Avvenire, 17 gennaio 2023
No al teschio della morte sulla bottiglia
Francamente, non me l’aspettavo. Bruxelles ha dato l’ok agli alert sanitari sulle bottiglie di vino. Già non capisco che senso abbiano gli allarmi sui pacchetti di sigarette: tu sei lo Stato, hai messo nella Costituzione che il tuo compito è proteggere la salute dei tuoi cittadini, allora come puoi vendere, in regime di monopolio (cioè: tu vendi questo prodotto, ma impedisci che chiunque altro possa venderlo), un prodotto ma nel contempo decidi di contrassegnarlo con l’ammonimento che chi lo usa può ammalarsi e addirittura morire? Il messaggio che trasmetti contraddice la ragione per cui esisti, perché con quel messaggio tu Stato dici: io fabbrico (ieri) o faccio fabbricare (oggi) e vendo questo prodotto altamente nocivo, dunque faccio del male a voi cittadini, ma con questo mercato ci guadagno, quindi faccio del bene a me. Perciò: morite ma datemi soldi.
Ho sempre pensato, ma so che scriverlo è audace, che fabbricare e vendere sigarette sia incostituzionale. Lo Stato potrebbe (anzi, dovrebbe) essere condannato per questo. Credo d’averlo anche scritto. Ma non succede nulla. Una volta, quando prendeva piede l’informazione sui mali prodotti dal fumo, sui pacchetti di sigarette veniva stampigliato il teschio della morte, con la scritta: “Il fumo uccide”. Per lo Stato era un problema economico: era enorme la somma che lo Stato ci rimetteva per le malattie polmonari e per le assenze dal lavoro. Il fumo, e lo dico da non-fumatore, era indicato come causa di molti malanni e di nessun beneficio, se non la rilassatezza che conferisce a chi ormai ne patisce la dipendenza. Ma per il vino non è così.
Per il vino si può accusare l’abuso ma non l’uso. L’uso ha una tradizione trimillenaria e ha creato una cultura raffinata. Ci sono i popoli del vino e i popoli della birra, e i popoli della birra considerano più raffinati i popoli del vino. “Volete qualcosa da bere?” chiede una sorella Buddenbrook al fratello che la va a trovare. “Sì, grazie” risponde quello. “Birra o vino?”. “Come volete voi”. “No no, come volete voi”. “Vino, grazie”. “Davvero non volete birra?”. “Come volete voi”. “No no, come volete voi”. “Allora vino, grazie” risponde lui piccato. Thomas Mann mette questo dialogo nei Buddenbrook come esempio di rozzezza: tutti, anche quelli che bevono birra, sanno che il vino è più raffinato. Il vino è cultura: bevendo vino nei lirici greci si festeggiava la morte del tiranno. Col vino si concludono gli affari, e il mediatore offre un bicchiere al compratore e uno al venditore. Nel vino si può sentire, io la sento, la composizione minerale delle colline che l’han prodotto. Sull’Amarone della Valpolicella sento il sole del lago di Garda. È come bere il sole.
Perciò dico: sulla bottiglia mettiamo una foto delle colline che han nutrito le vigne, non un simbolo mortuario. Se poi all’estero vogliono boicottare i nostri vini perché loro non reggono il confronto, cerchino di migliorare.