la Repubblica, 19 gennaio 2023
Tu lo conosci Maurizio Lastrico? Intervista
InCall my agent - Italiadiretta da Luca Ribuoli che racconta i segreti dello star system — remake della celebre serie francese — da domani su Sky e in streaming su Now, Maurizio Lastrico è Gabriele, l’agente col cuore d’oro che segue Paola Cortellesi, chiamata a interpretare un kolossal in etrusco con Brad Pitt e poi giudicata troppo vecchia dagli americani. E deve dirglielo, dopo che l’attrice si è fatta spiegare tutta la storia degli Etruschi da Alberto Angela e ha rilasciato interviste entusiaste sul ruolo. «Fa ridere, non c’è dubbio», spiega l’attore, pm inDon Matteo, protagonista di un duetto con Maria Chiara Giannetta al Festival di Sanremo per cui ancora lo fermano, ora in tour nei teatri conLasciate ogni menata voi che entrate.
«La serie, scritta benissimo da Lisa Nur Sultan, racconta un mondo sconosciuto ai più». Nell’agenzia affacciata su Piazza del Popolo a Roma lavorano Elvira (Marzia Ubaldi), Vittorio (Michele Di Mauro), Lea (Sara Drago). Guest star nel ruolo di sé stessi Paolo Sorrentino che progetta Lady Pope con Ivana Spagna, Corrado Guzzanti, Pierfrancesco Favino, Anna Ferzetti, Matilda De Angelis, Stefano Accorsi.
Lastrico, le è capitato che le dicessero “troppo giovane”, “troppo vecchio”?
«InDon Matteo mi avevano preso a fare il pm, quando è arrivato il capitano Anna Olivieri ero troppo vecchio. Poi hanno voluto togliersi il dubbio. La mia agente mi fa: “Mi raccomando dormi, riposati bene”.
Poi credo che registi e produttori abbiano badato più all’intesa con Maria Chiara Giannetta. Nelle fiction vediamo madri che hanno due anni in più delle figlie, parti avvenuti all’asilo. In teatro è più accettabile».
“Chiami il mio agente” mostra il lato folle del suo mestiere: cose minime che diventano drammi, bugie. È così?
«Sì. Abbiamo un immaginario molto etereo, poi le problematiche sono anche pratiche, come quelle di chi si occupa di una cartoleria o un bar.
Gli agenti fanno un lavoro delicato, trattano esseri umani e nel lavoro mettono una parte di sé stessi».
Avrà visto le lagne dei suoi colleghi. Lei è capriccioso?
«Quando sono un po’ stanco, quando le cose si sovrappongono, sì. Quando riesco a fare una data in teatro, tutto si depura. Se sono un po’ stordito, do filo da torcere».
Non è venuto a vivere a Roma.
Vuole mantenere la giusta distanza o è legato al suo paese?
«Sono genovese, ho un profilo basso cabalistico, se prendessi casa a Roma, è come se fossi arrivato. Invece mi piace conquistarmi la casa in affitto tutte le volte che vinco un provino, sogni da provincialotto. Ho soggezione di Roma. Ho abitato a Trastevere, col prossimo lavoro vorrei vincere Testaccio».
Quando ha deciso che avrebbe
fatto l’attore?
«Sentivo che prima o poi avrei fatto i conti con la passione, ma avevo pensieri più razionali. Ho fatto tanti lavori, anche l’educatore. Ho provato a entrare alla Scuola del teatro di Genova, a 23 anni, è andata. Sono stato scritturato, poi il colpo diZelige le fiction. Carriera variegata».
I suoi genitori che ruolo hanno avuto?
«Mia madre ha capito che volevo cambiare, non su pressione mia ma con grande intelligenza emotiva, chiedendomi se fossi felice.
Ho fatto i primi spettacoli alla sagradi Sant’Olcese, ha ancora appeso l’orario delle lezioni dello Stabile di Genova. Ha avuto il coraggio di farmi avere il coraggio. I miei erano separati, papà è mancato due giorni prima del mio debutto aZelig.Aveva una comicità caustica, mi ha aiutato a sviluppare la parte umoristica».
Far ridere le persone è liberatorio?
«È una delle cose che fa sentire più amati, una risata è un abbraccio.
Tra poco dovrebbe andare in onda un’altra serie, Sei donne, in cui sono una vera canaglia. Amo cercare uno choc nel pubblico».