La Stampa, 19 gennaio 2023
Andrea Agnelli è uscito di scena
Si è dimesso da tutto, ma non da sostenitore della Juventus. «Avrete in me un grandissimo tifoso», dice Andrea Agnelli subito dopo il passaggio di consegne più difficile della sua vita. La consegna della maglia bianconera al nuovo presidente Gianluca Ferrero è l’ultimo atto che fa calare il sipario non solo su un’incredibile avventura durata 4.627 giorni, ma anche sul ruolo pubblico di questo manager 47enne che ha deciso di uscire anche dai consigli d’amministrazione di Stellantis ed Exor. «La mia volontà è di trovare una pagina bianca davanti da poter riaggredire e affrontare con passione - ha spiegato Agnelli agli azionisti bianconeri -: è una mia decisione personale e con le assemblee delle società quotate farò un passo indietro, d’accordo con John Elkann, con il quale il rapporto è solidissimo. Voglio affrontare il futuro come una pagina bianca, lo reputo indispensabile per avere una libertà di pensiero e intellettuale che altrimenti non avrei: non vedo l’ora di iniziare la nuova vita».
L’uscita di scena fa rumore, anche se Andrea Agnelli rimane nel board della Giovanni Agnelli B.V. (la cassaforte della Famiglia), e la necessità di staccare la spina va di pari passo con l’esigenza di difendersi nei processi penali e sportivi, senza pesare sulla Juventus e sulle società che lo vedevano impegnato come amministratore. L’ormai ex presidente bianconero fatica a trattenere la commozione in questo passo d’addio dopo 19 trofei vinti e un percorso dove non mancano ombre e luci. «Mia moglie e i miei bambini sono stati la parte fondamentale sulla quale mi sono appoggiato», ha sottolineato Agnelli ricordando le parole della moglie Deniz in un post sui social a fine novembre dopo le sue dimissioni. «Non vedo l’ora di ricominciare insieme - ha aggiunto -: ti amo, fino alla fine».
Una dolcezza intimistica ha chiuso l’ultimo suo messaggio al mondo bianconero, ma l’incipit era stato di tutt’altro tono. Più che un bilancio conclusivo, dove elencare gli obiettivi raggiunti e magari riflettere sugli errori commessi («È evidente che non abbiamo le competenze per fare tutti i business», l’unica ammissione), quello di Andrea Agnelli è stato un atto di accusa verso un sistema calcio che ha cercato di cambiare, senza riuscirci. Non nomina mai la Superlega, ma il riferimento è evidente e la speranza è quella di poter riaprire la partita con la sentenza della Corte di giustizia europea (attesa in primavera) per riprendersi quel che ha perso in questi anni. «Se io avessi voluto mantenere una posizione di privilegio – ha spiegato -, restando presidente Eca, membro del comitato esecutivo dell’Uefa e consigliere Figc, non avrei preso le decisioni dell’aprile 2021. Il calcio europeo ha bisogno di riforme strutturali, altrimenti ci sarà un decadimento a favore della Premier che marginalizzerà le altre leghe».
Un discorso che è stato ripreso sui propri social dalla società A22 Sports, quella della Superlega, e forse Agnelli pensa di iniziare la nuova vita proprio da lì. «I regolatori attuali non vogliono sentire e mantengono una posizione di privilegio - ha rilanciato -: sono un monopolio. L’auspicio è che lo sport professionistico venga riconosciuto come un’industria che fattura 55 miliardi. Ringrazio Real e Barcellona che insieme alla Juve hanno avuto coraggio di andare incontro alle minacce: saremmo stati sanzionati per provare a migliorare il calcio, ma siamo vicini a un possibile cambiamento». Quello bianconero c’è già stato.