il Fatto Quotidiano, 18 gennaio 2023
Intervista ad Amy Goodman
Un tribunale con membri speciali come Daniel Ellsberg, la celebre fonte dei Pentagon Papers, e Noam Chomsky, Jeremy Corbyn, Stella Assange e intellettuali, avvocati, giornalisti. Si chiama Belmarsh Tribunal e questa settimana si riunirà a Washington Dc, a due passi dalla Casa Bianca, per denunciare la persecuzione di Julian Assange e chiedere al presidente Joe Biden di lasciar cadere le accuse. A presiederlo sarà la giornalista Amy Goodman, cofondatrice del celebre media indipendente Democracy Now! e il filosofo croato Srecko Horvat. Il Fatto Quotidiano ha parlato con Goodman.
Cosa pensa che accadrà ad Assange se verrà estradato negli Usa?
Non so se verrà estradato, ma se lo sarà, verrà processato e rischia oltre 170 anni di prigione. Non solo è orribile per lui a livello personale, ma per la libertà di stampa nel mondo e negli Stati Uniti. Voglio tornare a 12-13 anni fa, quando Assange e WikiLeaks pubblicarono il video Collateral Murder che riguardava un elicottero americano Apache che volava su una zona di Baghdad chiamata New Baghdad e vedendo un gruppo di uomini, sparava e ne uccideva dieci. Era il 12 luglio 2007. Cinque mesi prima, lo stesso elicottero in volo sull’Iraq avvistava due uomini che alzavano le mani per arrendersi. L’equipaggio sparò ai due uomini. Questi episodi sono stati descritti dagli stessi soldati americani negli Iraq War Logs. Ogni volta che parlo di questa vicenda e degli Iraq War Logs, che sono parte dei file pubblicati da WikiLeaks, il pubblico inorridisce e chiede: l’elicottero Apache ha sparato a due persone che cercavano di arrendersi? Se avessimo saputo di questi fatti a suo tempo, quello che accadde cinque mesi dopo non sarebbe mai accaduto, perché ci sarebbe stata un’indagine sull’episodio di febbraio. La libertà di stampa salva vite. Il libero flusso di informazioni è assolutamente cruciale per il funzionamento di una società democratica. È per questo che quello che ha fatto Julian Assange è così importante.
È una delle grandi ironie della storia, che mentre Assange rischia di passare la vita in prigione per aver ottenuto e pubblicato documenti segreti, l’ex presidente Trump e l’attuale Biden rischiano di finire sotto inchiesta con l’accusa di aver gestito documenti segreti in violazione delle leggi. Crede che queste due indagini innescheranno un dibattito pubblico sull’Espionage Act?
Questo è un tema molto importante: i milioni di documenti segreti che il governo americano possiede e i milioni di persone che vi hanno accesso. Il sistema di secretazione negli Stati Uniti è sfasciato. E questo è un problema di tutta la politica. Il politico la cui amministrazione ha incriminato Julian Assange, Trump, e il politico che continua a tenere in piedi le accuse contro Assange, Joe Biden, sono entrambi invischiati in scandali sulla gestione di documenti segreti. È necessaria una completa revisione dei file che negli Stati Uniti vengono secretati.
Come guarda al dibattito sull’Ucraina?
Io considero Democracy Now! un media globale della società civile, dove c’è spazio per il dibattito sui temi più cruciali e la guerra in Ucraina è uno di questi. È il nostro mestiere andare lì dove c’è silenzio. Noi abbiamo trasmesso il discorso del vescovo William Barber, una figura religiosa molto rispettata che continua il lavoro di Martin Luther King sulla giustizia sociale e ha fatto questo sermone alla vigilia di Natale dicendo che l’invasione dell’Ucraina da parte della Russia è immorale, illegale, causa vittime ed è a dir poco pericolosa, ma ha anche detto: serve la diplomazia adesso. L’ha detto fin dall’inizio. E non è l’unico: mille leader religiosi di varie confessioni si sono messi insieme a Natale per chiedere una tregua. E c’è un forte dibattito in Paesi come la Francia e la Germania. Il nostro ruolo è di andare là dove c’è silenzio, anche se il problema non è il silenzio, ma il fatto che il dibattito non raggiunge i media controllati dalla pubblicità. Mi chiedo se questo non abbia a che fare con il funzionamento dell’informazione negli Stati Uniti. Non parlo di Fox, parlo di Cnn, di Msnbc: ogni 5-6 minuti fanno una pausa pubblicitaria e di quali annunci pubblicitari parliamo? Di aziende che fabbricano armi, di aziende di gas e petrolio. Non funziona che ai giornalisti viene detto ‘non devi occuparti di un certo tema’. La censura negli Stati Uniti funziona soprattutto con giornalisti che sono consapevoli di quali temi avvantaggiano le loro carriere e quali invece li marginalizzano. Ma i giornalisti non esistono per vincere le gare di popolarità, il nostro lavoro è far conoscere al pubblico l’intero spettro delle opinioni e nel caso di Julian Assange è qualcosa di assolutamente cruciale. Per lui è una questione di vita o di morte.