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 2023  gennaio 20 Venerdì calendario

Il Diario di Zavattini

Zavattini
Uno è il tale alle 8, il tal altro alle 9 [17 gennaio 1941]
 
L’artista sente soprattutto l’odore del logoro [31 gennaio 1942]
 
Ieri ho visto sul 107 un mannaro senza braccia, aveva una voce gentile come quando aveva le braccia [11 agosto 1942]
 
Ho conosciuto molte scrittrici ma io so vederle solamente come donne. Subito mi sdraio vicino a loro con la mente [1 settembre 1942]
 
Dalla prima pagina si deve determinare tutto il libro [14 settembre 1942]
 
È morto un pappagalletto di mia madre, gamba rotta. Mia madre se li tiene in seno per farli vivere: un canarino è riuscita a salvarlo così [11 ottobre 1942]
 
Devo lottare contro ciò che sono, un piccolo borghese. Vedi mia idea fissa del comprare una casa; però certi miei difetti (difetti?) derivano dall’essere figlio di gente che non aveva una casa da tre o quattro generazioni. I caffettieri non hanno una casa, non possono avere il senso ecc. della casa a causa del mestiere – “noi si mangia sempre in mezzo e in faccia ai clienti” [1 gennaio 1943]
 
Mia madre telefona da Boville che ha scoperto il fratello della serva che rubava la legna: tutti rubano in casa nostra. Mia sorella dice che è perché facciamo vedere che abbiamo roba. Non credo, che roba è poi la nostra? È perché il rubare è naturale: sia la Irma, che questo fratello della Dilia rubano perché ne avevano bisogno ecc. ecc. [2 gennaio 1943]
 
A cena da De Sica. Gli spiego che cosa sono le “idee nuove” che stanno dominando il mondo. Lo spavento. Ritorno a casa a piedi: mi accorgo che se sono un po’ eccitato (tono alto) penso meglio. La pressione bassa mi toglie un po’ l’estro. Forse dovrei usare alcol con prudenza, ma usarlo [19 gennaio 1943].
 
La insensibilità degli italiani ai fatti che succedono è grande [8 maggio 1943]
 
Domani voglio andare a vedere una fila e ad ascoltare [1 luglio 1943]
 
Tutte le rivoluzioni sanguinose non sono necessarie ma sono inevitabili per la loro facilità, per la loro irriflessività (tutto istinto e tornaconto contingentissimo). Dunque per me la guerra non è un mistero. Poi la si mitizza, ma nella sua essenza è la somma dei nostri quotidiani errori [9 agosto 1943].
 
C’è poesia nel marxismo? [19 agosto 1943]
 
Noi ammiriamo allo zoo le tigri e i leoni e non i piccoli animali. La stessa superficialità è nell’ammirare i grandi uomini politici [27 agosto 1943]
 
Mi telefona Mafai, vorrebbe che comprassi quel suo quadrettino ma non ho soldi … Io avevo intuito come pochi la pochezza di uomini degli intellettuali. Gli uomini del futuro non saranno gli intellettuali, ma gli uomini … I treni visti in questi giorni con la gente aggrappata a ogni dove [14 settembre 1943].
 
Sono pieno di fiducia nella mia immaginazione … Se io spacco il rosso che cosa ci troverò dentro? Più rosso. E se spacco questo nuovo rosso? Ancora di più rosso. Oh, entrare nel massimo rosso ecc. ecc. [8 novembre 1943]
 
Capisco bene che cos’è il vero “amore”, il “dare”. Sinora chiedevo a Dio: fa quello che voglio io, invece di chiedergli fa quello che vuoi tu [24 novembre 1943]
 
Dio è Dante Alighieri all’ennesima potenza più uno. Ma sopra di lui c’è un altro Dio [17 dicembre 1943]
 
Spari, bombe qua e là.
De Sica una sera mi propone di prendermi in esclusiva, stipendiandomi ecc. perché faccia del cinema con lui. Gli dico che sono propenso, ma dobbiamo sparare alto (secondo me, lui ha bisogno di almeno un anno intenso di letture, conversazioni ecc., per perdere la sua triste eredità di 30 anni di cattive compagnie e di deserto). Lui ha ancora molta verginità quindi molto è possibile, ha grande intuito, ma deve capire da solo che Pricò, per es., è un film ancora di vent’anni fa (escluse 2-3 cose sue).15 Ma tutto ciò mi fregherà del tempo (e io ne ho così poco davanti a me, basterebbe che mi dedicassi al diario, non questo). Mio fratello dipinge da 2-3 giorni. Anche De Sica vuol dipingere. È il mio destino, quelli intorno a me (ricordo Tellini ecc.) trovano forse che è facile fare ciò che faccio io. Hanno ragione, o forse, come diceva Paladini, io suscito energia naturalmente intorno a me [21 dicembre 1943]
 
La donna in tram che grida “finirà finirà” con odio.
Le librerie vuotate d’ogni libro.
Tedeschi che passano veloci sulle auto con alberi di Natale [24 dicembre 1943]
 
Ieri sera sono andato a letto alle 10, con l’Olga. C’era un vento mai sentito così pauroso a Roma. A mezzanotte mentre leggevo il giornale di Renard molti e forti spari. Renard mi assomiglia molto, ma io vorrei essere molto
diverso da lui e dai francesi, riducono tutto a letteratura. Ripeto dentro di me che la rivoluzione consiste nello scrivere con uno spirito antiletterario. Poter odiare uno scrittore. Le azioni non hanno bisogno dell’eco che è la scrittura delle azioni (ivi compreso tutto ciò che è, pensiero ecc.) [1 gennaio 1944]
 
ricerca di un “posto” sicuro per via del bombardamento. E si sta meglio anche se lo si vede lontano da dove si abita km e km: anche se non ci riguarda, insomma. E si va anche alla ricerca (mentale) dell’ora in cui “non può succedere niente”.
Mi offrono una scatola di tonno per 5000 lire [7 gennaio 1944]
 
Molti apparecchi su Roma verso le 12. Stavamo lavorando, De Sica, D’Angelo, Fabbri, Musso e Franci. Impressione. Fumate in cielo, segnalazioni, bombe a Centocelle, Guidonia, paura generale, Miranda che viene giù piangendo, la mettiamo in letto, De Sica telefona a casa e gli trema la mano, forte [13 gennaio 1944]
 
Roma piena rigurgitante di automezzi tedeschi. Roma gremita di gente, cresce ogni ora, si gonfia, si gonfia. C’è quasi aria di festa, data dal movimento.
Entrano 14 k farina, 1 formaggino, 25 k di patate, 1,75 zucchero [20 gennaio 1944]
 
De Sica sceglie uno sfollato di Formia di 14 anni per la parte nel film. Questo ha perduto padre e 4 fratelli. Entusiasmo di De Sica: questo ragazzo ci ha fatto piangere tutti perché De Sica gli ha detto: piangi, voglio vedere come piangi (e per farlo piangere gli dice di pensare al padre e lui piange un’ora) Il pensiero che una cosa so di poterla fare bene mi dà licenza di poterla fare meno bene.
De Sica telefona: «Che cosa si sente lì?», mentre gli aeroplani sono su di noi [12 febbraio 1944]
 
Le ideologie contro la guerra sono quelle che nei secoli di volta in volta hanno fatto nascere la guerra? [14 febbraio 1944]
 
Bombardamento dei Castelli, 2-3 volte in mattinata. Urla delle donne, bambini, pareva crollasse la casa. Ed era a 15 km! Spettacolo dei 21 caccia, tutti con la coda di fumo, parevano girini nell’acqua, simmetrici, lenti, acquatici al massimo [17 febbraio 1944]
 
Contiamo le lattine dell’olio, me ne mancano tre. Chi le ha prese?
Scomparse le mie scarpe. Quanto mi dispiace [29 febbraio 1944]
 
Una delle tre galline di mia madre è zoppa da qualche giorno, sta ore e ore accovacciata [8 marzo 1944]
 
Oggi 4-5 volte hanno bombardato. Il cielo era bello. Un apparecchio è stato colpito, si rovesciò come un pesce nell’acqua. Poi vedemmo due paracadute [9 marzo 1944]
 
Con la gallina zoppa facciamo il brodo. “È un po’ insipido,” dice Arturo, “perché era zoppa.”
Parliamo del papa di cui abbiamo udito il discorso alla radio nel pomeriggio. Brutto discorso, convenzionale, niente di ispirato, il discorso di un gran prete, non di un grand’uomo. Mi ha lasciato freddo come non avrei creduto. Davvero che in un posto un uomo anziché un altro può determinare fatti nuovi, creare, è un papa d’ordinaria amministrazione, e la maledizione contro chi rovinerà Roma non ha saputo estenderla a chi guerreggia [11 marzo 1944]
 
Il silenzio mi fa venire voglia di scrivere un libro in un’ora [10 aprile 1944]
 
Notizia radio uccisione Giovanni Gentile [16 aprile 1944]

 
Guai a non correre rischi [22 maggio 1944]
 
Qualche americano è entrato a Roma con il cilindro! Altri con cappellini buffi [5 giugno 1944]
 
Il popolo italiano non conosce la Bibbia! Ecco una grande scoperta. È il libro più ignoto. E la chiesa non la fa conoscere (le prediche in chiesa sono una specie di fascismo della religione) [19 giugno 1944]
 
Mussolini non poteva sopportare “questo puzzo di umanità”. Un’altra volta invece gli invidiò di poter andare in autobus (dalla finestrina di Palazzo Venezia videro passare un autobus a due piani: “Siete mai stato su quell’autobus?” “Sì.” “No, dico sopra, sul piano alto.” “Sì.” E Mussolini volle sapere che cosa si provava. Bardi disse che era molto bello vedere la città da lassù in corsa e lui lo guardò con invidia) [27 agosto 1944]
 
