il Giornale, 17 gennaio 2023
Le sfere di bronzo di Arnaldo Pomodoro a Matera
Matera è il luogo delle metafore, dalla città dei Sassi alla città-gioiello. E, metafora per metafora, cosa di meglio delle sfere di bronzo di Arnaldo Pomodoro che, perfettamente levigate all’esterno, si «rompono» e si aprono davanti allo spettatore, manifestando i segreti meccanismi interni, così come le abitazioni rupestri scavate nella roccia della Murgia materana si aprono davanti al visitatore rivelando meraviglie?
E così la città abitata più antica della Storia, dal paleolitico alla «vergogna nazionale» degli anni Cinquanta fino all’orgoglio mondiale di oggi – la città scolpita – ha invitato il più grande scultore vivente per una mostra unica. Arnaldo Pomodoro, 96 anni, fama internazionale, in perenne lavoro con le mani e con la testa: opere, idee, progetti, mostre. Ecco l’ultima in ordine di tempo: chiamato da Raffaello De Ruggieri, presidente della Fondazione Zétema, e da Antonio Calbi, direttore scientifico, lo scultore di Morciano di Romagna, che da settant’anni ormai vive e lavora a Milano, ha accettato di portare un gruppo di sue opere al Musma, il Museo della scultura contemporanea dentro Palazzo Pomarici, un edificio del Seicento, con ben sette ipogei, nel cuore della Civita di Matera. Titolo della mostra, che durerà un anno, fino al 7 gennaio 2024: Teatro del tempo. Curata dallo stesso Antonio Calbi, lucano di nascita e internazionale per visione, raccoglie una serie di pezzi che dallo spazialismo ai lavori per il teatro – cronologicamente dal 1958 al 1988 – stringono per la prima volta e concretamente il legame fra Pomodoro, massimo interprete della scultura contemporanea, e la città scolpita nel tufo che fin dagli anni Settanta ha ospitato tutti i più grandi scultori del Novecento: Pietro Consagra, Fausto Melotti, Arturo Martini, Duilio Cambellotti, Francesco Somaini, Roberto Sebastian Matta, Kengiro Azuma... Tra le opere esposte nella Sala delle feste di Palazzo Pomarici, la star è L’inizio del tempo n. 2, del 1958: un enorme pannello in piombo – due metri e settanta per due metri e trenta – che è insieme una indagine sullo Spazio, e sulla superficie, e un’osservazione del Cosmo, cioè il tempo. Mai vista prima in un museo, l’opera è stata esposta per decenni nel corridoio di una scuola tedesca, lo Schiller-Gymnasium di Colonia. Segnata dai grafiti degli studenti, dall’incuria e dagli anni, è stata riportata in Italia, restaurata dallo stesso artista (e qui c’è il filmato di Arnaldo Pomodoro che, novantaseienne, nello studio di Milano, lavora alla seconda vita della sua creatura) e ora portata qui a Matera. Appesa, nel suo nero profondo, su una parete rosso-cardinalizio, è impressionante.
Poi, fra le altre opere in mostra, una splendida e labirintica Macchina del tempo (1960) in lamiera, rame e ottone, e diversi lavori legati ai progetti scenici realizzati da Pomodoro a partire dagli anni Ottanta: il modello per la gigantesca testa di cavallo per Didone regina di Cartagine di Christopher Marlowe, messa in scena sulle rovine del terremoto di Gibellina nel 1986; un incredibile costume «kafkiano» in legno e tessuto (è ispirato al tema dello scarabeo, animale corazzato all’esterno, come l’uomo, ma fragilissimo internamente) per l’Oedipus Rex di Igor Stravinskij rappresentato a Siena nel 1988; e soprattutto un grande modello in bronzo del Portale realizzato sempre per l’Oedipus Rex di Stravinskij e che collega direttamente la mostra con un progetto ambizioso della Fondazione Zétema e della città di Matera. L’idea – «O il sogno», ammette Antonio Calbi – è monumentale, come le opere di Pomodoro. Recuperare il portale originale, che divenne il grande portale «Marco Polo» dell’Expo Shanghai del 2019 (ora è chiuso, smontato, in un deposito della Fondazione Pomodoro: è alto 12 metri e largo 10 con due battenti ognuno di cinque metri), fare fondere in bronzo la facciata posteriore, che manca, e collocarlo proprio qui di fronte, sulla Murgia, al di là dello strapiombo del torrente Gravina – il punto esatto si vede dalle finestre del museo – per farne una grande porta da cui offrire una nuova «visione» di Matera. «Vorrei lanciare una campagna che individui una decina di mecenati, con 100mila euro ciascuno, per realizzare i lavori e festeggiare i trent’anni del riconoscimento Unesco dei Sassi come Patrimonio dell’Umanità: 1993-2023». Un’installazione pubblica à la Pomodoro che proseguirebbe sulla scia – tra le tante – della Sfera grande (1966-67) nel Piazzale della Farnesina a Roma, l’enorme Disco (1980) di Piazza Meda a Milano, il Colpo d’ala (1988) di Los Angeles, la Sfera con sfera (1996) di oltre tre metri di diametro nel piazzale delle Nazioni Unite a New York... Che spettacolo sarebbe?
Lo spettacolo della città millenaria, intanto, continua. Qui attorno è un via vai di comparse, attrezzature, tecnici. Sessant’anni dopo il Vangelo di Pier Paolo Pasolini e venti dopo La passione di Cristo di Mel Gibson, si torna a girare un film religioso, questa volta genere comedy, e completamente black. Si intitolerà Pins and needles (Formicolio), protagonista Omar Sy, lo dirige Jeymes Samuel, è ispirato alla Bibbia e ambientato nell’anno zero. Ci lavorano 300 persone della produzione, cento delle quali maestranze locali, sono impiegati circa 2500 figuranti e la ricaduta sul territorio alla fine sarà di circa 20 milioni di euro. Siti archeologici, architettura, arte, scultura, cinema. Tutta Matera come un grande teatro del tempo.