi – dice – non risultano provvedimenti o procedimenti disciplinari a carico della collega. Né possiamo contestare, ora che ha preso la difesa dello zio, le parentele di mafia».