La Stampa, 16 gennaio 2023
Gesù era pacifista?
Gesù era pacifista? Chiarire il proprio punto di vista è essenziale per l’interpretazione di ogni cosa, ma a maggior ragione di fronte alla questione sollevata. Se è vero infatti che la soggettività dell’interprete entra sempre in gioco, è altresì vero che alla domanda «Gandhi era pacifista?» è difficile rispondere di no e alla domanda «Hitler era pacifista?» è difficile rispondere di sì. Invece, nel caso di Gesù vi sono detti e azioni che portano a pensare di sì e altri di no. Per questo la posizione dell’interprete risulta decisiva ed è probabile che se voi ascoltate un biblista, uno storico o un teologo pacifista dirà che Gesù era pacifista, e viceversa nel caso contrario.
Occorre inoltre chiarire preliminarmente cosa significa essere pacifista e cosa si intende con pace. Pacifista, a mio avviso, non è semplicemente chi vuole la pace, ma chi vuole la pace più di qualunque altra cosa e fa della pace il suo assoluto, superiore all’economia, alla patria, all’onore, e anche alla giustizia, alla religione, alla libertà, alla vita. Per il pacifista la pace è il valore di fronte a cui ogni altro si deve piegare, perché mai e poi mai si deve cadere nella sua negazione che è la violenza della guerra. Se questo significa essere pacifista, Gesù era pacifista?
Occorre inoltre chiarire il concetto di pace. Sono note le parole fatte pronunciare da Tacito a un nemico dei romani: «Rubano, massacrano, rapinano e, con falso nome, lo chiamano impero; infine, dove fanno il deserto, dicono che è la pace». Il soggetto sono i romani, la realtà descritta è la pax romana, cioè la pace come pacificazione scaturita dall’imposizione della forza e cristallizzazione dell’ingiustizia. Si tratta di vera pace? Un modo diverso di considerare la pace è ritenerla non mera assenza di guerra ma assenza di ingiustizia perché ognuno ha ricevuto il suo. È la prospettiva di Cicerone: «Il nome della pace è dolce… ma fra la pace e la schiavitù vi è moltissima differenza. La pace è sicura libertà (tranquilla libertas), la schiavitù invece è l’estremo di tutti i mali, da respingere non solo con la guerra ma anche con la morte». È lo stesso concetto del concilio Vaticano II: «La pace non è la semplice assenza della guerra, né può ridursi al solo semplice rendere stabile l’equilibrio delle forze contrastanti, né è effetto di una dispotica dominazione, ma essa viene definita con tutta esattezza "opera della giustizia"». Torna la domanda: Gesù era pacifista?
Io ritengo non sia possibile rispondere con certezza in un senso o nell’altro perché vi sono pagine evangeliche a favore del sì e altre a favore del no. Ecco i passi più importanti a favore del sì: Le Beatitudini, in particolare la settima «Beati gli operatori di pace», la terza «Beati i miti» e la quinta «Beati i misericordiosi»; la non-violenza e il porgere l’altra guancia («Avete inteso che fu detto: Occhio per occhio, dente per dente; ma io vi dico di non opporvi al malvagio; anzi, se uno ti dà uno schiaffo sulla guancia destra, tu porgigli anche l’altra»); l’amore dei nemici; la sua autopresentazione («imparate da me, che sono mite e umile di cuore»); il perdono da esercitare sempre; la tolleranza delle posizioni diverse: «Chi non è contro di noi è per noi».
Ed ecco alcuni passi a favore del no, di Gesù non pacifista e a volte neppure molto pacifico: «Non crediate che io sia venuto a portare pace sulla terra: sono venuto a portare non pace, ma spada»; «Il regno dei cieli subisce violenza e i violenti se ne impadroniscono»; l’intolleranza delle posizioni diverse («Chi non è con me, è contro di me»); lo stile polemico e violento delle sue controversie con gli scribi e i farisei; l’episodio dei mercanti scacciati dal tempio in cui i veri non-violenti furono i mercanti che non reagirono alla sua violenza; il fatto che i suoi discepoli girassero armati e che tra di loro vi fosse almeno uno zelota, cioè un partigiano della resistenza armata contro i romani.