Faccio copiare ad Arturo questa lettera autografa di Mussolini spedita a Teofilo Panizzi, cugino di mio padre, a Gualtieri.
“Berna, 8 aprile 1903 Cari amici, meglio tardi che mai. Del resto prima vi avrei dovuto raccontare delle tristi istorie, tutte le avventure occorsami, le miserie patite, la dura fatica sopportata quando sono stato per vari mesi semplice lavoratore manuale. La vostra mamma mi diceva infatti che avrei resistito a qualunque cosa e difatti coglieva nel segno: ho fatto il manuale muratore, il terrazziere, il minatore, il magazziniere, il cavista, oggi sono impiegato d’ufficio. Però questa vita errabonda e disperata mi ha redento e temprato la mia fede socialista. Voi che avete veduto più d’una volta lo scatenarsi di terribili cicloni, stenterete a credere che ho dimenticato quasi completamente il vino e ogni altro genere di liquori. A Gualtieri riconosco di non aver fatto tutto quello che avrei dovuto pro-partito. In Isvizzera invece ho lavorato e lavoro per la nostra causa. Non solo cogli scritti, ma anche con la propaganda orale. Tutte le domeniche tengo conferenze. Le mie convinzioni parlano – semplicemente – alle povere masse d’emigrati. Non faccio della retorica, non ubriaco le menti con frasi, mi accorgo che la mia parola è compresa e che diventa seme fecondo. Ad ogni conferenza sono sempre le decine di nuovi che s’iscrivono nei Sindacati di mestiere ed entrano ad ingrossare le fila del nostro esercito. Alla sera, veglio, studio e scrivo. Sono divenuto di recente collaboratore del “Proletario”, il giornale che uscirà quotidiano. Dovrò scrivere due o tre articoli al mese e mi saranno pagati dieci franchi l’uno. E gli amori? Voi mi domanderete. Vi rispondo. Caso strano a vent’anni non sento il bisogno d’amare. Che mi sia completamente esaurito a Gualtieri? È vero che a Losanna ebbi relazioni con una divorziata ma così per la carne non per l’animo. E voi caro Teofilo sempre celibe? Ed il Cambi sempre intento a filare... lontano 100 metri e dal lato opposto della strada come faceva l’anno scorso nei suoi ludi d’amore? Quando rammento i giorni che ho passati in casa vostra provo una leggera punta di nostalgia perché essi furono i più belli della mia gioventù e dice il poeta che non vi è maggior dolore del ricordarsi del tempo felice quando l’orologio della vita batte le difficili ore della crisi. Ci rivedremo quest’anno? Non so. Per il 15 corrente attendo una risposta dall’Africa. Se sarà affermativa probabilmente non ci vedremo che di qui a vent’anni. Voglio, se posso, sfuggire alla leva e l’inutile vita della caserma. Data una risposta negativa passerò da Gualtieri alla fine novembre p.v. Intanto prepariamoci per il primo Maggio. Temo però che non ne vedrò un altro solenne come il vostro dell’anno scorso. Lo ricordate? Mi tornerà gradito un vostro scritto che sia compendio della cronaca Gualtierese. Salutatemi Lambi e la signorina Bernardi, ricordatemi in special modo a vostra madre alla quale, come a tutti voi, auguro buone feste. Voi credetemi con stima vostro compagno Mussolini B. [24 agosto 1944]
 
Penso al Duce e lo trovo ancora più insopportabile ma storicamente spiegabile. Ciò che è spiegabile ha sempre una parte di giustificazione [26 agosto 1944]
 
La Tempesta di Giorgione non l’ho capita né sentita. La Fornarina non mi piace. Telefonata con Savinio per invitarlo al ritratto di Paolo III è bello in assoluto. I due Greco non mi piacciono come mi piace Greco. Bardi si sfoga contro i moderni, dice che Cézanne è zero di fronte a Tintoretto, non è vero. Quella figura con le braccia disperate (in rosso) volte verso l’alto, di Masaccio, è grande come Giotto [26 agosto 1944]
 
Fare dell’antifascismo oggi, noi intellettuali, è vile e peggio. Specie con i nostri precedenti. Io non lo firmerei se non comincia ex novo, cioè con implicita la penitenza [30 agosto 1944]
 
Abbiamo comperato farina a 70 il chilo. Un affare. Meraviglie del vicinato [13 settembre 1944]
 
I ladri vogliono degli onesti come capi [3 novembre 1944].
 
Tutta la notte ho visioni di quadri dai colori sbalorditivi. Tiro via la pelle ai colori, che meraviglia. Se potessi lavorare (com’è giusto che tutto costi tempo) [10 novembre 1944]
 
Non devo fidarmi di me [18 dicembre 1944]
 
Non si sa dove è andato un chilo e mezzo di zucchero [31 dicembre 1944]
 
Dico a De Sica che è vergognoso lamentarsi come si lamenta lui delle spese, dello scarso guadagno ecc. Dovremmo ringraziare Dio ogni ora [17 gennaio 1944]
 
Successo clamoroso dei Parenti terribili di Cocteau con regia Visconti [31 gennaio 1944]
 
La letteratura è un muscolo, bisogna esercitarlo, dice Flaiano. Ciò mi spaventa. Se è vero, io sto rovinandomi [10 febbraio 1945]
 
Bisogna scrivere come se si fosse in carcere [14 febbraio 1945]
 
Lattuada mi dice che tempo fa pianse a lungo, improvvisamente essendosi sentito sulle spalle tutto il peso della guerra. Fabbri invece dice che giorni fa, a letto con la febbre, sentì voglia di piangere a lungo. Pianse, e gli sparì subito la febbre [27 febbraio 1945]
 
A casa di Soldati in Via Sistina per il film catechistico su Dio. Chi è Dio? Bella casa, dà su Via Gregoriana, ore 17.30-18, sole arancione, nebbiolina intorno a San Pietro, Roma al massimo [21 marzo 1945]
 
La mia disposizione alla sintesi, aumentata (inflazionata) dalla pigrizia fa sì che i pensieri non si distendono mai e vogliono tutti arrivare primi al traguardo e definitivi, così si affollano e succede come nella favola dei topi e delle donnole davanti al buco d’uscita [25 marzo 1945]
 
Vado a Ossessione di Visconti, è un regista cui bisogna dare del buon testo, lui non sa giudicare il testo, è poco intelligente, molto istinto. Il film è noioso, Calamai formidabile. In mano agli americani, Visconti è un ottimo elemento. Bisogna depederastizzarlo e allontanarlo dai letterati. Germi corre tutti questi pericoli. Lo dico a Ribolsi. Non credo sia meglio di Visconti, ha tutti i suoi difetti (atmosfera, un gesto, sopravvalutazione di un gesto, di una smorfia, di un dettaglio e poco senso dei fatti come necessità ascendente dei film) [14 aprile 1945]
 
Viviamo per poi correre a leggere ciò che viviamo…
Mussolini, liberato da Campo Imperatore, corre a scrivere le sue memorie di un anno, non a compiere una buona azione. Tanto sa che la storia ecc. ecc. Merde [16 aprile 1945],
 
Notizia uccisione Mussolini ecc. Non c’è un’ora in cui l’uomo sia coerente [29 aprile 1945]
 
Soldati conosceva la ragazza che si è uccisa col gas facendo il diario del suo suicidio, cioè della sua morte col gas, da quando ha aperto il rubinetto al momento in cui è mancata. Dice che era addolorata da tempo di essere puttana [1 aprile 1945]
 
A un sciuscià De Concini dice: “Fai il ruffiano, eh...” “Io? sono l’ommeni,” risponde con disprezzo [4 maggio 1945]
 
Quei due sciuscià, Francesco e Luigi, sui 12 anni, hanno una bambina in comune dodicenne che fottono. Le danno 50 lire ciascuno, a volte “io me le faccio ridà” dice Francesco [6 maggio 1945]
 
Coletti mi dice: pensa al mio soggetto intanto che ti lavi visto che non hai tempo. E De Sica: pensa al mio soggetto intanto che scendi dal tram. E Bianchi: pensa al mio intanto che vai al gabinetto.
Continuo a rifiutare lavoro. [11 maggio 1945]
 
Che cosa c’è di più triste, da piangere sulla natura umana imbrogliona e imbrogliabile, sulla volgarità degli uomini che fanno storia, della frase detta da Mussolini a Dongo appena fu arrestato: “Conoscevo Dongo. È un paese di brava gente.” Ho pensato a lungo su questa frase e ho detto con cattiveria: ti meritavi la morte [15 maggio 1945]
 
Segno qualche ricordo dei giorni scorsi. Chiari mi ha raccontato di un paese bombardato. Un cane che passa nella piazza, ci sono i morti qua e là, il cane li annusa, tutti guardano in silenzio il cane che passa, non tocca i morti come si pensava, e scompare. Il terrore di chi guardava …
Siamo liberi, come lo eravamo al tempo del fascismo. Lo dico a Fabbri. Cioè: la libertà è in noi in qualunque epoca. Ma sentirsi liberi porta tali gravami che fingiamo di essere non liberi. E riduciamo tutto alla libertà politica, la più grossolana. [13 giugno 1945]
 
Dio non domanderà a nessuno di che popolo siete [17 giugno 1945]
 
Sono cretino ogni giorno un po’ di più [25 giugno 1945]
 
Il cervello è pieno di chicchi di grano, quando sto per addormentarmi, e uccelli di ogni genere vengono a beccarli (i miei pensieri che non mi fanno dormire) [5 luglio 1945].
 
