La Stampa, 16 gennaio 2023
La crisi della Croce Rossa
La Croce Rossa chiede soccorso. Non quella nazionale, che scaricata la sua valanga di debiti a una bad company, la «Esacri» istituita nel 2016, ora va avanti senza fardelli, grazie anche al surplus di appalti e commissioni piovuti dal cielo per via dell’emergenza pandemica, come rimarca nella sua ultima relazione del 2022 la Corte dei Conti. Il problema sono le miriadi di sedi locali, che con la privatizzazione sono diventate autonome anche dal punto di vista del bilancio e dove i commissariamenti fioccano. Un processo in atto da qualche anno, che va a cozzare proprio con lo spirito della privatizzazione, la quale - in ottemperanza allo statuto di Ginevra - si prefiggeva di garantire la piena autonomia rispetto alla politica. Che ha spesso esercitato il suo controllo sulla Cri proprio attraverso i numerosi commissariamenti succedutisi negli anni. E che ora si ripropongono a livello locale, per beghe interne, lotte intestine di un ente da sempre troppo attiguo ai partiti. Ma più spesso per mala gestio. Il che maschera il rischio di nascondere la polvere sotto i vari tappetini dei bilanci regionali.
Il comitato Croce Rossa di Crotone, ad esempio, è stato commissariato per la terza volta nell’arco di otto anni a causa di «una preoccupante situazione sia associativa che amminstrativo-gestionale». Leggasi assunzioni familiaristiche, stipula di un sub comodato con la locale Asp non consentito dalla legge, assenza di attività di volontariato. Perché mentre si assumevano parenti stretti dei vertici del comitato, l’attività «è stata svolta per la quasi totalità sempre dalle poche decine di volontari, di cui buona parte risulta sistematicamente assunta a rotazione come dipendente a tempo determinato», riporta la relazione che ha portato al provvedimento. Esempio emblematico di quel che fu l’«assumificio» del vecchio carrozzone della Cri pre-privatizzazione, che con un 90% di spese per il personale era arrivata ad accumulare oltre 335 milioni di debiti, nonostante 160 milioni di finanziamento statale.
La cattiva gestione è ugualmente all’origine del commissariamento della Cri di Como. Rimborsi non dovuti, buoni pasto dei dipendenti usati per spese personali, veicoli di pronto soccorso pagati più del dovuto in cambio di sconti per le auto private, mezzi dotati ai vigili del fuoco e poi rivenduti compongono il lungo elenco delle irregolarità riscontrate. Sarebbero quasi 135 mila gli euro sottratti indebitamente dall’ex presidente del comitato di Como, mentre spese illecite con la carta di credito Cri per 17 mila euro sono state contestate a un dipendente. A entrambi le Fiamme gialle hanno sequestrato denaro e beni per oltre 150 mila euro dopo aver analizzato i flussi finanziari della Cri comasca.
A Vercelli la locale Croce Rossa è commissariata da quasi sei mesi ed è alle prese con una difficile situazione economica, con lo spettro di esuberi tra il personale dipendente. Il presidente regionale della Cri, Vittorio Ferrero, ascrive alle minori donazioni ricevute le difficoltà economiche. Ma intanto l’ultimo deficit accertato per il 2021 è di 130 mila euro.
A Frosinone i magistrati amministrativi del Tar hanno invece stoppato il commissariamento. Ma dietro la decisione, contrariamente a quel che si potrebbe pensare, c’è proprio la riprova della gestione allegra del Comitato locale della Cri. Quella a suo tempo denunciata dall’allora presidente Antonio Rocca, imprenditore di Cassino che nulla ha a che vedere con l’ex presidente nazionale della Cri, quel Francesco Rocca oggi candidato dalla destra alle regionali nel Lazio. Sempre a proposito dell’aderenza allo Statuto della Cri, che tra i principi fondamentali mette in cima alla lista proprio quelli dell’«imparzialità, neutralità e indipendenza». L’«altro» Rocca aveva comunque denunciato spese sospette per 300 mila euro da parte di chi lo aveva preceduto. Accuse che hanno spinto il Rocca nazionale a chiedere il commissariamento della Cri ciociara, imputandole, tra l’altro, di «aver attirato l’attenzione degli organi di stampa a seguito della consegna alla Guardia di Finanza del bilancio di esercizio del 2019». Quasi un avvertimento rispetto a chi magari la polvere sotto il tappeto non vuole nasconderla. Fatto sta che i giudici hanno dato ragione all’ex presidente ciociaro, considerando il commissariamento frutto «di una ricostruzione manifestatamente distorsiva» dei fatti.
Difficoltà economiche sono alla base anche del commissariamento della Cri del Sud pontino, mentre la Cri di Pavia fatica a pagare gli stipendi, visto che a libro paga ne ha ancora ben 70. Sempre il debito sarebbe all’origine del commissariamento della Cri di Follonica (Grosseto). Anche se nel verbale con il quale la regione Toscana ne fa richiesta si legge che la mancata approvazione del bilancio sarebbe «da attribuire a un chiaro clima di tensioni interne, generate da fazioni opposte». Lotte intestine che ritroviamo anche dietro i commissariamenti delle Cri di Limone Piemonte (Cuneo), Guastalla (Reggio Emilia), Castelfranco (Arezzo), Fontanellato (Parma) e Sampeyre, sempre in provincia di Cuneo.
L’elenco potrebbe allungarsi ma ci fermiamo qui. Per cercare di capire come stanno andando invece le cose al livello nazionale, dove al posto di Francesco Rocca alla guida della Cri è arrivato Rosario Velastro, che già ricopriva la carica di vice presidente: dopo la privatizzazione che ha portato nel 2016 ad accollare tutti i debiti alla bad company Esacri, la Cri, senza più fardelli alle spalle, nel 2020 ha visto crescere il suo attivo del 13,9% rispetto all’anno precedente, certifica l’ultima relazione della Corte dei Conti del settembre scorso. Dove però si rimarca anche che questo è avvenuto grazie a un forte aumento della produzione, pari al 68,2%, frutto anche delle convenzioni sottoscritte con le amministrazioni pubbliche e delle donazioni ricevute per fronteggiare l’emergenza Covid. Come andrà in tempi di pace si vedrà.