Cosa pensare? Io penso che Gesù amasse la pace e la volesse. Ma che intendesse la pace non necessariamente come assenza di conflitto ma come realizzazione della giustizia (non a caso diceva «Beati gli affamati e gli assetati di giustizia»), e per questo non si sottraeva ai conflitti e talora li creava. Anche lui, quindi, aveva a che fare con le contraddizioni della storia: volere la pace, volere anche la giustizia. Quindi antinomia. È la nostra stessa condizione: vogliamo la pace, ma non possiamo sottrarci del tutto alla necessità della guerra. E sia chi è a favore dell’invio di armi all’Ucraina sia chi è contrario, se riflette, forse si scopre qualche volta in disaccordo con se stesso.
Tale antinomia si rispecchia perfettamente nella tradizione cristiana. Il cristianesimo è una religione pacifista? Nella sua storia ha prodotto più guerra o più pace? Oggi nel mondo produce più guerra o più pace? Non mi riferisco solo alle guerre vere e proprie come quella attuale tra Russia e Ucraina (in cui le chiese ortodosse giocano un ruolo abbastanza considerevole), ma anche alla nostra società e ai suoi conflitti sulla bioetica e sulla gestione delle risorse pubbliche per le scuole: in questi ambiti il cristianesimo produce più guerra o più pace, più conflittualità o più armonia?
Esiste però un dato storico che porta a propendere per il non pacifismo di Gesù: la sua crocifissione. Essa era la pena capitale che l’Impero romano assegnava ai sediziosi, e mostra che Gesù fu punito come ribelle politico, perché in caso contrario non sarebbe stato giustiziato mediante crocifissione.
La questione a questo punto è: Gesù intese veramente ribellarsi all’Impero romano o i romani lo trattarono come tale dietro pressione delle autorità ebraiche, come sostengono gli evangelisti? Crocifiggendolo, i romani desideravano non avere grattacapi con le autorità ebraiche e quindi cedettero a malincuore alla realpolitik? Oppure è più logico pensare che se Pilato avesse voluto liberare Gesù, l’avrebbe fatto serenamente senza per nulla preoccuparsi degli ebrei, ai quali aveva modo di imporre subito una bella calmata, e che se invece crocifisse Gesù fu perché aveva visto in lui un potenziale pericolo per il suo governo? La questione del pacifismo di Gesù è legata alla questione ancora più spinosa della responsabilità della sua morte.
A mio avviso i romani crocifissero Gesù non perché teologicamente blasfemo ma perché politicamente ribelle. Lo indica la scritta che Pilato fece apporre alla croce, il cosiddetto titulus crucis: «Gesù Nazareno Re dei Giudei» (Iesus Nazarenus Rex Iudeorum) laddove è evidente che "re" è un titolo politico. A ciò va ricondotto anche il messaggio centrale di Gesù, "il regno di Dio", che va inteso non come una realtà metafisica, ma come un’azione divina che avrebbe trasformato la Storia, facendola passare da dominio romano a dominio di Dio, con la conseguente restituzione dell’indipendenza a Israele. Per questo i romani crocifissero Gesù: perché vedevano in lui una minaccia politica.
Gesù ha insegnato a porgere l’altra guancia e si tratta di un insegnamento bellissimo che spezza il vortice della violenza. Io però posso porgere l’altra guancia solo se la guancia colpita è la mia. Ma se è quella di mia figlia, non posso più farlo, e se lo faccio vengo meno al mio dovere di padre. Lo stesso vale per lo Stato: se un suo territorio viene attaccato, non deve porgere un altro territorio ma deve difendere i suoi cittadini attaccati. Io penso che da tutto ciò possiamo trarre la seguente conclusione: la non chiarezza dei testi evangelici è la situazione migliore per esercitare in modo più responsabile il nostro libero discernimento, e così essere non automatici esecutori del pensiero altrui ma persone libere che sanno leggere e interpretare responsabilmente in prima persona quei "segni dei tempi" di cui parlava Gesù, operando sempre, così come possiamo, a favore del bene e della giustizia.