Il pittore Vespignani è andato una volta vestito da donna a un convegno riservato alle signore, presso certe suore. Il predicatore se ne accorse, lo smascherò, lo voleva denunciare [19 luglio 1945].
 
C’è una luna piena e calda. Sino a mezzanotte il caldo sembra venga dalla luna. Ci si domanda: e se cresce? [20 luglio 1945]
 
Il figlio di Maccari è saltato in aria per una mina essendo fra i cercatori di mine [1 agosto 1945].
 
Lite Blasetti – Germi in casa mia. Germi è pazzo di una presunzione un po’ pazzesca. Urlano per 2 ore. I vicini protestano. Germi non accetta le osservazioni di Blasetti. Io mi schiero con Blasetti indignandomi della ingratitudine di Germi verso tutti, specie verso Blasetti che gli ha permesso di fare il film [6 agosto 1945].
 
È venuto Cagli a trovarmi, molto internazionale, molto ebreo, dice noi quando parla degli americani. Ha molta fiducia degli italiani. È molto “storico” nei suoi punti di vista. Sfiducia invece della Francia, specie di De Gaulle. Gli piace la mia collezione; mi chiede che gli mandi, che gli scelga una decina di libri che siano i più rappresentativi di questi anni. Mi darà in cambio una cosa sua. Dalla California mi manderà i quadretti per la collezione [14 agosto 1945]
 
Dice Cagli che non riesce a fare il suo autoritratto, gli viene fuori suo fratello [15 agosto 1945].

Ho mandato a Cardazzo, arrivato ieri, 700 miei dipintarelli su carta che ne faccia ciò che vuole. Sentiremo domani. Cardazzo mi telefona a mezzanotte che ha visto a uno a uno i miei disegni (dipinti), ne trova alcuni stupendi, farà un libro, anzi due libri, uno con Scheiwiller al Pesce d’oro, uno grande col Cavallino, e poi tre mostre a Milano Venezia Firenze. Rido, sono contento, sbalordito, certo che ho coscienza che se avessi fatto per 5 anni solo la pittura avrei fatto del buono. Così nel teatro. Così nei libri [17 agosto 1945].
 
Un bel golf di lana grigia nella vetrina di Via Condotti Lire 9000 [31 ottobre 1945].
 
La Mercader mi regala 24 tubetti di colori a olio [1 novembre 1945].
 
Appena tornato da Milano ho incontrato De Chirico in Via Condotti che mi ha detto che a Milano hanno fatto un fronte unico contro la buona pittura in quanto che i cattivi pittori si sono accorti che non sapendo dipingere si devono difendere perché la gente si sta accorgendo di cosa vuol dire dipingere bene. È un uomo che avrà molte amarezze, per fortuna [27 dicembre 1945].
 
Prego Dio che mi aiuti un po’ nella salute e cercherò di contraccambiarlo nella sincerità. Spesso mi viene il sospetto che mi dia salute incerta per costringermi al passo, sennò chissà quanti guai farei con il mio amor vitae [1 gennaio 1946].
 
È morto Gian Dàuli. Ho provato dolore perché lui mi disse un giorno che gli ero antipatico, con calma anche se con cattiveria. Io non seppi cosa rispondergli (alle Tre Marie) come potrò dimostrargli che sono simpatico? Ecco un’altra cosa impossibile, frutto degli anni. Egli è là con la convinzione che io sono antipatico, isradicabile [5 gennaio 1946].
 
Maccari è intelligente in un modo positivo, fine. Dice che la moglie buona, che ti ami, è quella che riesce a farti prendere la purga [1 marzo 1946].
 
Mi telefona la Aleramo a chiedermi se deve rispondere all’attacco della Masino su “Sipario”. Le dico di no, a meno che non risponda da scrittrice. Però la Aleramo ha ragione; mi pare che questa Masino stia fortificandosi [19 marzo 1946].
 
Ottimista è colui che crede gli altri uomini diversi da sé [21 marzo 1946].
 
Vado alla Bussola a correggere il mio pezzo per il primo numero della “Fiera letteraria”. C’è Ungaretti che mugola e dice che (siccome io dovrei togliere 4 righe) un vero scrittore non può togliere da un suo pezzo in quanto ha già tolto tutto prima. Urla perché Angelo Mai, cioè il Mai è scritto con l’i lungo, cosa che avrebbe fatto imbestialire Leopardi ché in quell’epoca c’era l’abuso dell’i lungo.
Bardi mi ha detto che io ho sempre avuto il guaio di essere 10 anni avanti rispetto al cinema del mio paese [4 aprile 1946].
 
Dalla veggente, via della Fontanella, quasi di fronte a Villa Torlonia. Camera da letto con foto di Padre Pio. 10-12 persone, il figlio [4 maggio 1946].
 
…Don Zeno, cioè l’ideatore e il realizzatore della opera Piccoli Apostoli che è a San Giacomo delle Roncole in provincia di Mantova. Faceva il motociclista e poi a 29 anni si è messo a fare il prete. Un po’ compiaciuto di tutte le cose buone che ha fatto, in un modo sopportabile. Studieremo insieme un film che illustri la sua opera. Ma ho detto che non bisogna fermarsi al racconto come lui vorrebbe di uno dei suoi episodi ma prendere il lievito rivoluzionario che è nel suo evangelismo e farne un film veramente evangelico e disperato della parola. In un modo un po’ grezzo ma molto chiaro egli ha dei principi sociali di grande efficacia, profondamente cristinai (…) È un uomo che diffonde con gli altoparlanti messi sul campanile della sua parrocchia i grandi musicisti in modo che i contadini quando lavorano o quando rincasano alla sera sentano spandersi per l’aria le melodie di Beethoven di Bach o di altri [24 maggio 1946].
 
Sono andato a votare. Repubblica. Partito comunista. Voti preferenziali Togliatti, Alicata. Mi sono deciso per il comunismo per votare contro di me, contro i miei difetti. Per invocare una rivoluzione contro di me. Per vincere la paura, per collaborare a qualche cosa che mi spodesterà dalla quiete [2 giugno 1946].
 
Le formiche rosse e le formiche nere sul viottolo verso la ferrovia. Mettiamo una formica nera fra le rosse piccolissime, lotta feroce [19 giugno 1946].
 
Soldati dice a De Sica che è il migliore di tutti, che non capisce niente, ma fa tutto per istinto, che andrà a Hollywood ecc [24 giugno 1946
 
Quando conobbi Ezra Pound nel ’30-31 in un albergo di Milano mi disse con ferocia: Mark Twain è una merda (gli ero stato presentato come umorista) [14 luglio 1946].
 
Amato-De Sica non mi danno il danaro promesso, hanno perso al gioco milioni, hanno milioni e sfruttano 18 luglio 1946].
 
A Luzzara: ricchi e poveri si odiano. I ricchi si odiano tra loro. Tutti più attaccati al soldo di una volta. Niente di nuovo. I giovani ballano e vagamente desiderano la giustizia. Le case ferme ma sotto il movimento della compravendita. Si comprano e si vendono le case. Tutti non pensano che a comperare, sognano case e fondi. Fanno qualunque cosa per questo. Gli avari sono la maggioranza. Ieri è venuto a trovarmi qui il figlio di Iseo Terzi: degno luzzarese. Siamo usciti insieme e era tutto felice di non pagare il tram e l’autobus. È spaventoso come non ci sia niente di nuovo a Luzzara. (…) I comunisti sono il terrore della zona. Non capisco l’efficacia di questo terrore. I borghesi si nutrono di odio, si armano. Avremo forse un nuovo fascismo. Certi omicidi non servono a niente, anzi sono negativi. Sono stato in canonica: ho espresso le mie idee di sinistra, sono uscito che segretamente mi adoravano tutti, l’arciprete in testa, poi i Fiaccadori, poi il dottor Marani. Marani diceva: “Se la borghesia si arma, vediamo cosa farà.”
A Po: il silenzio, le voci che si odono da una riva all’altra. Il passaggio del Po fatto da tedeschi in fuga raccontatomi dai contadini: entravano in fila, rigidi, come se potessero vincere con la forza della volontà e della disciplina l’ostacolo, e vi annegavano dentro. Altri si servivano di imposte di finestre, di fascine ecc., che finivano col soprannumero per rovesciarsi. Passarono di notte per Luzzara diretti al Po: trovarono i traghetti saltati, allora ripassarono per il paese smarriti, impazziti, come farfalloni che cercano un’uscita [4 ottobre 1946].
 
Da Sibilla Aleramo30 festa per il 40° anno dell’uscita di Una donna. I Sapegno, Guttuso e Mimise, Gualino, Donnini comunista31 e una certa ricca signora Corradi. Guttuso racconta che Franchina è andato a Parigi con la moglie: vado subito da Picasso, mi ci porta mia moglie che nel ’36 litigò con lui, la trattò male perché lei difendeva il fascismo, e ora lei vuole andare a spiegare che avendo incontrato Franchina ecc. ha capito come stavano le cose. La signora Sapegno si dà alla maglieria, esporrà nello studio della Bellocchio. Sibilla vive “alla giornata”: Matacotta32 presente pare che abbia detto, anzi ha detto, dice la Sapegno: “La relazione con Sibilla mi danneggia”, e lo ha detto in faccia a Sibilla! Tutta la sera Donnini ha contraddetto Gualino. 25 anni che ho conosciuto mia moglie. Siamo andati insieme al cinema (La Signora Miniver). Sui giornali notizia Arresto Togliatti a Trieste.33 Guttuso racconta di aver offeso mortalmente Lilli il quale si sarebbe comportato vilmente: “ma no, ma io... ma no...” ecc. Telefonano a Sibilla false notizie: la perseguitano da un mese. Risponde Guttuso offendendo l’ignoto telefonatore. Mirko34 dice – riferisce la Sapegno – che Guttuso è il più grande pittore italiano. Guttuso dice che Turcato è il giovane più importante a Roma, invece Vespignani no, è solo un ottimo illustratore. Lo contraddico discretamente. In fondo da che cosa erano unite queste persone questa sera da Sibilla? Da niente. E allora? Bisogna dirlo. Guttuso è contro il trascendente. Anche Sibilla, fanno “il gioco del comunismo”. Da Sibilla è un gran freddo [4 novembre 1946].
 
