Questo sito utilizza cookies tecnici (propri e di terze parti) come anche cookie di profilazione (di terze parti) sia per proprie necessità funzionali, sia per inviarti messaggi pubblicitari in linea con tue preferenze. Per saperne di più o per negare il consenso all'uso dei cookie di profilazione clicca qui. Scorrendo questa pagina, cliccando su un link o proseguendo la navigazione in altra maniera, acconsenti all'uso dei cookie Ok, accetto

 2023  gennaio 18 Mercoledì calendario

La Cina è in calo demografico dopo 40 anni

Il dato peggiore dal 1961, da quando cioè il gigante asiatico usciva dalla tremenda carestia provocata dal furore rivoluzionario del Grande balzo in avanti voluto da Mao. Nel 2022 appena concluso, per la prima volta in più di sessant’anni, la popolazione cinese ha iniziato a calare: i morti superano i nati. E d’ora in avanti la discesa sarà continua.
Dato non inaspettato - visto il numero dei bebè che da 6 anni continua a scendere - ma arrivato in anticipo rispetto alle previsioni: alla fine dello scorso anno la Cina contava 1,41 miliardi di persone, 850mila in meno rispetto al 2021. Nonostante gli incentivi per incoraggiare le coppie ad avere più figli, i nuovi nati sono stati 9,56 milioni, in calo rispetto ai 10,62 dell’anno precedente. I morti 10,41 milioni (lieve aumento rispetto ai 10,14 del 2021, anche se non è chiaro se i dati sulla popolazione abbiano risentito dell’ultima ondata di Covid visto che la Cina è stata accusata di sottostimare i morti causati dal virus).
Una discesa che preoccupa la leadership comunista e che potrebbe tirare il freno a mano alla crescita di cui il Dragone ha bisogno, mettendo a rischio pure l’ambizione di Xi Jinping di superare gli Usa. Un calo che potrebbe avere conseguenze a lungo termine per l’economia sia nazionale sia globale, visto che il Paese è risorsa cruciale di manodopera e di domanda che alimenta la crescita della Cina e del mondo intero. Un declino, inoltre, che potrebbe far perdere al Paeselo status di nazione più popolosa: quest’anno dovrebbe registrarsi, infatti, il sorpasso dell’India.
Da anni il Partito-Stato cerca di rimediare al crollo demografico e ai matrimoni in picchiata. Problemi che l’Occidente conosce bene ma un trend che qui ha le radici nella politica del figlio unico portata avanti per decenni (abbandonata dal 2016) e che ha causato squilibri di genere pazzeschi: oggi in Cina ci sono oltre 30 milioni di uomini in più rispetto alle donne. Donne che, visto il livello di istruzione che cresce, spesso di accasarsi e figliare ancora non ci pensano affatto. Una bomba demografica che va ricercata anche nel costo crescente dell’educazione per i bambini che le famiglie devono sostenere. Tutti fattori a cui si è aggiunta la pandemia e le incertezze che ha portato nelle esistenze di milioni di cinesi.
Il sogno di Xi Jinping del “ringiovanimento nazionale” entro il 2049 deve fare i conti con un Paese che all’anagrafe, invece, sta già diventando anziano: un invecchiamento che ridurrà la forza lavoro facendo impennare i costi del welfare. “Wei fu xian lao”, “diventare vecchi prima di diventare ricchi”: questa l’espressione che riassume bene le paure dei cinesi. Il 62% della popolazione è in età lavorativa, in calo rispetto al 70% di un decennio fa. Una carenza di manodopera che ridurrà anche il gettito fiscale e i contributi a un sistema pensionistico già sottoposto a enormi pressioni. Entro il 2035, si prevede che 400 milioni di persone avranno più di 60 anni. La Cina sta seguendo una traiettoria familiare a molti Paesi e questo calo storico non era inaspettato. L’anno scorso Pechino ha ammesso che si era sull’orlo di un declino che sarebbe probabilmente iniziato entro il 2025. È già arrivato.
«La popolazione cinese ha iniziato a diminuire 9-10 anni prima rispetto alle proiezioni, il che significa che la vera crisi demografica va oltre ogni immaginazione e che tutte le passate politiche economiche, sociali, di difesa ed estere erano basate su dati errati», sostiene Yi Fuxian, esperto di demografia all’Università del Wisconsin, in un report condiviso con Repubblica .
Sul fronte economico sono arrivati anche i dati del Pil. I peggiori da 40 anni, se si esclude il 2020 pandemico. Una crescita nel 2022 del 3%, ben al di sotto del target annunciato del 5,5%, ma che ha retto grazie ai risultati del quarto trimestre dell’anno appena concluso, migliori del previsto, che fanno sperare. «I dati sono ancora molto deboli ma prevediamo una solida ripresa nel 2023», scrivono gli analisti di Bloomberg. Il vicepremier Liu He, da Davos, prova a rassicurare: «Se lavoriamo sodo, la crescita tornerà al suo trend normale».