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 2023  gennaio 16 Lunedì calendario

Medici a gettone: numeri choc

Gli errori commessi in vent’anni di politica sanitaria sono oggi la causa di un fenomeno che, senza contromisure immediate, rischia di paralizzare il servizio sanitario nazionale: la mancanza di specialisti e la conseguente diffusione, senza regole, dei medici a gettone. Gli ospedali per coprire i buchi di organico appaltano alle cooperative, che i medici invece li hanno perché ingaggiano neolaureati, pensionati, liberi professionisti e chi ha lasciato il servizio sanitario perché stremato e sottopagato. I gettonisti sono pagati per i turni che svolgono, di solito 12 ore la notte, nei fine settimana e nei festivi. Dataroom è in grado di quantificarne per la prima volta le dimensioni nelle principali regioni del Nord Italia: solo nel 2022 i turni appaltati in Lombardia, Veneto, Piemonte ed Emilia-Romagna superano i 100 mila. Vediamo cosa nasconde questo numero e perché è stata superata la soglia d’allarme.


Dai Ps alle Terapie intensive
In Lombardia, secondo i dati forniti dalla Regione, i turni gestiti dalle cooperative sono oltre 45 mila, così ripartiti: 14.682 in Pronto soccorso, 9.960 coinvolgono gli anestesisti da fare entrare in sala operatoria e per le Terapie intensive, e 20.515 in altre specialità, tra cui Pediatria, Ginecologia-Ostetricia, Cardiologia, Psichiatria, Radiologia e Ortopedia. Il Fatebenefratelli di Milano con il suo Pronto soccorso di centro-città ha appaltato 703 turni; il Ps di Lecco con i presidi di Merate e Bellano 4.674; quello di Varese con i presidi di Tradate, Cittiglio, Luino e Angera 1.800 e quello della Valtellina con i presidi di Sondrio, Sondalo, Chiavenna e Morbegno 1.080.


In Veneto mancano 124 medici per i Ps, 75 anestesisti, 28 ginecologi e 20 pediatri, la conseguenza si traduce (sempre secondo i dati forniti dalla Regione) in 42.061 turni appaltati, di cui 15.490 in accettazione e Pronto soccorso, 9.990 per gli anestesisti delle sale operatorie e per le Terapie intensive, 3.729 in Ostetricia e Ginecologia e 2.604 in Pediatria. In Piemonte i dati del 2022 riguardano solo il Pronto soccorso, e sono 14.400. Il calcolo è della Società italiana di Medicina di Emergenza-Urgenza (Simeu), perché i numeri ufficiali della Regione sulle prestazioni esternalizzate al momento sono aggiornati al 2021, ed erano i seguenti: quasi 25 mila turni di cui il 31% in accettazione e Ps, 20% in Ginecologia e un altro 20% in Pediatria, 12% in Anestesia e Rianimazione, e complessivamente il 17% tra Medicina interna, Ortopedia e Radiodiagnostica.


Nella più virtuosa Emilia-Romagna il fenomeno è meno diffuso, ma comunque presente. Secondo i numeri forniti dall’assessore alla Sanità Raffaele Donini, 225 i turni appaltati al Ps di Ferrara negli scorsi mesi, mentre sono tuttora appaltati: 8 notti al mese al punto di Primo presidio di Santa Sofia (Forlì-Cesena); 60 turni mensili che da gennaio 2023 diventeranno 76 al Pronto soccorso di Carpi e Mirandola (Modena); 36 ai punti nascita di Mirandola; e dal 9 dicembre 30 turni mensili più 10 pronte disponibilità all’Ostetricia e Ginecologia di Carpi. Sempre a Carpi e Mirandola a gennaio è partito un nuovo appalto di un anno da 3,2 milioni per Pronto soccorso e Ginecologia.