A casa della Magnani con Bigazzi e Morelli. Anna Magnani arriva con un’ora di ritardo. È bruttina ma simpatica, ha carattere. Accetto la sua proposta del finale. Mi piace l’idea di un suo soggetto da lei scritto per se stessa e Serato (la madre di 5 figli nel 1944) [14 novembre 1946].
 
De Santis non capisce i miei raccontini, Lizzani li capisce benissimo. Cerco di spiegare a De Santis, ma che posso spiegare? Lizzani quasi quasi me li spiega lui a me
De Sica mi dice che la Mercader è incinta. Il suo egoismo è tale che teme, dice teme (come se fosse possibile o giusto il contrario) che sua moglie quando lo saprà non lo prenderà in casa. Dice che con la Mercader non conviverà. È sempre più ignorante e fa tripli giochi: combina affari con Amato ma di fronte ai critici lo disprezza, fa il puro di fronte ai critici. Insomma, fa pena, è italiano, napoletano, attore, nelle accezioni peggiori (carattere debole, sleale, poca coscienza, artisticità, un pizzico di bontà, vanità, intelligenza limitatissima). Auguri
La portinaia racconta dei rapporti tra il cane della Miranda e la serva della Miranda, l’Emilia, che si sposa a giorni con un maresciallo.
L’Emilia è venuta a trovare il cane. Il cane le è corso addosso mettendole il muso su in mezzo alle gambe. Quando ha visto che la portinaia e la serva nuova li guardavano, è scappata [16 novembre 1946].
 
Mi telefona De Sica pregandomi di pensare al soggetto per Napoli. Mi dà gli elementi: ospedale delle prostitute, sciuscià, ladri. Insiste con particolare fervore e dice che il successo che lui ha avuto in Sciuscià è dovuto a me perché io gli ho fatto il soggetto di cui lui aveva bisogno, ma come al solito non mi dice che mi dà qualche anticipo pur sapendo che io sono in difficili condizioni finanziarie. Su questo punto non c’è niente da fare. Mi dice di non farmi pregare, di farmi dare la cointeressenza quando avrò pronto il soggetto, e che è ora che io la pianti di fare lo stupido lasciandomi sfruttare. Gli prometto di pensarci fra tre giorni, appena cioè avrò consegnato il soggetto a Biancoli. Egli dice che sono io il vero e solo scrittore cinematografico aggiungendo che certi dicono di no e contro questi di cui non vuole riferirmi i pettegolezzi, si scaglia ecc [24 novembre 1946].
 
Fabbri mi dice che un suo amico vinse la timidezza dicendo tra sé, prima di entrare in un locale, mettiamo: “Fra 50 anni, tutto questo sarà polvere”
Sinisgalli mi dice della Manzini: “Dio l’ha punita, non riesce più a scrivere una pagina decente. La sua prosa è falsa come lei. De Libero mi ha fatto delle rivelazioni: è pettegola, mette male ecc.” [26 novembre 1946]
 
È venuto Moravia, è stato qui dalle 14.30 alle 17. È chiaro, forte, sicuro. Cervello che funziona perfettamente. Sento di più la debolezza attuale del mio. Capisco tutto ciò che dice ma non posso ripeterlo. Mi spiega i limiti e i difetti di Alvaro nel suo L’età breve, cioè la non obiettivazione, il non lasciare che i fatti vadano avanti per conto loro. Mi dice che la Manzini è “terribile” e Falqui un cretino. Mi dice che la Manzini non funziona come scrittrice perché non si mostra come è: perfida, puttana, pettegola. Sa un mare di cose di lei che non può raccontare. Dice cosa che mi colpisce perché da anni la dico e la penso: bisogna coltivare noi non la forma. La forma sarà quella che sarà, ma sarà, in quanto noi siamo “da raccontare”. Ammira la mia collezione. Gli piacciono i miei dipintarelli, dice che sono un vero pittore ma che non dovrei dipingere su carta per ragioni di durata del mezzo. A proposito della pittura italiana, dice che sono tutti postimpressionisti, esclusi 2-3 indietro cioè di 50 anni. Gli dispiace che Guttuso beva tanto, fotta tanto e abbia la sifilide. Lui fotte poco, sta anche un mese, due. Gli dico che la sua forza sta lì, e che io ho sciupato 1⁄2 me stesso nel fottere. Gli piace Vespignani, Stradone, Guttuso [4 dicembre 1946].
 
La Manzini, di cui un minuto prima la moglie di Mazzacurati m’ha detto corna, sono giorni in cui non mi si parla male che della Manzini, che cioè apre bocca solo per calcolo, mi dice che G. Contini m’ha messo nella antologia magique,47 che lui ha riletto i miei pezzi, che mi ha sempre stimato, che quel pezzo su “Prosa” era bello per la sua ansia, pena, difficoltà ecc., e poi mi domanda di ricordarla se posso per qualche lavoro cinematografico [5 dicembre 1947].
 
[De Sica] ondeggia, non sa quello che vuole, vuole soprattutto del danaro e vuole che non si capisca, vorrebbe fare il film suo ma è più urgente il danaro, vorrebbe che io pensassi – gratis – per lui il film su Napoli che già stanno pensando Palmieri e C. [6 dicembre 1946]
 
Intanto mi scrive Ribulsi offrendomi di fare regia soggetto e sceneggiatura per i suoi capitalisti genovesi sullo spunto comunicatogli del “suicidio coram populo”. Gli rispondo telegraficamente di sì dopo aver parlato ancora una volta con De Sica che rintraccio faticosamente per telefono, in una sala da giuoco dove, dice sua moglie, sta perdendo l’animaccia sua. De Sica mi risponde con il solito modo evasivo e lo prenderei a calci nel sedere se in questo momento fosse presente. Finge di avere dei problemi spirituali mentre è il più grossolano borghese che io conosca. Peccato perché dentro di lui c’è una vena che avremmo potuto far diventare ruscello se non fiume. Il contatto con Amato non è certo l’ideale per migliorarlo. Mi ha detto Franci che quando De Sica ebbe in mano le 100.000 lire di Tosi per spedirle a me per il soggetto non solo mi fece perdere quel mese intero ma finì col giocarsi a Villa Olmo le centomila lire non restituendole neanche a Tosi che fu a sua volta danneggiato. Cioè De Sica faceva tre parti in commedia senza la più piccola serieta [17 dicembre 1946]
 
Oggi ho dipinto e ancora una volta mi sono accorto che per dipingere bisogna dipingere [25 dicembre 1946].
 
Mando a chiamare la serva del numero 16 per proporle di lasciarsi esaminare da De Santis per la parte di Giovanna nel film Caccia tragica. Sarò per lei un buono o un cattivo destino? Il piacere che provavo in questi giorni nel sapere di poter essere questa specie di provvidenza [3 gennaio 1947].
 
La signora Bestetti mi dice che Rizzoli ha comperato una casa di 80 milioni a Milano, che ora con lei è abbastanza buono. Le manda qualche soldo. Dice che ha amato solo lei ecc.  [4 gennaio 1947],
 
A Porta Pia ore nove circa quattro spari. Credo siano trombette. A cinquanta metri da me un po’ di movimento tra la gente. Arriviamo sul posto. C’è un morto per terra con già gente intorno, uno accompagnato via fra due carabinieri, che ha debolmente cercato di scappare, tutto in tre minuti: delitto, tentativo di fuga, arresto, folla intorno al morto, supposizioni della gente. Il morto era con la faccia contro la terra, solo dopo qualche minuto un rivolo di sangue da lui arrivava sino al canaletto (10 metri) vicino all’edicola. L’assassino, un biondo sui quarant’anni, della stessa condizione del morto, cioè di modeste condizioni. In me sempre quel senso di non poter assalire l’assassino, inseguirlo, solo lo stupore e la paura di me, di vivere in un mondo dove questo è possibile, ed è possibile anche per me, sia come assassino sia come assassinato. I miei figli ne sono relativamente impressionati: Marco ci farnetica sopra, Angiolino era pallido. La gente interessata quel tanto. Uscito dal cinema vicino due ore dopo, non c’è più il morto, hanno lavato dove c’era il sangue [5 gennaio 1947].
 
Per piangere bisogna avere le carte in regola [5 gennaio 1947].
 
Ero con la Renata Mughini e il suo amico (Fiorani) entrambi tubercolotici e senza soldi, la Mughini è stata a colazione da me, i miei hanno lavato subito con la soda piatti, tovagliolo ecc. Mi parla del suo romanzo, dice che avrà successo danaro. Ama questo Fiorani e me lo raccomanda per il cinema. Lei vorrebbe fare la parte della Duse nel film sulla Duse perché le assomiglia. Spera, la deludo. Faccio male? Credo di no. È brutta più del lecito, coi denti mal messi, tutto può darsi al mondo fuorché chiamino lei. Mi dice per la strada parlando del tempo che ci vuole a fare l’opera d’arte: “Foschini perché lavora ha fatto il Cesare, che noi due non abbiamo fatto.” Ciò mi irrita. Le rispondo: “È questione di qualità o di quantità?” Secco.
Moravia – devo averlo già notato – fotte di rado. Piovene quasi mai. Bontempelli fotte poco e lo si vede nelle loro opere lucide, comunque senza disordine [5 gennaio 1947].
 
