Questo sito utilizza cookies tecnici (propri e di terze parti) come anche cookie di profilazione (di terze parti) sia per proprie necessità funzionali, sia per inviarti messaggi pubblicitari in linea con tue preferenze. Per saperne di più o per negare il consenso all'uso dei cookie di profilazione clicca qui. Scorrendo questa pagina, cliccando su un link o proseguendo la navigazione in altra maniera, acconsenti all'uso dei cookie Ok, accetto

 2023  gennaio 18 Mercoledì calendario

Intervista a Massimo Ghini e Paolo Ruffini

Il bel palazzo dove vive, tutto il suo mondo, è proiettato sullo sfondo, i personaggi si muovono su un piano inclinato. Il destino di Philippe si compie quando precipita dal parapendio: costretto su una sedia a rotelle riscopre il gusto della vita grazie a Driss, badante che non lo tratta come una porcellana preziosa. Il filmQuasi amici di Olivier Nakache e Éric Toledano con François Cluzet e Omar Sy diventa uno spettacolo teatrale. La nuova strana coppia è formata da Massimo Ghini e Paolo Ruffini, l’idea è venuta al produttore Michele Gentile di Enfiteatro, l’adattamento e la regia sono firmati da Alberto Ferrari. A giudicare dalla reazione entusiasta del pubblico che affollava il teatro a Montecatini (da domani sarà in scena al Verdi di Firenze, quindi in giro per l’Italia, con tappe a febbraio a Bologna e a Roma) la coppia piace.
Due mondi a confronto, l’amicizia nasce poco a poco ed è commovente pensare che si ispiri a una storia vera, quella di Philippe Pozzo di Borgo e del suo aiutante Abdel Yasmin Sellou. In scena con i protagonisti Claudia Campolongo, l’inflessibile governante Yvonne, Francesca Giovannetti, Leonardo Ghini, Giammarco Trulli, Alessandra Barbonetti, Diego Sebastian.
Prima reazione quando vi hanno proposto di fare “Quasi amici”?
Ruffini. «Con Massimo ci conosciamo dal 2005, abbiamo girato tanti film insieme, l’ho diretto inRagazzaccio. È bastato sapere che c’era» .
Ghini. «Con Paolo c’è alchimia, funzioniamo per contrasto. Pensavo che avessero già fatto un adattamento teatrale, il film è stato un tale successo. Invece è la prima volta al mondo».
Le difficoltà?
Ghini. «In palcoscenico non ero mai stato fermo due ore, e in più mi assumo la responsabilità, all’inizio, di essere uno stronzo super borghese: incontro una specie di animale e alla fine me ne innamoro».
Ruffini. «La spietatezza, il senso della realtà di Driss, si scontra col carattere di Philippe: ok è disabile. Vi posso deludere? Ci sono persone insopportabili anche tra loro».
Va in scena la lotta di classe.
Ghini. «Entriamo in una dimensione che è meno francese, Paolo non è nero, è l’ incontro/scontro tra il ricco e il povero, il colto e l’ignorante. E però c’è anche uno scambio umano e umanitario, sentimentale» .
Ruffini. «Driss ha bisogno di denaro per mantenere la famiglia, scopriamo qualcosa della sua vita. Io insegno a Philippe la leggerezza e lui mi insegna a volare. Poi c’è la critica sociale quando dico: “Ma perché i camioncini dei disabili sono brutti?”, o quando parlo delle coperte, anchenegli ospedali, tutte color topo. Costa di più metterla celeste con il sole?».
E infatti regala a Philippe una bella coperta scozzese allegra.
Ghini. «Questa è una cosa pensata da Paolo. Ha ragione quando dice che alcune cose, all’apparenza banali, sono sostanziali. Tante persone in carrozzina ci hanno aspettato per ringraziarci, è stato emozionante».
Grazie a Driss, trionfa il politicamente scorretto: che ne pensate?
Ruffini. «Se avessimo detto quello che c’era nel film… Ma su, il politicamente corretto è legato al fascismo, se uno vuole un film politicamente corretto torna nel 1938 quando c’era quel signore che arringava il popolo. La verità è che oggi quello che possiamo dire o non dire, lo decidono Paolino da Pappiana o Real giaguaro.
Fasciodemocrazia, sui social scrivono in stampatello. Evitare di non fare una battuta su qualcuno è il primo modo di escluderlo: magri, grassi, cinesi, islamici, allora non voglio battute sugli eterosessuali di 44 anni di Livorno. La Wertmüller non avrebbe più potuto far dire a Giannini, “bottana industriale”».
Ghini. «Voglio che ci sia un modo di confrontarsi, non l’ipocrisia. Philippe ironizza anche su se stesso quando fa la battuta: “Dove lo trova un tetraplegico? Dove l’ha lasciato”».
Ruffini. «Sa come rivolterebbero a Livorno la parabola di Gesù che cammina sulle acque? “Dé, guarda quello lì, non sa neanche nuotare”. Il filmQuasi amici è bello, ma i francesi non sono più coraggiosi di noi. Non è che Monicelli, Scola o Risi, fossero meno caustici o non sapessero analizzare la società».
Col MeToo le donne hanno denunciato le molestie: che pensate dell’intimacy coordinator?
Ghini. «L’argomento è delicatissimo: esistono i maleducati e gli scorretti.
Le scene d’amore sono le più imbarazzanti, la troupe ti guarda, la luce non va bene, sposta il braccio, gira la testa. La mia risposta è “Taffetà”, come nella scena del treno inFrankenstein junior in cui i protagonisti si salutano col gomito».
Ruffini. «Ha ragione Massimo. La realtà è serissima, ma ci tengo a sottolineare che le attrici italiane recitano perché sono bravissime. Poi, certo, nessuno deve subire ricatti.
Chi commette un illecito deve pagare e bisogna denunciare».