Cosa dicono i dati
Da questa fotografia inedita emerge che alla carenza di medici per i turni d’emergenza in Pronto soccorso, in Ostetricia e in Pediatria si affianca una mancanza di medici che si sta estendendo anche alle altre specialità. È la riprova dei danni fatti negli anni dal blocco del turnover, i continui tagli alla sanità e da una programmazione sbagliata sul numero di medici da formare. Ma non finisce qui. Tra gli ospedali in difficoltà per i buchi di organico spesso ci sono i più piccoli, scarsamente attrattivi per i medici e con pochi pazienti. Nel 2015 il decreto ministeriale 70 voluto dall’allora ministro della Salute Beatrice Lorenzin prevede che i reparti che non hanno un’attività minima devono essere riconvertiti in ambulatori di prima assistenza o chiusi, anche e soprattutto per ragioni di sicurezza: quando si fanno pochi interventi manca l’assistenza in caso di complicazioni. In realtà quel provvedimento rimane in larga parte lettera morta.


I rischi per i pazienti
Il problema oggi è la scarsità di garanzia di qualità delle cure ai pazienti poiché l’utilizzo dei medici a gettone non segue nessuna regola. La competenza e la lucidità dei turnisti dipendono solo ed esclusivamente dal livello di serietà delle cooperative che li selezionano e che vincono appalti: spesso l’unico requisito richiesto è il «minor prezzo». La conferma del rischio di inadeguatezza del servizio offerto arriva da un’indagine dei Nas che dalla metà di novembre ai primi di dicembre ha svolto verifiche a campione su 1.525 medici delle cooperative in tutta Italia. Risultato: sono stati trovati dottori arruolati in ostetricia senza nessuna formazione per fare i parti cesarei, altri in Ps senza avere competenze in Medicina d’urgenza, ultra 70enni, o già dipendenti di altri ospedali che facevano di nascosto i doppi turni per la cooperativa. Mentre otto sono state le denunce per frode nelle pubbliche forniture. E in assenza di regole è anche difficile eseguire controlli: com’è possibile, per esempio, scovare il medico che dopo avere smontato il turno di 12 ore in un ospedale, senza osservare le ore di riposo, va a lavorare in un altro per accumulare gettoni, ossia soldi? Inoltre, tra i medici a gettone ci sono neolaureati in Medicina senza esperienza che si trovano a eseguire diagnosi.


Stipendi a confronto
Un medico ospedaliero assunto da più di 15 anni guadagna 52 euro lordi all’ora, per 6 ore e 20 minuti al giorno da contratto (che però vengono sempre superate) per 267 giorni l’anno. Il calcolo tiene conto di un giorno di riposo settimanale, 36 di ferie e 10 di festività. In totale il salario annuo lordo è poco più di 85 mila euro. Gli stessi soldi un medico a gettone li guadagna facendo 84 turni da 12 ore, poiché la paga oraria minima in Ps e in Anestesia è di 87 euro lordi. Certo, a suo carico il gettonista ha ferie e malattia, ma c’è chi arriva a cumulare anche 20 turni al mese con uno stipendio che cresce esponenzialmente.


Le soluzioni-tampone
Il governo non è ancora intervenuto per regolare il fenomeno, così le Regioni cercano soluzioni in proprio aumentando la paga oraria: da 60 a 100 euro ai medici ospedalieri disponibili a turni extra. Il Veneto lo fa dallo scorso maggio, il Piemonte e l’Emilia-Romagna con la legge di Bilancio dello scorso dicembre. Quest’ultima permette anche agli ospedali di contrattualizzare direttamente liberi professionisti in aggiunta ai dipendenti. Mentre da fine settembre la Lombardia promuove accordi tra ospedali pubblici dove chi ha medici disponibili li manda a fare turni extra dove c’è bisogno sempre a 100 euro l’ora. Così le Regioni puntano a ridurre il ricorso alle cooperative, anche perché trattandosi di somministrazione di pura manodopera, si potrebbe configurare una violazione del Codice civile. È evidente che queste soluzioni tampone non possono protrarsi nel tempo perché gravano su un personale sanitario già sfiancato da oltre due anni di pandemia. Il tema è sempre lo stesso: una programmazione sanitaria in grado di formare i medici di cui c’è bisogno, e poi pagarli il dovuto per non farli scappare. Ebbene, ancora una volta dalla legge di Bilancio non arriveranno investimenti. Paradossalmente si è discusso di più dell’abbattimento dei cinghiali.