Il settimanale che propongo io e che incontra la comprensione immediata e molto favorevole dei tre è il seguente: otto pagine formato grande di tutte risposte ai lettori. È la nazione che vuol sapere, in tutti i settori e io ho a sua disposizione un gruppo di rubrichisti che la ragguagliano su qualsiasi problema domandato secondo uno spirito esatto di informazioni ma costruttivo morale e psicologicamente il più profondo possibile. Ma non si tratta di domande astratte ma tutte quelle che nascono dalla vita, dalla lettura dei giornali, quelle infinite domande che l’uomo si fa cento volte al giorno che riguardano l’autobus o la politica o Dio e alle quali non trova risposta in sé, e per la sua pigrizia e nei giornali per la loro sommarietà. Spiego che bisognerebbe dare una grande parte ai rapporti psicologici specialmente l’amore: qualcosa di simile alle rubriche esistenti nei vari settimanali ma nello stesso tempo diverso per la formatività delle risposte, la loro ampiezza, la loro eleganza. Spiego anche che il settimanale dovrebbe essere pieno di articoli ma pieno di queste rubriche, anzi una sola rubrica rotta qua e là da trovate inerenti al carattere del giornale. Spiego anche che lo si può fare tutto riservato ai problemi dell’amore, del sesso, ma se il suo successo in questo caso sarebbe quasi infallibile nell’altro la sua importanza e la sua novità sarebbero enormi [11 gennaio 1947].
 
A colazione al Re degli amici con Montanarini e Monotti. Ci sono molti socialisti: Ivan Matteo Lombardo, Tremelloni, Silone con moglie, faccio le solite riflessioni secondo le quali i socialisti non dovrebbero mangiare. Esagerato. C’è anche Levi, molto vistoso. Dice a Monotti che farebbe volentieri alla Palma una mostra di tutta la sua opera. Crede poco in Vespignani, lo forzo a dire che Turcato ha qualità: dice che Corpora è un commesso viaggiatore e Monachesi ha pochino pochino. Il solo è Guttuso in mezzi a quelli del “Secolo”, dice [13 gennaio 1947].
 
Quattro ore a casa Caramelli, il quasi miliardario, per la consegna della collezione Roma e per convincerlo a sovvenzionare la lotteria nazionale dell’arte. Si va a finire nella politica e non si parla più di pittura. Ha la casa ricca, sulle pareti i brutti quadri comperatigli testé da Besozzi. Accoglie, lui la moglie e la sorella, abbastanza bene la collezione. È anticomunista, materialista integrale, non fesso, ma prepotente, sicuro di sé, identico ai Rizzoli agli Invernizzi. Temo di averlo raffreddato con la mia esposizione politica. Lui dice che non fa politica ma lui aiuta soprattutto i fascisti. Il figlioletto di due anni veste gli abitini che fa la moglie di M., ma auspicano un ritorno. Dice che Togliatti è comunista perché è triste, ha una brutta moglie, un brutto figlio, e vorrebbe il posto di Caramelli. Mi domanda
se Guttuso è brutto, poiché “il suo quadro è cupo, è il quadro di un comunista, i comunisti sono brutti”. Gli dico che Guttuso è bello, amato dalle donne. Resta male. Mi arriva autoritratto di Soffici che mi chiede “mille lire per figlio, cioè 3000 essendo tre i figli suoi” [19 gennaio 1947]. d
 
Ho incontrato ieri la serva che doveva fare la parte di Giovanna. Dev’essere “malata” (Arturo dice che va con tutti), doveva essere bella davvero 3 anni fa, venuta da Avezzano, avida di vita, si è sperperata. Mi ferma lei. Capisco che i padroni suoi Ruffo di Bagnara non vorrebbero, lei vorrebbe, ha voglia di soldi, di cambiare. Ma la parte è già stata data alla Del Poggio. Che affannarsi a fare ciò che deve avvenire! [22 gennaio 1947]
 
Mia madre quando era incinta di me era analfabeta, allora andava a scuola privata di sua iniziativa dalla maestra N., e dice che studiava e rimetteva, studiava e rimetteva [25 gennaio 1947].
 
Torna De Sica dalla Spagna. A San Remo ha incontrato Rizzoli che era con la sua giovane amante, e gli ha regalato 300 mila lire perché le giocasse, dice De Sica: “Me le ha regalate per umiliarmi davanti all’amante.” De Sica le ha perse subito [30 gennaio 1947].
 
Ho perso l’orologio d’oro Zenit regalatomi da Pitigrilli nel 1938 alle ore 15.30-16 nei pressi di Via Tritone Galleria Colonna, ero con Dettore e Fusco venuti perché trovi loro un finanziamento della Enciclopedia del Cattolico.
Pieroni mi dice di me cosa che mi sbalordisce dalla gioia: “A Zavattini non si crede mai perché dice sempre la verità.” Cioè, non sono mai creduto sulla parola [4 febbraio 1947].
 
Visita alle Borgate San Basilio, Pietralata, Tiburtino III con Alvaro, Savinio, Piovene, Taddei, Jovine, Mencarelli di “Mondo Futuro”. Freddo, pioggia: ancora più estremo sentire la pena di quei poveri. Le lavagne delle scuole umide, le donne incinte, l’usciere che dice noi non voi abbiamo perso la guerra. L’ira, l’odio, la bambina col fratellino. I miei colleghi, il cinema Incom, io – tutti i pensieri e la vergogna passano per la testa, poter fotografarli. Pomeriggio a casa di Savinio per stilare il comunicato alla stampa. C’è Malaparte. Faccia sinistra, spiritoso, loquace, sicuro, scettico, parla della sua vita, Capri, che studia la grammatica greca, prepara un prete alla laurea, ha pescato 60 quintali di legno dal mare. Parlano con Jovine degli osei
Barilli. Appena mi vede davanti a Aragno mi dice che non capiva perché io fossi un po’ freddo con lui. Gli dimostro che ciò non è. Lo invito a casa mia. Dice che non può, perché non va d’accordo con nessuno, è insopportabile; dice che è già morto; che è stanco di questo mondo italiano, che crede solo nella sua musica che però vuole ricreata da un maestro quindi egli non avrà mai la gloria per questa musica; dice che ha 50.000 lire quindi sino a maggio ce la fa; vuole andare all’estero “non torno più, non torno più”. Gli dico che cosa si pensa di lui oggi nella borsa letteraria: dice che esagero.
Telefonata di un’ora di De Sica. Gli dico che ho l’idea di fare un soggetto sulle borgate che ho visto in questi giorni. Vuole sapere prezzo per dirlo a Amato che è solito pagare, dice, prezzo di strozzino. Dice che è inutile che anche continui a fargli leggere altri soggetti, poiché lui non ha fiducia che in ciò che gli posso fare io. Gli do alcune stoccate circa il suo modo di comportarsi, cioè di ricorrere sempre a me quando deve essere salvato. Mi dice le solite lodi. Lui intanto lavora e guadagna con Amato di cui dice cose feroci, anche che è ladro. Franci mi ha detto l’altro giorno: “De Sica fa solo perdere tempo.”
Sinisgalli è felice del posto che gli ho fatto avere come segretario della idea dei desideri. Vuole 20.000 al mese. È riflessivo e difensivo. Dorme le sue orette dopo pranzo, ha l’amante, si difende come quasi tutti i poeti italiani. E io non mi difendo, ma è merito? No.
Quello che mi dice Amidei di De Sica: che ha perso 3 milioni con Amato a San Remo; che giuoca in borsa, che è nel vizio sino ai capelli. E l’altra sera cantava miseria con me, e quasi quasi mi faceva capire che forse io domando troppo a Amato per soggetto e sceneggiatura. De Sica è proprio nella débauche, e dà la colpa agli altri. Non merita il successo che ha avuto, e non merita di aver incontrato me. Vedo Paisà. C’è Togliatti (visione privata all’Istituto Luce). Ci sono cose ottime. Rossellini ha l’occhio del cronista, cioè moderno, ha contatti veri con la realtà, quasi senza accorgersene [12 febbraio 1947]..
 
Alvaro manca di gusto. Mi accorgo che pur essendo uomo morale nella vita è piuttosto navigatore, tiene il piede in molte scarpe, si difende, armeggia, forse ciò deriva dalla infanzia faticosa, dalla carriera faticosa, dal suo contadinismo. Disprezza Angiolillo e traffica con lui. Però si mette a posto con una lettera. Parliamo a lungo delle donne, del paese suo e del mio; lui non torna al suo perché finirebbero con l’ammazzarlo, dice. Mi consiglia, dietro mia richiesta, Sapegno o Morra come redattori [15 febbraio 1947].
 
A cena con De Sica e l’ex prefetto Cortese. De Sica dichiara per l’ennesima volta che il merito di Sciuscià è tutto e solo mio [18 febbraio 1947].
 
Bonsanti. Rivedo B. al Greco dopo due o tre anni. Incontro simpatico. Si meraviglia del mio non passare da Firenze. Gli dico che so che Montale mi è ostile per quell’articolo su “Primato”. Lui dice di non badare agli umori di Montale, lui e M. e si salutano con un buongiorno solo da anni. Mi mostra “Mondo Europeo” che è riuscito. Pesante, non lo venderanno [23 febbraio 1947].
 
