il Fatto Quotidiano, 16 gennaio 2023
Sorrentino vuole fare un film su Partenope
Due tipi di attenzione si concentrano sulla sirena Partenope: il visionario talento di Paolo Sorrentino (un altro film sull’amata Napoli partendo da questa mitica figura) e l’approccio mitografico, storico e archeologico: è da poco uscito un bel saggio – Napoli prima di Napoli. Mito e fondazione della città di Partenope (edizioni Salerno) – di Daniela Giampaola, già responsabile ministeriale del patrimonio archeologico del capoluogo campano, e di Emanuele Greco, che è stato ordinario di Archeologia classica nell’Università di Napoli L’Orientale, nonché direttore della Scuola archeologica italiana di Atene.
Non sappiamo se quella di Sorrentino sia solo un’idea o già un progetto. Nota saccente sulle iconografie da scegliere: le sirene nelle immagini più antiche (notissima un’anfora attica a figure rosse del British Museum, databile al 480-470 a. C., che ce le presenta alle prese con Ulisse nella vicenda mitica su cui ritorneremo fra poco) non sono creature un po’ donna uno po’ pesce come la Sirenetta di Hans Christian Andersen: sono donne alate, e questa primitiva versione non sparirà del tutto nemenno quando si affermerà la nuova. La quale sarà scelta, fra l’altro, proprio per l’ottocentesca statua di Partenope stessa in Piazza Sannazaro a Napoli!
Iconografie a parte, la prima apparizione è nel XII libro dell’Odissea: le sirene sono due, e tentano di ammaliare cantando Ulisse (che si fa legare all’albero della nave) e i suoi compagni (che si tappano gli orecchi con la cera) nel loro difficoltoso navigare nel Golfo di Napoli… Un “debutto” in cui non si fanno nomi, ma altri autori (Licofrone nel III a. C., Strabone nel I d. C., ecc.) parleranno di Partenope, Licosa, Ligeia, figlie di Acheloo (a sua volta figlio del Titano Oceano e di Teti) e di una musa: Afrodite le trasformò in donne-uccello per aver rifiutato il matrimonio. In successive tragiche leggende, le sirene si suicidano inabissandosi nel Golfo di Napoli, ma poi i loro corpi sono restituiti dal mare, e dove ognuna di esse tocca terra nasce un loro culto. Per Partenope, secondo alcune versioni del mito, il suicidio sarebbe conseguenza di un fulmineo, non corrisposto amore per Ulisse nell’episodio narrato da Omero, anche se come s’è visto il poeta non la nomina.
Molti autori antichi (come il già ricordato Strabone, oppure nel III secolo a. C. Eratostene, direttore della Biblioteca di Alessandria) e recenti (Giampaola e Greco forniscono una ricchisima bibliografia) si sono esercitati nell’individuare i luoghi degli approdi dei corpi, nonché il sito, citato da varie fonti, in cui sorse un “santuario delle sirene”: quest’ultimo è stato individuato in località Piano di Sorrento. Anche in questo caso per Partenope esistono versioni “personalizzate”: il suo corpo approda a Napoli. Non solo: in un romanzo anonimo del II-III secolo d. C. Partenope è una bellissima fanciulla amata dal frigio Metioco. Appare quindi come sposa e madre, e questa fecondità la rende in certo senso più consona a un mito di fondazione di città.
Fondazione che accadde, nella storia reale, nell’VIII secolo a. C.: il luogo, dopo lunghe discussioni, si individua in Pizzofalcone. Coloni provenienti dall’isola di Eubea avevano fondato poco prima Pithekoussai (Ischia) e Cuma, e i Cumani a loro volta fondarono, oltre a Parthenope, Dicearchia, Pozzuoli e Miseno. Segue una plurisecolare vicenda di ricostruzioni, la più radicale delle quali, nel V secolo a. C., si deve all’arrivo di nuovi coloni, fra cui gruppi di ateniesi: radicale al punto che la città cambia nome, e diventa Neapolis, “città nuova”. Gli ateniesi importano anche una loro tipica gara, la “corsa con le fiaccole”, per venerare la memoria della sirena: gara che sarà ripresa, in epoca romana, in onore di Augusto.
Il libro ci conduce attraverso le trasformazioni della città, che si conoscono meglio dopo i grandi scavi successivi al terremoto del 1980 e dopo quelli per la metropolitana: impianto urbano nel suo complesso, agorà, teatro, mura, templi… L’agorà, delimitata a nord e a sud dalle antiche strade cui oggi si sovrappongono Via Anticaglia e Via di San Biagio dei Librai, diventerà il foro della città romana. A quest’ultima appartiene anche la scoperta più recente, il santuario dei giochi Isolimpici in onore di Augusto: gli Italica Rhomaia Sebastà Isolympia (in greco Sebastà significa appunto Augusti) istituiti nel 2 a. C., che sembrano in qualche modo istituire un culto dell’imperatore ancora vivente.
Ps, Piccola stranezza: se per dire “napoletani” si dice talvolta “partenopei”, magari con una sfumatura di ironia, oppure alludendo ai calciatori dello squadrone allenato da Luciano Spalletti, per dire “Napoli” non si dice mai “Partenope”. Va’ a capire perché…