la Repubblica, 17 gennaio 2023
Colf, badanti e baby sitter: buste paga su del 9,2%
Una stangata che per le famiglie può arrivare fino a 116 euro al mese in più per una baby sitter o un collaboratore domestico non convivente, e a 94 euro al mese per una badante convivente. Ma anche una boccata d’ossigeno per i lavoratori che, evento raro in Italia, mettono a segno un adeguamento retributivo che mette al riparo quasi completamente dall’inflazione. Dal momento che non è stato raggiunto alcun accordo tra associazioni datoriali e sindacati, da questo mese scatta per i lavoratori domestici l’adeguamento all’80% dell’indice Istat per le retribuzioni minime: da gennaio aumenteranno del 9,2%, mentre l’indennità per vitto e alloggio sale del 100%.
Le associazioni degli imprenditori denunciano «la totale chiusura mostrata nel corso della trattativa dalle parti sociali rispetto alle esigenze delle famiglie datrici di lavoro domestico». I sindacati ricordano che l’aumento è dovuto sulla base di un accordo, suggellato dal contratto collettivo di lavoro. Inoltre, secondo la Filcams Cgil l’inflazione rappresenta un problema ancora più grave per «i nuclei sostenuti da lavoratrici e lavoratori che, come quelli impiegati in ambito domestico, hanno livelli retributivi particolarmente bassi, che negli ultimi anni non sono stati convenientemente aggiornati al costo della vita». Anche il responsabile lavoro domestico UilTucs Mauro Munari ricorda che «gli effetti dannosi dell’inflazione e del caro prezzi colpiscono anche colf, badanti e baby sitter ed anche le loro famiglie».
Un dialogo tra sordi, insomma, che avrebbe dovuto trovare terreno comune proprio nel riconoscimento del fatto che l’inflazione pesa su tutti: anche le famiglie deidatori di lavoro, ricorda Andrea Zini, vicepresidente Fidaldo e presidente di Assindatcolf (rispettivamente federazione e associazione datoriale) «a loro volta sono composte da lavoratori e da pensionati», chiamati «a sostenere molti sacrifici, a cui oggi, purtroppo, se ne aggiunge un altro». Le associazioni non chiedevano la mancata o parziale corresponsione degli aumenti, ma la loro dilazione nel tempo. Adesso, calcola Assindatcolf, nel caso delle badanti assunte con orari lunghi o in regime di convivenza la retribuzione minima passerà da 1.026,34 euro a 1.120,76 euro, oltre 94 euro in più al mese, a cui si aggiungerà anche l’aumento dei contributi, portando il costo totale annuo da 17.177 a18.752 euro, 1.575 euro in più. Può essere ancora più pesante l’impatto sui collaboratori assunti a tempo pieno non conviventi: lo stipendio, spiegano i sindacati, aumenta da un minimo di 61,10 euro mensili per il livello A ad un massimo di 116,64 per il livello D super.
A molte famiglie, a fronte di questi aumenti a cui non corrispondono analoghi adeguamenti di salari o pensioni, denuncia Assindatcolf, non rimarrà altra via che ricorrere al sommerso: il rischio «è che molti dei lavoratori oggi in regola scompaiano nel nero», dice Zini, che chiede dunque al governo «misure concrete a sostegno delle famiglie». Almeno sotto a questo aspetto, c’è una convergenza con i sindacati: anche la Filcams chiede «investimenti finalizzati a sostenere le necessità di cura ed assistenza a bambini e disabili che, ad oggi, sono tutte sulle spalle delle famiglie e delle lavoratrici e dei lavoratori, che, proprio per la disattenzione delle istituzioni, hanno meno diritti e tutele, pur svolgendo un servizio fondamentale per l’organizzazione delle famiglie e della società».