il Fatto Quotidiano, 15 gennaio 2023
Intervista a Virginia Raffaele
Il celebre trittico delle tre “B”, Bella, Buona e Brava, Virginia Raffaele lo ribalta: “A me interessa soprattutto il Brava”. E per questa B, con lei, l’etica del lavoro raggiunge vette quasi mistiche, totalizzanti, di chi è in missione per conto dell’arte, tanto che ottenere un’intervista, mentre è in tournée, è uno strappo alle sue regole, a liturgie e metodicità ore scandite e ripetute “perché il pubblico che esce di casa e viene a vederti va rispettato”.
E in questi mesi il pubblico ha segnato il perenne sold out così come il film con Fabio De Luigi, Tre di troppo, con lei protagonista femminile, è una delle poche commedie per cui il botteghino non piange dalla disperazione. E se lo merita, perché è divertente, girato bene, non stucchevole.
Liturgia della giornata prima di andare in teatro.
(Seria) Mi sveglio la mattina.
E questo è decisivo.
Poi colazione, abbondante.
Saltiamo il passaggio del bagno.
(Ride) Oh, però è importante.
Ci mancherebbe.
Quindi mi alleno, mi riposo, poi camminata veloce e vado in teatro; quando sono in tournée tutte le energie possibili sono per lo spettacolo.
Il suo spettacolo è fisicamente impegnativo.
È faticoso, soprattutto quando iniziano le repliche e si rischia di accumulare stanchezza.
La salvezza?
Una sorta di disciplina militaresca.
Come sosteneva Proietti, “mai dare del tu al palco”.
Altrimenti te se magna; per questo ogni giorno mantengo lo stesso ritmo, cerco la stessa concentrazione, come se ogni giorno fosse la prima.
Ha dei riti?
(I veri riti non si svelano mai e infatti risponde vaga) Una lunga serie; (pausa) con il truccatore faccio quella cosa lì, con il parrucchiere un’altra, con i macchinisti dietro le quinte c’è quel gesto là. Una sorta di balletto comune.
Ha fama di artista molto precisa.
(Ride, prende tempo) Sì, lo so.
Temuta.
È arrivata voce anche a me.
E…
Questo è un lavoro in cui puoi approfondire all’infinito il contesto teatrale, in cui ogni sera puoi sperimentare qualcosa, ma sempre devi studiare cosa fai accadere e cosa accade intorno a te; (ci ripensa) sono veramente una precisa.
Nel film Tre di troppo è molto brava. Come mai ci ha messo tutti questi anni per arrivare da protagonista sul grande schermo?
È ovvio che avrei voluto prima, anche perché questo lavoro lo rincorro da quando ho due anni e mezzo, guardavo la televisione e davo una mia interpretazione delle immagini.
Però…
Il cinema è un mondo prezioso e particolare e ha senso se uno trova film adatti; (pausa) questo di Fabio è perfetto.
Vi incrociate bene.
Con lui ho una sintonia pazzesca, siamo un duo jazz che si incastra alla perfezione. È il mio compagno di banco. È mio fratello. È il mio amante.
Amante?
E ti pareva, mentre lo dicevo volevo strozzarmi: (alza di un tono la voce e scandisce) amante tra virgolette.
Allora…
Ci divertiamo e siamo pignoli allo stesso modo; poi lui ha una dote: in apparenza è fragile e insicuro, in realtà ha le idee chiare nella sua fantastica maschera da clown moderno. È il comico con gli occhi più tristi del mondo.
Metta in fila a seconda dell’interesse il trittico “Bella, Buona e Brava”.
Brava in primis.
Poi?
A bella ci tengo, mi piace la femminilità, ho bisogno di avere un buon rapporto con la mia parte estetica. E ci lavoro su.
Buona.
Per me vuol dire leale e credo di esserlo.
Quando andavano di moda i calendari, avrebbe accettato?
Tipo quello di Frate Indovino?
In déshabillé con Frate Indovino è un’idea.
Non credo, non potrei. (Pausa) Se lavorassi con un fotografo di un certo tipo, per un servizio particolare, forse sì. Dovrei trovare un senso vero; non sto dicendo che non vedo l’ora di spogliarmi o che mi spoglierei, solo che dovrei trovare un senso; un attore con il proprio corpo deve essere in grado di giocarci e di lanciarsi.
Anni fa ha dichiarato di rimpiangere il poco studio: ha la sindrome dell’impostore?
Certo. Eccome.
Proprio lei?
Come dico spesso: finché nun se ne accorgono.
È scaramanzia.
Un po’ sì, un po’ quel pensiero c’è.
Visto che è brava in tutto…
Macché brava in tutto! Mi dedico a progetti che mi competono.
Allora indichi un’altra in grado di variare, e bene, come lei.
(Quasi grida, allarmata) Ma che domanda è? Avoja, ci sono, ci sono. Eccome se ci sono.
Non ha ancora detto chi.
Paola Cortellesi.
In questi casi indica sempre e solo la Cortellesi e la Cortellesi parla sempre di lei. Palleggiate.
Meno male (ride e resta zitta).
Oltre la Cortellesi?
Ho un avviso di chiamata, la devo salutare.
È nata a Roma ma non è percepita come un’artista romana. Come mai?
Forse perché non ho mai calcato sul dialetto, ho più puntato su un lavoro attoriale.
Quando litiga cade sul romano?
Escono le scivolate.
Uno schiaffone lo ha mai assestato?
(Si ripete la domanda) Solo a me stessa, e per resistere durante Lol (programma tv in cui una serie di comici si sfida a non ridere). Lì mi sono gonfiata come neanche mia madre quando ero piccola.