Bompiani mi fa vedere la copia speciale per il papa del Dizionario delle opere. Egli la porta al papa per attenuare il fatto che c’è Buonaiuti tra i collaboratori.
Ore 18 da Bompiani. Espongo a Signoretti l’idea dell’“Italia domanda”. Signoretti dovrebbe essere il vice- Bompiani dell’impresa. La espongo troppo sinteticamente credendo come al solito che gli altri la vivano, anzi l’abbiano coltivata come me, tuttavia capisce. Arrivano Savinio, Alvaro che credevo a Soriano, Frateili. L’idea, che riespongo, piace. Savinio dice che tutto sta nella distribuzione delle domande. Chi le distribuisce? E possiamo, dice, fare opera di civiltà se non c’è civiltà o non sappiamo che cosa sia, quale sia? Rispondo che io lo so, che cioè certi principi morali io li ho e se mi ascoltano posso parlare per un’ora delle mie idee, ma non sono idee e principi per far andare l’Italia a destra o a sinistra, ma per farla ragionare onde scelga la destra e la sinistra ragionatamente. Far ragionare, dare il senso della responsabilità, della libertà. Mi dice che finirò bruciato come un eretico.
Alvaro domanda come si risponde alla domanda C’è Dio [25 febbraio 1947].
 
La moglie di Calvino che mi fa la corte un po’ brilla e un po’ stupida [2 marzo 1947].
 
Un certo Dominici, mio vicino di casa, 35 anni, morto di paralisi, lascia quattro figli, due ore fa erano felici [3 marzo 1947].
 
Parlo con Alvaro del giornale. Mi dice che è sicuro che Bompiani non lo farà, perché “Bompiani è uno snob, non gli importa niente della letteratura italiana né degli italiani, è un reazionario, un sentimentale, un dilettante in tutti i campi, pensa solo a varare le sue commedie che sono da dilettante, ha comperato la rivista “Sipario” solo a questo fine, non si può contare su lui nei momenti capitali anche se lo scrive nelle lettere ma senti che nei momenti capitali lui mancherà” [4 marzo 1947].
 
La mia tristezza a Montecavo era al culmine. Tre giorni atroci. La gente che frequentava Montecavo: pederasti; amanti. I lamenti dei fottitori in tutto l’albergo; arriva su Tullio Carminati con un console argentino pederasta, fanno orge in camera con un giovane pittore Piccinato che ha affrescato l’Albergo [Montecavo. 7-10 marzo 1947].
 
La Volpini mi telefona che si sono lasciati con Piovene perché “scopicchia” con le signore dell’alta società [10 marzo 1947].
 
Incontro con Carrieri. Ma arriva Ramperti e la conversazione la dirige lui. R. mi prega di metterlo a contatto con la Brin, che poco dopo passa per strada e per fortuna io non li presento, in quanto il marito della Brin, staccatosi da lei per comperare paste al Greco cui sono davanti con Ramperti mi dice che avrei fatto male perché R. è un porco, e la madre della Brin è ebrea, e fu uccisa
Fabbri mi dice che il fratello di Alvaro si uccise perché innamorato della moglie di Alvaro che gli disse, dicono, non ti resta che ucciderti. Fabbri mi dice di aver udito “cose orribili” di Alvaro. A me in coscienza sembra finto, armato, diffidente, conoscitore del mondo, ma come il 70% degli uomini. Ha inoltre gli altri valori che hanno il 30% solo degli uomini per l’arte [20 marzo 1947]..
 
Bompiani mi dà il via per “Italia domanda”. 5 ore di discussione proficua con Pagni. Mi dispongono 1⁄4 come proprietà del giornale più il 2% sugli utili, 150 stipendio. De Sica e altri sono incerti sull’esito. De Sica dice che la mia fortuna sarà “Il Disonesto”.
Conferma che De Sica non paga i debiti. Ha perso 3 milioni in borsa e non mi dà le altre 100.000 malgrado le storie che ci ho fatto su [22 marzo 1947].
 
Flaiano ottimo collaboratore, pessimo redattore, pigro, inconcludente [3-7 aprile 1947].
 
Flaiano intelligente ma non costruttivo, molto romano, cioè intelligente, ma dissolvente, scettico, diffidente [12-20 aprile 1947].
 
Flaiano e Maccari distruggono sia “Il Disonesto” che “Italia domanda” con ragioni intelligenti ma che distruggerebbero qualunque giornale, qualunque iniziativa che non sia comune. Capisco loro torti (anche
derivanti dal loro carattere antientusiasta, cinico, guai se io comincio a ragionare come loro) [25-27 aprile 1947].
 
De Sica dice che De Filippo dice che la tristezza della vecchiaia sta nel fatto che si conoscono sempre più gli uomini [1 maggio 1947].
 
Il bambino povero cui faccio per strada varie domande e commenta “per due lire quante domande” [5 maggio 1947].
 
Vedo 1860 di Blasetti – bello – Irene Brin piange e scappa via per non farsi vedere [9-11 giugno 1947].
 
Bartolini Luigi mi chiede 100.000 lire per la traduzione in cinema del suo Ladri di biciclette, è felice dell’affare che gli combino. Lo propongo a De Sica (già da un mese) che lo accetta. De Sica, come al solito, cerca di fare i suoi affari e basta, cioè cerca di svalutare i prezzi degli sceneggiatori. Sta veramente diventando brutto e sempre più ingiusto. Siccome vuole fare lui il produttore così cerca in anticipo di lesinare il compenso. Il fatto che gli ho trovato io il soggetto, facendolo uscire così dalla sua stupida incertezza, non conta. E sì che ha bisogno di me e lo dichiara 24 volte al giorno – come della luce del giorno. Ieri mi ha chiesto se vado a Hollywood con lui. Benedetto Croce non collaborerà a “Italia domanda”. Che cosa vuol dire grand’uomo? Sempre più capisco che c’è da rivalutare il concetto di grandezza. Capire è grandezza? Ma capire che cosa?
La stiratrice dice che siamo, noi Z., contadini e ineducati (lite con lei per il soprabito di Angiolino).
Flaiano: “Il mio libro lo capiscono tutti. Farò così anche con gli altri. Non come la Manzini che inventa la parola manoso. Io non sono borghese, gli Italiani sono borghesi, vogliono parere ciò che non sono e scrivono accademicamente.” Viene in ufficio il giorno dopo aver vinto il Premio Strega e non mi dà le mie 1500 lire, lui è pacificamente non pagatore. Pare che lui e Maccari vogliono fare un giornaletto come io volevo fare per me solo. “Il superfluo illustrato.” Male, dopo i precedenti con me [1 luglio 1947].
 
Blasetti è pazzo: autocrate, avvocato, dinamico, entusiasta, egoista, tedesco + romano + fascista + qualunquista, più incolto + incapace di ascoltare.
De Sica ha una lezione da Amidei. Dice De Sica: se faccio il film con la Metro domandate ciò che volete alla Metro; se lo faccio in proprio domandatemi poco. Amidei dice: “Sei un porco. Non si ragiona così. Si dice: state in società con me, tanto più il film costa poco, tanto più c’è la possibilità di guadagnare. Dunque, siete in società con me.” De Sica rivela di essere ancora una volta un volgare egoista. Mi dice che ha perso 5.000.000 (5 milioni) a San Remo, e in borsa altro denaro. E ora mi telefona per dirmi che ho ragione io a essere come sono,
puro, disinteressato ecc., perché i birbanti come Scalera, come certi guadagnoni, sono puniti; sarà punito Amato, mi racconta episodio di un ricco fregato ieri non so da quale disgrazia; e conclude... gli domando una cifra piccola per il film (per il soggetto e sceneggiatura) che faremo.
Domenica: vedo nella casa di fronte un operaio che fa l’amore su una sedia con la moglie, sono quei due che seguo molto, i veri poveri, hanno i figlioletti.
Maria Bellonci mi dice che non ha soldi per mandare il marito in vacanza, da dieci anni non va in vacanza. Lei lo conobbe presentandogli un romanzo quando era diciassettenne. È ancora piacente, ma ha le labbra vecchie e cattivelle.
L’insuccesso di Soldati nel Daniele Cortis mi ha fatto piacere. Si rilegga, quello sciocco, i miei consigli che furono stenografati e che egli non seguì minimamente. Ieri vidi Sarah Churchill58 che entrava nel suo portone, discesa da un taxi che poi presi io. Bruttina; si aggiustava i capelli mentre aspettava che venissero a aprire il portone.
Sforzi per convincere De Sica a fare Ladri di biciclette. Gliene ho fatta una seconda riduzione, sempre con l’idea dell’attacchino proprietario della bicicletta, con il figlio e la moglie. Capisco sempre più che De Sica è irritato perché teme che io e Amidei gli chiediamo una somma. Mi dice Amidei che ha detto: “Questo Z., caro, caro ragazzo, ma con questi soldi!” E non gli ho chiesto niente, e mi deve ancora quelle benedette 10.000 di Amato e le 4000 del Cavallo; e non mi ha detto una parola di gratitudine (per non pagarmi) di ciò che ho fatto per Ladri di biciclette. Come uomo, è sterco, privo di ogni generosità. Ieri sera per un’ora a spiegargli lo spirito del film, che non è romantico come crede (“io non capisco – dice – come la moglie possa essere contro il marito in quanto gli hanno rubato la bicicletta”). Gli dico che la verità è che lui non conosce i poveri, in tutto è piccolo borghese. Glielo spiego in ogni significato ma stenta a capire, vede solo un contrasto facile nel finale tra l’autobus e una bella 6 cilindri [12 luglio 1947]
 
De Sica: vuole che gli ceda il contratto Bartolini, è la sola cosa che lo preoccupa, gli dico che sono inutili le carte tra noi, che cerchi di farmi prendere più che può ma in quanto è naturale che lui desideri di farmi prendere più che può. Speravo, credevo che lo desiderasse. Ma, ahimè, è quello che è. Dice che io avevo contato di guadagnare troppo con questo lavoro, ma se non avevo fatto cifre, è la paura sua, gli ho portato un affare, glielo ho combinato, messo sul tavolo, e all’ultimo rinuncio alla mia parte! Mi lascia parlare ecc. ecc., ma fa orecchi di mercante di essere lui o io a metà nella vendita e nel soggetto [28 luglio 1947].
 
