La Stampa, 16 gennaio 2023
La principessa e il Caravaggio
La storia è complessa e prima di iniziare bisogna conoscerne i protagonisti. Al centro c’è Lei: Villa Aurora, meglio conosciuta come il Casino dell’Aurora, quattrocento sessantatré anni portati discretamente, ma non nel migliore dei modi. Proprietà di una famiglia della (fu) grande nobiltà italiana, i Boncompagni Ludovisi, che a Roma hanno dato due papi e possono vantare un rione omonimo.
Già abbastanza, ma la villa al momento è più di questo. Nell’ordine: un’eredità contesa; un immobile all’asta giudiziaria; un complesso storico di interesse nazionale avviato al decadimento; e il luogo in cui, superata qualche parete scorticata, si può ammirare l’unico affresco esistente di Caravaggio. Da ultimo, per tutte queste ragioni, negli ultimi mesi il palazzo è anche il set e l’oggetto di un documentario. Fra le stanze gelide del Casino – non c’è l’impianto di riscaldamento – un cameraman e una producer americani seguono, durante il colloquio con La Stampa, la co-protagonista della vicenda: la principessa Rita Boncompagni Ludovisi, nata Rita Carpenter a Sant’Antonio, Texas, nel 1949. «Abbiamo appena mandato un video-messaggio su Whatsapp al ministro della Cultura Gennaro Sangiuliano», spiega all’ingresso. Per dirgli cosa? «Per favore, venga a visitare la villa, ho bisogno del suo aiuto».
Il motivo per cui la principessa chiede un soccorso ministeriale è nell’ultimo atto di un lungo contenzioso giudiziario. Il 9 gennaio, il Tribunale di Roma le ha fatto arrivare un ordine di sfratto: ha un minimo di 15 e un massimo di 60 giorni per andarsene dall’edificio in cui ha vissuto dal 2009. Come si è arrivati a questo punto. Nel 2018 il principe Nicolò Boncompagni Ludovisi muore e lascia alla moglie Rita metà del suo patrimonio e il diritto di abitare per il resto dei suoi giorni a Villa Aurora. Eredi sono però anche i figli che l’uomo ha avuto dal precedente matrimonio – Francesco, Ignazio e Bante – a cui spetta una parte dei proventi in caso di vendita del palazzo seicentesco. I tre contestano subito alla moglie del defunto padre il diritto di risiedere nell’edificio e il tribunale, nel 2022, impone effettivamente che l’immobile debba essere venduto per questioni di tasse e per questioni di debiti (alimenti arretrati dovuti dal principe all’ex moglie). «Non capisco perché questa conflittualità, andavamo d’accordo», sospira la principessa. La complicazione è che il Casino dell’Aurora, oltre alle varie sale affrescate dal Guercino, è più di tutto «un Caravaggio con una casa intorno» – la principessa riferisce la definizione, ma sottolinea di non amarla – e la vendita si rivela tutt’altro che semplice. Prezzo di partenza a gennaio 2022: 471 milioni di euro. Impegnativo persino per i super ricchi del pianeta, figuriamoci per lo Stato che potrebbe esercitare sì il diritto di prelazione, ma dopo l’offerta di un privato. E dunque l’asta va deserta per cinque volte, con una progressiva diminuzione di valore del 20 per cento a ogni tentativo: il prossimo sarà il 6 aprile, offertissima di 140 milioni. «Ormai non è una vendita, è una svendita», commenta amaro al fianco della principessa Anthony Majanlahti, storico canadese e archivista dei documenti dei Boncompagni Ludovisi (comprensivi, fra l’altro, di alcune lettere fra Maria Antonietta e Luigi XVI). «Sono ancora sotto choc dopo aver visto il sito dell’asta giudiziaria – aggiunge il professore – un patrimonio storico come questo viene venduto fra un set da pesca da 40 euro e un trattore pignorato a una fattoria». Fino all’eventuale acquisto la principessa Rita ha comunque il diritto di continuare ad abitare nella villa. E allora perché lo sfratto? Secondo l’ordinanza della giudice Miriam Iampelli del Tribunale di Roma, Rita Boncompagni Ludovisi «non ha adeguatamente mantenuto e tutelato il compendio in uno stato di buona conservazione». La prova sarebbe in un pezzo di marmo crollato da uno dei muri esterni, lato via Aurora, tuttora recintata per non minacciare l’incolumità dei passanti. «Hanno chiuso la strada, ma la lastra caduta è grande meno di un metro», si giustifica la nobile inquilina. Meno di un metro, ma di certo più di quello che basterebbe a fare secco un passeggiatore accidentale.
«Il muro esterno ha 138 anni. Come posso esserne responsabile? Nessuno ha controllato perché quel pezzo si è staccato – dice la principessa – eppure la giudice ha deciso che è colpa mia». Lo sfortunato incidente si aggiunge a un’altra accusa: la giudice – spiega Rita - è convinta che la consorte ereditiera organizzi tour non autorizzati all’interno della villa. Illegali perché il diritto di abitazione, previsto dal testamento, non prevede che dalla casa si possa trarre alcun profitto.
«C’è qualcuno che ci controlla, siamo osservati – ipotizza la principessa – ma quelli contestati erano eventi privati». Cita, per esempio, il pranzo organizzato a marzo scorso con le Figlie della rivoluzione americana, un’organizzazione di donne con una quale discendenza da antenati che abbiano combattuto per l’indipendenza Usa. Prima di vivere in una villa con una stanza – un tempo laboratorio alchemico – che ha un Caravaggio sul soffitto («Mi capitava di fare yoga qui», racconta), Rita Carpenter ha attraversato molte vite: la docente di Politica a Sant’Antonio, la moglie di un parlamentare dem, il volto copertina di Playboy, la giornalista per l’intrattenimento di Fox News. Solo per dirne alcune. Quando ha conosciuto il principe era a capo di un’agenzia immobiliare di alto livello a New York. «Ho venduto a Donald Trump il palazzo della General Motors, so quello che faccio – ripete – posso essere utile nella trattative su Villa Aurora». Ora invece dovrà risolvere un altro problema. I suoi legali preparano l’appello contro l’ordinanza di sfratto. Se non dovesse vincerlo, dal 10 marzo i carabinieri sarebbero autorizzati a intervenire per allontanarla dal Casino dell’Aurora.