La Stampa, 17 gennaio 2023
Quante sono le pompe di benzina che truffano in Italia?
Mentre i sindacati dei benzinai tengono il punto sullo sciopero di fine mese, l’Antitrust muove contro le compagnie petrolifere. Ieri, su richiesta dell’Autorità garante del mercato, il Nucleo specialedella Guardia di Finanza ha infatti ispezionato le sedi delle principali società petrolifere che operano in Italia, ovvero Eni, Esso, Italiana Petroli, Kuwait Petroleum e Tamoil che assieme controllano oltre il 70% del mercato dei carburanti.
I procedimenti, come ha spiegato l’Agcm in una sua nota, sono stati avviati anche sulla base della documentazione fornita dalla Gdf in merito alle infrazioni accertate sui prezzi dei carburanti praticati da oltre mille pompe di benzina (376 a marchio Eni, 40 Esso, 383 Ip, 175 Q8 e 48 Tamoil) distribuite su tutto il territorio nazionale.
L’Antitrust ha avviato le istruttorie in quanto la documentazione e i dati trasmessi nei giorni scorsi dalla Guardia di Finanza farebbero emergere da parte delle compagnie petrolifere condotte riconducibili alla omessa diligenza sui controlli rispetto alla rete dei distributori. La settimana scorsa le Fiamme gialle avevano reso noto di aver effettuato nel corso del 2022 ben 5.187 controlli agli impianti di distribuzione dei carburanti riscontrando ben 2.809 violazioni. In numerosi casi, segnala l’Antitrust, è risultata difformità tra il prezzo pubblicizzato e quello più alto in realtà applicato, in altri è stata invece riscontrata l’omessa esposizione del prezzo praticato, ovvero l’omessa comunicazione al portale «Osservaprezzi Carburanti», utile al consumatore per trovare la pompa con il prezzo più basso. In particolare, spiegano dall’Agcm, «Eni, Esso, Ip, Kuwait Petroleum e Tamoil non avrebbero adottato misure o iniziative idonee a prevenire e contrastare queste condotte illecite a danno dei consumatori».
«Stiamo prestando all’Autorità piena collaborazione – ha dichiarato ieri un portavoce dell’Eni - e confermiamo la totale correttezza del nostro operato nonché di avere già adottato da tempo ogni misura contrattuale od operativa contro eventuali comportamenti impropri». L’Unem (Unione energie per la mobilità, già Unione petrolifera),a sua volta difende l’operato delle compagnie, «certa che l’approfondimento con le aziende associate consentirà di comprendere le diverse e molteplici fattispecie contrattuali adottate dalle aziende e far emergere la piena correttezza del comportamento delle aziende stesse, che hanno definito i loro rapporti contrattuali con gli altri soggetti della filiera nel rispetto dei provvedimenti adottati in materia dal Garante».
«Finalmente l’Antitrust ha deciso di ipotizzare che è scorretto comunicare dati errati al ministero o, peggio ancora, mettere prezzi esposti falsi» commenta il presidente dell’Unione nazionale consumatori, Massimo Dona, che nel corso del 2022 aveva depositato «la bellezza di tre esposti sulle vere speculazioni avvenute a marzo senza aver ottenuto ancora alcuna condanna dopo oltre dieci mesi». All’epoca, ricorda Dona, con i prezzi al record storico, l’Unc aveva segnalato all’Agcm che in base ai dati comunicati dai benzinai al Mise oltre 650 comunicazioni «presentavano prezzi palesemente falsi, se non addirittura inverosimili», sotto 1,2 euro per litro. Nell’esposto venivano così ipotizzate sia la violazione delle norme introdotte nel 1999 circa la conoscibilità dei prezzi dei carburanti, sia la pratica commerciale scorretta, posto che i dati sbagliati pubblicati dall’Osservaprezzi potevano indurre in errore i consumatori.
Oggi alle 14.30 Faib, Figisc e Fegica sono state convocate al ministero delle Imprese per proseguire il confronto col governo avviato la scorsa settimana. Ai gestori delle pompe il decreto sulla trasparenza pubblicato sabato, soprattutto nella parte relativa alle sanzioni che rischiano i benzinai, non piace. E «a queste condizioni lo sciopero indetto per il 25 e 26 gennaio è confermato» fanno sapere le associazioni. «Sul caro carburanti continua lo scaricabarile del governo» afferma il presidente della Fegica, Roberto Di Vincenzo mentre il presidente nazionale della Figisc Bruno Bearzi avverte che «se nell’incontro al Mimit non si riparte dal decreto si conferma lo sciopero». Anche la Faib «conferma il giudizio di forte contrarietà sul nuovo decreto: trasparenza è obiettivo di tutti, ma decreto così com’è criminalizza solo la categoria». Contraria anche l’Unem, che oggi parteciperà al tavolo tecnico al ministero «per esprimere tutta la sua preoccupazione e contrarietà per le misure annunciate dal governo che riteniamo inutili e controproducenti per i consumatori stessi».