Faccio fare il contratto De Sica-Bartolini cedendo il mio [31 luglio 1947].
 
Bartolini Luigi mi confida in segreto che in un anno ha vinto 5 milioni giocando in borsa. Dice che Marx gli ha aperto gli occhi sulla vita mentre Nietzsche glieli ha chiusi. Dice che col lavoro intellettuale non solo non si guadagna, ma quello che si guadagna costa troppa fatica.
Piccone Stella disapprova assunzione Paladini che è comunista, dice, iscritto, dice che in un giornale così non ci può stare un comunista, iscritto. Credo che combinerò con lui, radio, Rai, cose buone per il giornale.
Mi dissero non dire a alta voce il nome della cosa che ha tra le gambe la donna. Da qui nacquero i miei guai, perché io volevo dirlo ogni giorno, anche oggi voglio dirlo e non oso.
A Riccione. Piovene: “Che cosa me ne frega di perdere tanto tempo? L’importante è sbrigarsi; così andiamo a riposare, a divertirci.” Aggiunge che non lavorerebbe con me perché sono troppo pieno di scrupoli. Tutto ciò a proposito del Premio Riccione per il quale solo Sibilla Aleramo e io abbiamo letto tutti i 27 manoscritti. Sibilla fa la comunista militante, come una fascista, si aggrappa, poveretta, al partito come un cane all’ultimo osso. E mi domanda perché non mi iscrivo. Ha sostenuto Onofri contro tutti, si è spaventata solo all’idea di sembrare di appoggiare Squarzina che ha messo nel libro suo un attentato a Togliatti. Arriva Terracini: corre a ossequiarlo, dice che va a Venezia solo per vedere il lavoro del compagno Pandolfi e 3-4 film russi. Si sente giovane, cioè soffre per Matacotta come una giovane. Avrà una dura vecchiaia. Non può più essere sincera! Che castigo per un vecchio
A Riccione una suocera ha trovato la nuora che telefonava al marito in una cabina telefonica mentre l’amante la possedeva e lei telefonava al marito le parole d’amore che l’amante, il coito le ispirava.
Midi Mannocci non si è voluta far vedere dalla giuria, quando il suo nome era in discussione, dissi che la conoscevo, che era ragazza di molto ingegno, di profonda intimità. Ferrata vedeva già l’avventura, mi dispiace di non avere visto, credo di aver fatto male a confidare a Ferrata i trascorsi di questa ragazza, ormai donna, cioè i suoi amori (noti) con Frateili e un po’ con Bernard. Amoreggiò con chi il caso le mise sotto. Lei era piena, gli altri erano vuoti, lei diede, così anch’io ho trovato donne che mi hanno dato e io non ho dato niente.
Mi racconta Paladini che Benedetto Croce si è rifiutato con parole insolitamente forti, un po’ oscene, di rispondere alle domande che gli ho mandato per “Italia domanda”, dice che gli italiani devono studiare, studiare,
e non accontentarsi dei giornali ecc. Mi farò dire meglio dalla M. che fu la mia messaggera. Questo Croce che vede gli italiani che studiano tutti, non ha mai visto gli operai, ma solo il concetto di operai, così di impiegato ecc.
In giro con De Sica e Amidei per Roma a scegliere luoghi per il film. Gareggiano a parlare male degli altri. Questa volta partecipo anch’io. Alla fine mi stanco e dico loro che non si può andare avanti così in Italia. Che cosa dovrei dire di De Sica al quale devo spiegare come a uno scolaro di 3a elementare il perché del film, il suo stile? Mi domanda ancora che cosa vuole dimostrare questo film. Gli dico che una volta si occupavano dei re, nel teatro; o dei grandi borghesi, e giù giù, noi ci occupiamo del furto di una bicicletta a un operaio perché è cosa grande, o meglio importante, come qualsiasi altro fatto antico o leggendario.
Velio Spano,62 mi racconta la Piro, era innamorato di Mariella, quella sera in cui sparò (stupidamente) e cantò canzoni rosse spagnole per ore e ore, disse quella sera a Guttuso che la Mimise gli metteva le corna, a lui lo aveva detto la Mariella, e da lì nacque tutto quel movimento di cui non capivo il significato. Dice che i Crisafulli fanno l’amore in tre con quella francese; che suo marito l’adora sensualmente da quando ha saputo che altri la bramano. Parla del suo amore per Guttuso che la trascurava, la faceva aspettare ore sugli scalini; che suo padre si era innamorato di Mariella e che corrono leggende sulle capacità amatorie di Mimise, che Alvaro era innamoratissimo di Mariella [6 agosto 1947].
 
La storia di De Sica: suo abbraccio e bacio dopo mia firma contratto per Ladri di biciclette, sua incapacità a capire il soggetto; lo capirà a poco a poco e in parte, lo racconta saltando tutte le cose veramente poetiche e battendo su quelle piagnucolose [8-10 dicembre 1947].
 
Visto L’onorevole Angelina; film dialettale, cioè la formula di successo.
Bontempelli viene in ufficio vecchio ma sano, capelli bianchi, calzoni bianchi, camicia bianca. Intelligenza sempre presente, assenza sempre di “totalità d’uomo” [9 settembre 1947].
 
Blasetti legge 2° tempo Fabiola. È felice, mi racconta di essere andato come un pazzo a pregare per madre morta, a parlare con lei perché 15 giorni fa era incapace di possedere la materia dei 2 film. Oggi la possiede, dice, è felice. Che cosa devo fare? [14 ottobre 1947]
 
A Valmelaina con De Sica a vedere i luoghi in cui può svolgersi il film Ladri di biciclette. Andiamo anche all’affissione dove gli attacchini hanno il loro magazzino. Odore tremendo di colla, il grande ruolo della colla, colui che la fa. A due passi c’è la Borsa.
siamo entrati, c’era Palazzeschi con altra gente. Bompiani mi fa vedere uno schema d’impaginazione del giornale suo “Martedì” e riconosce, alle mie osservazioni, che è un giornale povero di scatto, è comune [20 ottobre 1947].
 
Incontro con A.G. Rossi. “Ho il cancro” dice, forse morirà tra un mese. Mi fa vedere il buco nel collo, ha la garza con un po’ di sangue. Fare “Il giornalaccio”, dice. Ha bisogno di 200.000 per l’operazione, o morirà. Lo rincontro con Bompiani. Siccome non riesce a parlare, scrive ogni tanto su un pezzo di carta: “Cancro. Mi urgono 200.000.” [21 ottobre 1947]
 
Incontro al Quarticciolo con ladri che raccontano a me, De Sica ecc., come rubano (uno dice che suo padre e sua madre gli fregano i soldi dalla cassetta: lui ha 20 anni, già sposato con un figlio, naturalezza del loro mestiere e piacere, non possono essere diversi in quell’ambiente).
La Volpini: mi dice che scriverà le sue memorie. Mi racconta che un avvocato è andato a richiederle i mobili e l’argenteria di Piovene. Lei ha risposto che ora si è abituata da contessa, che ripassi perciò nel 1952. Mi dice che comincerà le memorie così: che quando era bambina sognava il principe, che poi fu Piovene; poi sognò di diventare moglie in quanto tutti i mariti le parlavano delle mogli; poi conobbe le mogli e così anche questo mito andò in aria. Dice che i letterati sono presuntuosi ipocriti. E che è mantenuta dell’Unra (cioè dal suo americano). Ha un occhio malato per cui non ha potuto fare il pic-nic sabato [27 ottobre 1947].
 
Ungaretti in Corso Umberto: mi tocca il soprabito grigio, dice che è bello, che lui non ce l’ha, e io gli dico che mi toglie il piacere di averlo io. Me ne vado imbarazzato da morire. Questo soprabito! [1-19 novembre 1947]
 
De Sica mi telefona a lungo: si vede sua incertezza su Ladri di biciclette. Dice che se sono certo io, si faccia. Me lo chiede, come in confessione. Gli dico che non sono contento di cosa è a tutt’oggi, bisogna lavorare più intensamente, c’è disagio e pigrizia tra noi. Mi spiega che Amidei è piatto, è comune, come fu per Sciuscià [1 dicembre 1947].
 
Visita alla Messa dei poveri (San Nereo e Achilleo) (con De Sica, Amidei Lazzarini) Da Lattuada.
 
In Piazza di Spagna i giovani cattolici sotto la statua colonna della Immacolata inneggiano (al modo di Du-ce Du-ce) Tri-ni-tà Tri-ni-tà [8-10 dicembre 1947].
 
De Sica mi telefona che ha litigato con Amidei; se n’è andato sbattendo l’uscio e chiamandolo truffatore perché gli ha detto che il film (il soggetto) è brutto, stupido, e allora, dice De Sica, perché non lo ha detto prima? De Sica non vuole più lavorare né con Amidei né con Franci chiamato in causa da Amidei come compartecipe della suddetta opinione. Franci interpellato da me mi dice che lui dissente solo sul principio, i primi 200 metri del film. Consiglio De Sica a aspettare a rompere, vediamo domani, anche perché bisogna impedire che Amidei faccia la parte di quello che, come diceva Franci stesso a me per telefono, “vuole che ogni personaggio che incontriamo abbia la sua aura, atmosfera” ecc. anche i piccoli personaggi appena incontrati. Già, e De Sica e io che cosa abbiamo detto e voluto sin da principio? Ora egli cerca di sembrare colui che indica gli errori. I quali abbiamo indicato tutti e tutti insieme stiamo cercando di ovviare. Domani dirò apertamente tutte le doppie parti fatte da Amidei. Cercherò tuttavia di non rompere la troupe. Se la romperemo, lavoreremo io e De Sica [16 dicembre 1947].
 
