il Fatto Quotidiano, 18 gennaio 2023
Il braccio di ferro tra Macron e i sindacati sulla riforma delle pensioni comincia domani e i francesi si preparano a un “giovedì nero”: scuole chiuse, treni e metro a rallentatore, “zero trasporti” a Parigi, disagi possibili anche negli aeroporti
Il braccio di ferro tra Macron e i sindacati sulla riforma delle pensioni comincia domani e i francesi si preparano a un “giovedì nero”: scuole chiuse, treni e metro a rallentatore, “zero trasporti” a Parigi, disagi possibili anche negli aeroporti. Lo sciopero si annuncia molto partecipato e riguarderà tutti i settori, educazione, trasporti, sanità, energia, funzione pubblica. A Parigi un corteo partirà da place de la République alle 14. Ma almeno 200 punti di raduno sono stati contati in Francia.
Per la prima volta da più di dieci anni, gli otto sindacati, compresa la più moderata Cfdt, si uniscono per bloccare una riforma giudicata ingiusta e che la maggior parte dei francesi (anche oltre il 70%, secondo alcuni sondaggi) rifiuta. La giornata di domani potrebbe essere quindi solo l’inizio di una mobilitazione più lunga. In passato l’ostinazione delle piazze ha fatto fare marcia indietro ai governi, come nel caso delle leggendarie proteste del 1995 contro il “plan Juppé”, già all’epoca sulle pensioni. Philippe Martinez, segretario della Cgt, il sindacato più radicale, vuole almeno un milione di persone nelle piazze e ritiene che “si possa fare meglio” del 1995: “È il governo ad aver acceso la miccia. Si prenda la sua responsabilità”. Anche Laurent Berger, segretario della Cfdt, prevede una mobilitazione “forte e lunga”: “È una delle riforme più brutali degli ultimi trent’anni – ha detto –. Un progetto che punta a assorbire il deficit del regime previdenziale, non una riforma di progresso sociale”.
Il testo sarà presentato in Consiglio dei ministri il 23 gennaio ed esaminato in Parlamento dal 6 febbraio, per entrare in vigore dall’estate. Ma i capisaldi della riforma sono già stati presentati dalla premier Elisabeth Borne. L’età del pensionamento slitterà gradualmente, fino al 2030, dai 62 anni attuali a 64 (e non 65 come era stato annunciato in un primo tempo). Per andare in pensione a tasso pieno bisognerà versare 43 anni di contributi dal 2027 (e non più dal 2035). Chi ha cominciato a lavorare prima dei 16 anni, potrà però andare in pensione a 58 anni, chi ha iniziato tra i 16 e i 18 anni a 60. Saranno soppressi alcuni regimi previdenziali speciali, per esempio nel settore dell’energia, alla Banque de France e alla Ratp, i trasporti pubblici di Parigi. La pensione minima a tasso pieno sarà portata a 1.200 euro netti (l’85% del minimo salariale). Macron aveva inserito la riforma già nel suo programma elettorale per l’Eliseo del 2017. Ma il progetto, avviato nel 2019, fu accantonato dopo settimane di scioperi, con l’arrivo della pandemia. Per il governo la riforma serve a rendere “sostenibile” il sistema previdenziale che, secondo il Cor, il Consiglio di orientamento delle pensioni, sarà in rosso di 10,7 miliardi di euro nel 2027.
Ma tra inflazione e caro-bollette, la riforma arriva in un momento di tensioni sociali già forti. La Cgt ha già annunciato altre cinque date di sciopero, e il rischio di sciopero a oltranza, nei settori dell’energia e dei trasporti di Parigi. Alcuni si sono precipitati a fare il pieno di benzina all’auto per evitare di incorrere in disagi simili a quelli generati dal lungo blocco delle raffinerie dell’autunno. Nella regione di Parigi alcune stazioni di servizio si sono già ritrovate a secco. In Parlamento il partito di Macron, Renaissance, che non ha maggioranza assoluta, cercherà l’appoggio dei Républicains, il partito della destra che, agli occhi delle opposizioni, funge ormai da “stampella” al governo. A portare avanti la battaglia sarà la Nupes, l’alleanza delle sinistre, che appoggia i cortei. La France Insoumise ha anche promosso una “marcia per le pensioni”, sabato, cui hanno aderito diversi movimenti degli studenti. Farà battaglia anche Marine Le Pen: “Il governo sta truffando i francesi”, ha detto la leader dell’estrema destra che, bandita dai sindacati, non raggiungerà le manifestazioni e osserverà lo sciopero dal Senegal, dove si trova per tre giorni. Secondo alcuni osservatori, sarà lei soprattutto a trarre profitto dall’impatto sociale della contestata riforma, che colpisce soprattutto le classi popolari, le più propense a votare Le Pen.
Anche Laurent Berger ha parlato di “rischio RN”, temendo che la rabbia delle piazze di oggi si riverserà un giorno nelle urne.