Corriere della Sera, 17 gennaio 2023
Il tesoro estero di Angelucci
Antonio Angelucci vuole comprare «Il Giornale» dalla famiglia Berlusconi. La trattativa sembra in dirittura d’arrivo. Il quotidiano milanese, fondato nel 1974 da Indro Montanelli, affiancherebbe altri due giornali nazionali dell’imprenditore romano, re delle cliniche: «Il Tempo», storica testata della Capitale controllato dalla Finanziaria Tosinvest; e «Libero» delle grandi firme Vittorio Feltri (direttore editoriale) e Alessandro Sallusti (direttore responsabile) che fa capo a una Fondazione di famiglia.
Affari e politicaI verbali del consiglio di amministrazione della Fondazione San Raffaele, la compravendita del 40% di Libero e le carte lussemburghesi ci aiutano a entrare nel cuore dell’impero Angelucci, 200 milioni di ricavi tra sanità, immobili, facility management ed editoria. Nell’editoria e nell’impegno politico, in particolare, Antonio Angelucci, 78 anni, emerge come abile uomo d’affari e di relazioni. Lo dimostrano due elementi. Il primo: pur avendo asset per 343 milioni (di cui 41 milioni in opere d’arte) custoditi in Lussemburgo e regolarmente contabilizzati anche grazie a un vecchio scudo fiscale, e pur essendo Angelucci uno dei parlamentari più ricchi con 3,75 milioni di reddito imponibile 2021 (4 nel 2020, 5 nel 2019), la famiglia ha ottenuto negli anni per «Libero» decine di milioni di contributi pubblici (nel duplice senso che pagano i contribuenti e che sono alla luce del sole).
Il secondo: l’onorevole Angelucci da 14 anni è in Parlamento, prima con Forza Italia e ora con la Lega, ma da 14 anni non lo si vede quasi mai alla Camera; ha il record negativo di presenze alle votazioni: tra lo 0,41% e il 3,2% degli anni di maggiore impegno.
Cassa nel GranducatoI tre figli non hanno quote, nemmeno Giampaolo l’unico a rivestire ruoli di rilievo nel gruppo. Antonio, secondo le dichiarazioni antiriciclaggio, possiede il 100% della holding lussemburghese Three, 343 milioni di patrimonio, compresi 41 milioni in opere d’arte conferite nel 2017. La Three controlla il gruppo sanitario San Raffaele (157 milioni di ricavi, 9 di utile, 3 mila posti letto in 22 strutture sanitarie) e la Finanziaria Tosinvest (67 milioni di fatturato, 6,6 di perdita) cui fanno capo, tra l’altro, Palazzo Botteghe Oscure, Villino Foschi e Palazzo Aracoeli a Roma.
Poi c’è l’ibrido, la Fondazione San Raffaele. Formalmente non fa parte del gruppo ma indiscutibilmente è di famiglia. La governance, «atipica», prevede che l’assemblea dei fondatori, ovvero Angelucci padre e i tre figli, nomini i tre membri del cda per tre anni. Solo che ogni anno sistematicamente un manager si dimette per «ragioni personali» e fa scattare la clausola simul stabunt simul cadent che azzera il cda. Così ogni anno i fondatori nominano gli amministratori per un triennio. È un’arma di potere legittima ma che toglie autonomia e indipendenza ai consiglieri, consapevoli del meccanismo.
La presidenza a RoccaFrancesco Rocca, candidato del centrodestra (coalizione dell’onorevole Angelucci) alla presidenza della Regione Lazio (dove ha sede gran parte delle strutture sanitarie del gruppo San Raffaele) è entrato nel cda nel 2019 sottoponendosi al rito del simul stabunt, è diventato presidente, ha spedito le dimissioni il 28 ottobre 2022 (primi rumors sulla candidatura) ed è stato sostituito il 14 novembre.
La Fondazione San Raffaele (8 milioni di patrimonio e perdita di 1,2 milioni nel 2020) non pubblica i bilanci, è un ente non profit, gestisce alcune attività sanitarie e controlla al 100% l’Editoriale Libero che prende in affitto la testata «Opinioni Nuove-Libero Quotidiano». Lo schema fondazione + testata beneficiaria dei contributi dà accesso ai fondi per l’editoria (ne godono un centinaio di testate). Per il 2021 Libero, che ha chiuso il bilancio con 15 milioni di ricavi e un piccolo utile, ha ottenuto 5,4 milioni (uno dei top-budget).
Il mistero dello statutoTuttavia lo statuto della Fondazione dice che l’ente, «apolitico e apartitico», ha lo scopo di contribuire all’ «esplorazione di nuove strade nella ricerca... nel trattamento di ogni forma di disabilità … disporre liberalità con finalità assistenziale e/o di ricerca» ecc. Ed è categorico nell’affermare che «la Fondazione non potrà svolgere alcuna altra attività se non quelle previste dallo statuto». Nel quale non c’è una sola parola che faccia riferimento anche lontanamente all’editoria o a quote di società editoriali. Eppure il 9 novembre 2020 la Fondazione ha comprato dalla Finanziaria Tosinvest per 7,8 milioni (rate fino al 2025) un ulteriore 40% dell’Editoriale Libero di cui già possedeva il 60%. Oggi Libero rappresenta una fetta preponderante del patrimonio della Fondazione.
Resta da capire chi sia il titolare della testata «Opinioni Nuove-Libero Quotidiano» che l’Editoriale Libero, percettore dei contributi pubblici, prende in affitto. Non si va lontano: è la Finanziaria Tosinvest che si fa pagare 500 mila euro annui.