Andiamo da Amidei (De Sica, Franci, Torri, io). Si capisce subito che non vuole continuare a lavorare con noi, dice che ha sempre detto che il soggetto non andava, gli dico che non è vero, gli racconto la storia dei suoi rapporti con il soggetto che gli andava, che gli andò sino a quando gli fece comodo, sino al giorno della crisi, cioè ieri. Metto in chiaro che non si tratta di un dissidio Amidei-Zavattini come hanno tentato di fare apparire cercando un colloquio De Sica, Franci, Amidei, escludendo me. Perché me? I dissensi sono stati ieri con De Sica, non con me, è De Sica che ha voluto ancor più bianco il soggetto. Io e Amidei siamo sempre stati d’accordo meno piccole cose. Allora? La verità è il nuovo lavoro che gli hanno proposto e da disonesto com’è ora che ha intascato molto danaro se ne va e attacca a intascarne altro, non ho bisogno di descriverlo questo Amidei, si descriverà da solo entro breve tempo [17 dicembre 1947].
 
Racconta Soldati che Rizzoli diceva: “Chel Tolstoi ché l’è Dostoieschi?” leggendo non so dove di Tolstoj [31 dicembre 1947].
 
Visita alla Santona (signora Nannina) di Via Fontanella 1171 con De Sica Suso Guerrieri: la tubercolotica, il tubercolotico, la cancerosa, la cornuta, la madre col figlio cattivo, il fare risa di De Sica e compagni mentre la Santona si alza dalla sua poltrona, viene da me, mi esamina e pronostica grande avvenire, che guiderò il gregge, che capeggerò la crociata, che lei e io saremo alleati, che devo suonare la tromba [12 gennaio 1948].
 
De Sica è andato dalla Santona a chiederle scusa della risata. Confessa che ha avuto tanto coraggio “per paura”, la Santona gli fa paura (è superstiziosissimo). Pare che abbiano dato a Sciuscià uno degli Oscar.72 Ciò mi fa arrabbiare ancora di più al pensiero che la “Fiera letteraria” ha tagliato proprio le 4 righe (dell’articolo di De Sica di due settimane fa) in cui De Sica dichiarava
che il soggetto di Sciuscià lo avevo scritto io, che ne ero io l’autore (ciò mi preme solo per ragioni contingenti). Il pezzo lo aveva scritto per De Sica Guerrieri e io lo avevo corretto e completato aggiungendo anche le 4 righe suddette. Il diavolo ci ha messo ancora le corna, come se volesse che non si sappia ufficialmente che l’autore sono io. Mah! [18 febbraio 1948]
 
Dice che anche per Ladri di biciclette ci ho messo cinque mesi, però, dice, gli spiego che è stato un lavoro leggero, e che si lavorò nei primi due mesi una mezz’ora al giorno.
Chiacchiere notturne mentre mangio con mia madre (le case, l’America, i vicini, i famigliari, i soldi, il passato) [20 febbraio 1948].
 
Mio sfogo con De Sica: mi parla della madre paralizzata, della Mercader coi dolori atroci al trigemino, poi parliamo del film e gli chiedo il saldo, gli dico che avrei diritto a fare questione per un supplemento di compenso, dice di no, mi riconosce diritti morali, meriti morali enormi, ma diritto no perché il contratto parla. Gli dico con chi l’ho fatto il contratto. Con Graziadei, dice. “Con te e Graziadei”, dico. E chiamo te a testimonio che Amidei doveva fare il maggior lavoro, cioè lavorare tutto giorno e io mezza giornata, e che la defezione di Amidei ha messo tutto il peso o la maggior parte del peso anche fisico del film su me; gli dico che aspettavo da tempo che lui mi riconoscesse questo diritto spontaneamente ma invano perché tu, dico, hai la mentalità del datore di lavoro. Lui crede che io alluda ai suoi soldi e dice che se li è guadagnati, è il suo lavoro, che io non posso esigere che si tolga dei soldi suoi per me. Gli dico che non ha capito niente. E infatti non capisce niente delle ragioni degli altri. Gli dico che a me bastava il gesto, e che l’ho atteso invano. Vedo che è furente dentro di sé, si domina ma scatterebbe volentieri. Dà tutta la colpa a Graziadei, si trincera dietro di lui; i soldi li ha lui; è sospetto, dice, che lui favorisca gli amici [1 marzo 1948].
 
La Masino, la Mariella Lotti e Fiocco fanno l’amore a tre. Dice Gennaro, il cameriere pederasta di De Sica che è cameriere da Fiocco, che “hanno dovuto perfino cambiare le lenzuola tante porcherie hanno fatto”. La frase di D’Annunzio (press’a poco): “Io sono quel che ho nascosto.”
Preoccupazione per l’acquisto di una cravatta nera per mettere sul vestito grigio e camicia bianca [4 marzo 1948]
 
Bompiani di me dice che sono un angelo che nella vita si comporta con abilità diabolica, e mi devo decidere a dire ciò che penso. Infatti, così è. Ma che cosa penso? Ho voglia di pensare alle cose che voglio esaminare, due che passano, quei due che, uomo e donna, scesi dall’autobus protestando perché la gente faceva ressa davanti alla porta, camminano in un certo modo appena scesi perché sanno che tutti li guardano [5 marzo 1948].
 
De Sica mi fa impazzire: da un mese per lui il lavoro è perfetto; da un mese io e gli altri lavoriamo a togliere grandi difetti, ci sarà lavoro sino alla fine del mese almeno e non mi dice niente per la parte finanziaria [17 marzo 1948].
 
La moglie di Falqui (non la Manzini) mi manda una scultura di Martini di cui vuole 150.000 perché cerchi di venderla [21 marzo 1948].
 
Delle Piane83 è adatto a fare il figlio del protagonista di Ladri di biciclette, purché la madre sia tipo leggermente umoristico, leggerissimamente ma di grande umanità. Vedo il padre sui 40 anni, simpatico [4 aprile 1948].
 
Sono contento per Ladri di biciclette. Stamattina ho buttato in aria tutto l’inizio sostituendolo con l’inizio a Val Melaina e la scena dell’ufficio disoccupati. De Sica
incerto. Tutte le variazioni (immissione scena fiume con incidente, dopo lo schiaffo a Bruno) e scena trattoria, le ho messe suo malgrado, nel senso che è sempre contento dell’ultima versione e si oppone ai cambiamenti. Che fatica. È bravo nei dettagli ma non ha assolutamente visione di insieme
È finita la sceneggiatura di Ladri di biciclette [8 aprile 1948]..
 
De Sica mi dice che lui non vuol essere di nessun partito, non capisce niente di politica, non sa neanche i nomi dei deputati; lui è solo con gli umili e con i poveri. Ma è comunista soprattutto per la Jugoslavia perché gli è antipatica; la Russia non lo sa perché sa poco di lei
Col tempo non si odiano solo quelli che non si conoscono [10 aprile 1948].
 
Incontro con De Libero. Mi dice sua angoscia, incertezza, a proposito del voto. Non sa per chi votare. Gli dico anche mia incertezza ma che voto Fronte popolare e spiego perché. Così spiego a Barilli Cecrope che non è più per il Fronte ma per Saragat. Nel rimproverare Barilli trovo delle focose ragioni, sento che devo votare per il Fronte. Racconto la fine del comizio di Sant’Agnese con tutti quegli operai dopo il comizio che se ne tornavano allegri a casa con le biciclette, sono stato alla cellula di Piazzale Verbano dove hanno parlato Donnini e poi la Sibilla ha letto le sue poesie: c’era la Sapegno, sempre tutta nella sua bocca. Ho saputo ieri che è stata con Spano. Spano che sparava i colpi di rivoltella quella sera nello studio di Guttuso per spavalderia.
Questa mattina lettura davanti tanta gente (... Visentini) di Ladri di biciclette. C’è da correggere. Ma De Sica nella lettura non ha focalizzato la regia, non ha seguito i due protagonisti. Gli sfugge ancora lo stile, l’insieme. Vede solo i dettagli, e teatralmente più che cinematograficamente. O è sorretto dai fatti o cade [15 aprile 1948].
 
Vigilia delle elezioni e elezioni. Ci vado con mia madre mia moglie e i miei figli. Tre voti al Fronte. Sono certo che il Fronte non vincerà, ho telefonato a De Libero, incerto, che deve essere certo tanto più debole è il Fronte
Ho scritto una lettera di 8 pagine fitte a De Sica per dirgli tutto ciò che penso, la mia profonda scontentezza e indignazione per la sua offerta di 100.000 compenso del surplus di lavoro per Ladri di biciclette, un surplus di quattro mesi!
I quattro bambini che pisciano e guardano a lungo le figure disegnate sul lastrico dalle pisciate.
Due signore piccolo borghesi in tram stamattina commentavano il successo della Democrazia: “Roma è Roma... gli stranieri devono capire che non possono fare a meno dell’Italia. Gli italiani quando si muovono si muovono.” [20 aprile 1948].
 
È inutile, signori, che cerchiate di diminuire la mia fama: io sarò famoso per le grandi cose che non ho fatto [11 maggio 1048].
Il padre del bambino prescelto da De Sica ha chiesto un milione. Allora De Sica ha finto di scegliere l’altro così è venuto a miti propositi [25 maggio 1048].
 
Vinto un 11 alla Sisal. Contavo su 5 milioni.
 
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