La Stampa, 16 gennaio 2023
Canfora spiega perché Dante non era di destra
Allora professor Canfora, ha sentito il ministro della cultura Gennaro Sangiuliano che ha definito Dante come il fondatore del pensiero di destra in Italia?
«Non è una novità».
Già Almirante, mi pare, sosteneva la stessa cosa...
«Molto prima. Durante il fascismo c’erano vari interpreti più o meno autorevoli della profezia del "veltro", che vincerà il male e lo caccerà da ogni terra, Inferno, Canto 1, verso 105, secondo i quali Dante annunciava l’arrivo di Mussolini per salvare l’Italia. Il nostro ministro non è il primo».
Luciano Canfora, filologo classico, storico del mondo antico, saggista e autore prolifico tradotto in tutta Europa, negli Usa come in Russia e negli Emirati Arabi Uniti, definisce queste abitudini «un po’ buffe, persino ridicole».
Eppure, sembra quasi una moda. Ricordiamo Almirante, ma anche Piero Bargellini, sindaco di Firenze, che aveva tratteggiato un divino poeta un po’ democristiano. Perché questa voglia di appropriarsi a tutti i costi del pensiero di Dante?
«Quando il Movimento Sociale si trasformò in Alleanza Nazionale, il Secolo d’Italia cominciò ad amoreggiare con Gramsci, sostenendo che era nazionalpopolare e quindi riconducibile anche a loro. È una forma seppure infantile di propaganda. La propaganda è importante, specie se si riferisce a personaggi famosi. Basta non prenderla sul serio».
Senta professore, però il famoso storico Jacques Le Goff definiva Dante «il grande reazionario che riassume in sé tutto il medioevo».
«Reazionario è una cosa. Cultura di destra è un’altra. La parola reazionario non è coincidente con un concetto di destra, che è un concetto moderno. Reazionario può riferirsi ad esempio agli optimates, che reagiscono alle res novae. È un concetto che si può adoperare alle più diverse epoche storiche, perché significa reagire alle novità e volere ripristinare vecchi ordinamenti. È una categoria comprensibile. È il concetto di destra che è ridicolo, perché destra e sinistra sono idee dell’Ottocento. Appartengono alla storia».
Ma allora Dante è un reazionario? Anche il filologo Erich Auerbach lo definisce così.
«Escluderei questo termine. La sua idea di libertà è molto profonda, così come quella della conoscenza. Chi ha tirato fuori quella definizione si riferisce alla speranza che lui ripone su Arrigo VII per ridare all’Italia la sua grandezza. È molto riduttivo, però. Dante merita rispetto, non può essere tirato per la giacca o il mantello, non ha senso».
E allora perché lo fanno così spesso?
«I buffi studiosi di epoca fascista ci sono stati, questo purtroppo è accaduto, fa ridere. È sintomatico della volontà che ha qualcuno di crearsi una genealogia».
Ma perché questo bisogno?
«Forse perché ne sono senza. È un’operazione retorica molto diffusa, i grandi oratori del passato si appellavano agli antenati per smuovere il pubblico al quale si rivolgevano. Cicerone vuole far fuori i capi della congiura di Catilina - quousque tandem abutere, Catilina, patientia nostra? - e porta l’esempio di 50 anni prima per convincere i viventi. Anche il presidente del Consiglio, Giorgia Meloni, ha pensato bene di estrarre dal cilindro Garibaldi, "o si fa l’Italia o si muore"».
Ha più presa Dante o Garibaldi?
«Due icone italiane molto diverse. Piuttosto bisognerebbe ricordare alla Meloni che Garibaldi assunse la dittatura quando arrivò a Napoli. Il Regno delle due Sicilie era disfatto, e lui si richiamò subito al modello della gloria romana. E anche nel 1849, Garibaldi propose che venisse instaurata una dittatura e fece il nome di Mazzini, che si rifiutò. Se uno nomina questi personaggi in modo maldestro, si crea un corto circuito e si finisce per fare una figura un po’ buffa».
Allora, Dante non è di destra, non è democristiano e non è reazionario. Ma è più laico o cristiano?
«È un uomo profondamente libero, si inventa il nobile castello dove mette gli spiriti magni, e fra Aristotele, Democrito e Averroé c’è anche Saladino, perché secondo lui si può operare per il bene pur senza avere la fede cristiana. E questo è un grande pensiero laico. Al massimo uno potrebbe dire che è un cristiano eretico. Ricordiamo che un suo libro, Monarchia, la Chiesa l’ha messo all’indice fino ai tempi di Paolo VI».
Senta professore, ma alla fine se uno mette la cultura sopra tutto, allora io posso pensare che qualsiasi cosa uno dice per avvicinare gli altri in fondo non sia un peccato?
«È una teoria molto pericolosa. Lo storico e archeologo Ranuccio Bianchi Bandinelli scrisse: la divulgazione è fondamentale, ma bisogna studiare, perché non c’è niente di peggio che divulgare informazioni sbagliate. Parole sante».