il Fatto Quotidiano, 15 gennaio 2023
Siamo un paese di vecchi
Secondo calcoli probabilistici, molto attendibili, quelli che sono giovani oggi riceveranno la pensione a 72 anni. Ma che bella festa, non fai tempo a raggiungere l’agognata pensione che sei già dre’ a murì. Che poi la pensione sia agognabile è molto discutibile, solo la Modernità poteva inventare un istituto così atroce: da un giorno all’altro tu perdi di colpo il ruolo, per quanto modesto, che hai avuto nella società, «e adesso vai a curare le gardenie povero, vecchio e inutile stronzo» oppure a interessarti di cose di cui non ti è mai fregato nulla, vedi le tragicomiche figure di Bouvard e Pécuchet in Flaubert.
È vero che l’aspettativa di vita media si è allungata, 79,4 anni per gli uomini e 84,5 per le donne (non si vedono in giro che vedove), rispetto all’era preindustriale in cui l’aspettativa di vita era intorno ai settant’anni: quando padre Dante nella Commedia scrive «Nel mezzo del cammin di nostra vita» ha 35 anni, il che vuol dire che a quei tempi si considerava ragionevole raggiungere i settant’anni, del resto il biblista dice «Settanta sono gli anni della vita dell’uomo». Abbiamo quindi sgraffignato alla Natura una dozzina di anni, ma c’è da vedere come si vivono questi anni. Innanzitutto nessuno può togliere a una persona di quell’età l’angoscia di sapere che la Nobile Signora ha già alzato la sua falce ed è pronta ad agguantarti con un infarto devastante o si è accoccolata in te sotto forma di un tumore non ancora diagnosticato. È la storia degli ultimi anni di vita di Gianluca Vialli, forse sarebbe stato meglio per lui se la morte l’avesse colto quando giocava ancora, nello splendore della giovinezza («Caro agli dei è chi muore giovane», Menandro).
Lì per lì chi potrebbe essere contrario ad un allungamento della vita, non solo della sua ma del genere umano? In realtà l’allungamento della vita si è rivelato un boomerang. Ci stiamo confezionando un mondo di vecchi e Cesare Musatti, che era al di là di ogni sospetto perché aveva 90 anni, ha detto: «Un mondo popolato in maggioranza da vecchi mi farebbe orrore». Inoltre questa gerontocrazia plebea incide sul tasso di fertilità, che è basso in tutto il mondo che chiamiamo occidentale, ma in particolare in Italia che negli ultimi tempi ha superato persino il Giappone e si pone come prima in questa sinistra classifica (1,24 nascite per donna nel 2020, il Giappone è a 1,34).
I vecchi sono per definizione “fragili”, tanto è vero che adesso gli si vuole imporre la quarta e la quinta dose del vaccino che a parer mio, insieme soprattutto al lockdown, è stato più devastante del Covid. Il lockdown ha imposto agli anziani un’immobilità pressoché assoluta e per un vecchio l’alternativa è: o muoversi o perire. Ci ha imposto la solitudine ed è statistico che la solitudine uccide più del fumo (sia detto di passata, io sono abbastanza convinto che a furia di immunizzarci su tutto il nostro sistema immunitario ha perso, coperto com’è su tutto, la sua naturale capacità di risposta, per cui basta un niente come il Covid per metterci nell’angolo).
Ci sono poi delle fragilità che per quanto ci si berlusconizzi non possono essere evitate. Lo vediamo anche in molti governanti anziani. Il presidente del Sud Sudan, Salva Kiir, 71 anni, durante una cerimonia si è pisciato addosso, Joe Biden sembra stare in piedi per miracolo.
Certo la mente può rimanere lucida, ma questo è il peggio del peggio perché assiste impotente all’inesorabile degrado del corpo, siano alzate lodi all’arteriosclerosi e all’Alzheimer (il dramma passa a chi deve accudirli).
Un mondo di vecchi presuppone che ci sia un manipolo di giovani che sostengono legioni di anziani. Il giovane di oggi e anche quello un po’ meno giovane, poniamo dei sessantenni, si trova in questa fourchette: da una parte c’è l’affetto che lo lega ai suoi vecchi genitori, che hanno avuto l’imperdonabile cattivo gusto di rimanere in vita, dall’altra se si dedica a questi non vive più lui oppure li manda, con grave senso di colpa, in una Rsa (attenzione: spostare un vecchio dalla sua casa e dalle sue abitudini, anche senza pensare alle Rsa, è quasi sempre mortale).
Abbiamo detto che l’allungamento della vita o il suo mantenimento a tutti i costi si è rivelato un boomerang. Sono le “trappole della ragione”, come le chiamavano i filosofi quando esistevano ancora. E qui si innesta il discorso sulla Tecnica, affrontato di recente anche da Papa Bergoglio nel suo libro La dittatura dell’economia: «Di fatto la tecnica ha una tendenza a far sì che nulla rimanga fuori dalla sua ferrea logica». Ma prima di lui ci era arrivato Max Weber nel 1918 con le sue lezioni poi raccolte in un volume titolato Il lavoro intellettuale come professione: «Prendete una tecnologia pratica così sviluppata scientificamente come la medicina moderna. Il “presupposto” generale di questa attività è – in parole povere – che sia considerato positivo, unicamente come tale, il compito della conservazione della vita e della riduzione al minimo del dolore. E ciò è problematico. Il medico cerca con tutti i mezzi di conservare la vita al moribondo, anche se questi implora di esser liberato dalla vita, anche se la sua morte è e dev’essere desiderata – più o meno consapevolmente – dai suoi congiunti, per i quali la sua vita non ha più valore mentre insopportabili sono gli oneri per conservarla, ed essi gli augurano la liberazione dai dolori. Ma i presupposti della medicina (sia stramaledetto Ippocrate, ndr) impediscono al medico di desistere. La scienza medica non si pone la domanda se e quando la vita valga la pena di esser vissuta. Tutte le scienze naturali danno una risposta a questa domanda: che cosa dobbiamo fare se vogliamo dominare tecnicamente la vita? Ma se vogliamo e dobbiamo dominarla tecnicamente, e se ciò, in definitiva, abbia veramente un significato, esse lo lasciano del tutto in sospeso oppure lo presuppongono per i loro fini».
Il problema di fondo è che ci siamo allontanati troppo dalla Natura e non siamo più in grado di governare ciò con cui l’abbiamo sostituita. Un Nobel, ma anche Steve Jobs, Bill Gates, Zuckerberg, può avere un’intuizione geniale ma non è in grado di prevedere le varianti che mette in circolazione. Per restare al tema di questo articolo abbiamo la necessità di sfoltire, siamo troppi e troppo vecchi. Il Covid avrebbe potuto essere un’ottima occasione, ma i suoi risultati sono stati deludenti.