La Stampa, 18 gennaio 2023
I bambini in carcere
L’arresto di Matteo Messina Denaro è una buona notizia ma, per un vecchio sentimentale come me, ieri ne è arrivata una migliore. Nel giro di qualche mese lo slogan “Mai più bambini in carcere” smetterà di essere un jingle delle buone intenzioni perdute nei labirinti delle legislature, nelle ripicche fra partiti, nelle retromarce per non irritare l’elettorato più sanguinario. Senz’altro saprete che quando una madre finisce in carcere, si porta con sé i figli con meno di sei anni d’età. Attualmente sono una ventina, ovvero una ventina di troppo: quant’è disastrosamente ironica la loro età dell’innocenza trascorsa in cella, da innocenti al quadrato? Ho sempre trovato affascinante che, non potendo separare le mamme dai loro piccoli, anziché tirare fuori le prime si è deciso di portare dentro i secondi. Spiega bene che razza di teste abbiamo. Ma ogni tanto anche le nostre teste si sistemano e ieri le opposizioni, in particolare il Pd su iniziativa di Debora Serracchiani, hanno dato prova di come si deve ricoprire il ruolo, cercando di migliorare le cose anziché dedicarsi programmaticamente a guastare quelle del governo. Hanno ripreso in mano una proposta di legge sfumata con la chiusura in anticipo della scorsa legislatura, e hanno chiesto una dichiarazione d’urgenza, cioè una corsia preferenziale. E la maggioranza, per una volta riposta la contraerea, s’è astenuta cedendo dunque il passo alla richiesta. In pochi mesi potremo avere una legge che porta le madri detenute e i loro bimbi in case famiglia: una legge civile, voluta da un’opposizione civile e accompagnata da una maggioranza civile. Per una volta.