Quindi niente.
Ah, a Fabio De Luigi in scena: quante sberle.
Ride più con De Luigi o con Zalone?
Sono tanto diversi.
Questa è una risposta-fuga.
È vero, però non ho mentito: sono tanto diversi.
Qual è l’aspetto maggiormente complicato della fama?
Forse la parte della vita privata, soprattutto in quelle giornate in cui vorresti risultare trasparente e non lo sei; per carità, non è un dramma, si supera, ma è un piccolo dazio.
È attenta al privato, non c’è molto gossip su di lei.
Non c’è proprio, nel senso che non c’è proprio niente da scoprire.
Non le chiediamo se è fidanzata.
Ripeto: non c’è niente. Anni fa, ed era il periodo di Sanremo, credo il 2016, scendo da casa e trovo un paparazzo seduto sul motorino. Non si accorge di me. Allora lo chiamo: “Oh, vogliamo lavorare o no?”. “Sì, sì. Dove vai?”. “Al supermercato, vieni a fare la spesa?”. “No, ti aspetto qua”.
A Sanremo era più nervosa lei o i cantanti in gara?
Bella lotta. Ero talmente concentrata sulla conduzione, ero talmente in tensione, che a volte entravo, pronunciavo il nome, prendevo i fiori, uscivo e dopo due secondi neanche ricordavo chi stava cantando; (ci pensa) però dopo poco mi calmavo, forse perché il Festival si svolge dentro un teatro e per me è casa.
Conosce la depressione?
Non in prima persona, però sono particolarmente malinconica, solitaria e riflessiva. Ah, aggiungo introversa. Così ho i miei momenti che sono importanti per il lavoro.
Tradotto.
Quando sono giù di morale devo restare sola, scendere nella tristezza, il più in basso possibile, per poi risalire da sola; (ci pensa) un po’ come Troisi quando rivendicava: “Lasciatemi soffrire da solo, altrimenti non mi concentro”.
Anche per il suo amico Lillo i momenti più prolifici sono quando è giù di morale.
Spesso la noia è il carburante della creatività e la malinconia è lo stimolo per ribaltare la medaglia.
Con Lillo e Greg ha condiviso un lungo percorso…
Quanto ho riso con loro; (si ferma, cambia tono) eravamo in tournée, in viaggio su un pulmino. Io e Greg seduti dietro, mentre Lillo stava davanti e dormiva. Greg prende un pennarello nero, enorme, e inizia a riempirlo di punti neri sul viso. Ci fermiamo all’Autogrill, scendiamo, e tutti quelli che incontravamo ci guardavano e ridevano. Lillo tranquillo. Solo all’uscita, davanti alla porta a vetri, si è reso conto e immobile gli è scappato un urlo: “A Cla’!!!!”.
E lei?
Piegata in due; un’altra volta eravamo in aereo. Greg prende foglio e penna e disegna una hostess a gambe aperte, direi in posa oscena. Poi infila la penna tra le dita di Lillo….
Lillo dormiva.
E certo! Insomma, gli infila la penna in mano e il foglio davanti, sul tavolino. Arriva la hostess, Greg dà una spallata a Lillo, lui si sveglia, sorride intontito e si becca lo sguardo schifato della hostess.
Greg è stato uno dei primi a capire il suo talento eppure ha dichiarato: “Non ho nessun merito, era evidente la classe di Virginia”.
Claudio è una persona rara, meravigliosa, intellettualmente onesta; (ci pensa) nel tempo ci sono tante persone che cercano la medaglietta del talent scout. Claudio no. E da Lillo e Greg ho rubato molti lati della recitazione o del lavoro che ancora oggi mi ritrovo.
Poi c’è Proietti.
Alt. Lui è il maestro. Lui è il mito. Lui è la mia passione. E lui viene davanti a tutti (a settembre, alla festa del “Fatto”, Virginia Raffaele ha raccontato che era talmente tanto appassionata di Proietti da conoscere a memoria anche la targa della sua macchina).
Si dedica sempre alla “ghigliottina” dell’Eredità?
Mannaggia, quando sono in tournée la perdo; (sorride) quando posso la sfida è con Gigi (D’Alessio, ndr).
Chi vince tra voi due.
(Amara) Più Gigi.
Per molti suoi colleghi l’orgoglio è la copertina de La Settimana Enigmistica. L’ha conquistata?
Una volta e in uno di quei passaggi chiave, un po’ come andare ospite da Marzullo; (ci pensa) Marzullo è un po’ paragonabile alle suore: senza età.
Quindi è stata sua ospite.
Neanche una volta.
Dolore.
Non saprei rispondere a quella storica domanda.
Se la vita è un sogno o i sogni aiutano a vivere?
(Ci pensa) Forse la risposta è: la vita è un sogno se i sogni aiutano a vivere.
Parteciperà a un reality?
Non credo.
Neanche per un super compenso?
Non credo.
La scorsa estate le è stata attribuita una storia d’amore con Baglioni e solo per un selfie. Come va tra voi?
(Ride a lungo) Strada facendo; (pausa) questa domanda me l’ha posta pure De Gregori quando l’ho incontrato sul treno.
Tra cinquant’anni cosa si ricorderanno di lei.
Mancano otto anni, questo non me lo doveva chiedere.
Non quando lei avrà 50 anni, ma tra 50 anni.
Ah, allora è già tanto se si ricorderanno che sono esistita.
Lei chi è?
Appena lo capisco ci sentiamo e le do la risposta.