Questo sito utilizza cookies tecnici (propri e di terze parti) come anche cookie di profilazione (di terze parti) sia per proprie necessità funzionali, sia per inviarti messaggi pubblicitari in linea con tue preferenze. Per saperne di più o per negare il consenso all'uso dei cookie di profilazione clicca qui. Scorrendo questa pagina, cliccando su un link o proseguendo la navigazione in altra maniera, acconsenti all'uso dei cookie Ok, accetto

 2023  gennaio 17 Martedì calendario

Scrivere bene e razzolare male

È morto qualche giorno fa Paul Johnson, storico e giornalista inglese che divenne famoso in Italia nel 1989, quando la Longanesi decise di pubblicare Gli intellettuali. Dove Johnson, passato dalla sinistra laburista alla destra thatcheriana, per diventare infine più genericamente «scrittore anticonformista», spulciava biografie illustri con l’obiettivo di cogliere lo scarto tra teorie predicatorie (spesso umanitarie e «di sinistra») e vite private tutt’altro che irreprensibili. Da una parte la pretesa di insegnare delle verità assolute, dall’altra la penosa condotta personale. Dove sta la coerenza? Il gioco era facile e il catalogo folto. Ma bastino pochi esempi. Quello che con le sue opere voleva presentarsi come l’uomo più virtuoso del suo tempo, Jean-Jacques Rousseau, un giorno mise un bigliettino tra i vestiti del suo primo figlio, avuto dalla domestica, e ordinò alla levatrice di depositare il pacco al brefotrofio. Degli altri quattro figli che nacquero dalla stessa Thérèse si sbarazzò allo stesso modo (senza mettere nessun bigliettino). Il suo ex amico Diderot lo descrive «bugiardo, vanesio, ingrato, crudele, ipocrita e malvagio». Il giovane Tolstoj scrisse nel suo diario che il mondo femminile era «un male necessario della vita sociale». Il giorno del matrimonio con Sonja Behrs, arrivò alla cerimonia con un’ora di ritardo. Più in là pretese che lei leggesse integralmente sui suoi diari i resoconti delle visite ai bordelli e degli amplessi con le amiche della madre di lei. E fece di peggio. Hemingway era definito da sua moglie il più grande contaballe dopo il barone di Munchhausen. Il marxista Brecht mirava solo all’autopromozione e al successo: firmò un patto con il regime sovietico senza rinunciare a un editore occidentale e a un conto in Svizzera. In compenso quasi tutte le donne che lo amarono finirono in ospedali psichiatrici. Con i tempi che corrono, ce ne sarebbe abbastanza per dichiararli politicamente scorretti e mandarli tutti all’Indice. Si salva dai ritratti di Johnson l’ispiratore di questa rubrica, George Orwell, che nel ‘36 partecipò alla guerra civile spagnola. E all’amico Cyrill Connolly che da turista in Aragona gli comunicava la sua «partecipazione» alla causa, scrisse: «Peccato che non ti sei spinto fin qui, mi avrebbe fatto piacere offrirti il tè in una trincea».