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 2023  gennaio 15 Domenica calendario

Pier Ferdinando Casini racconta il suo rapporto con Berlusconi


Dopo gli anni della prima discesa in campo, Berlusconi si radica come attore permanente della politica italiana.
Egli è non solo il federatore del centrodestra, ma la calamita attorno a cui si cementa il voto moderato.
Berlusconi non solo riesce a plasmare a sua immagine e somiglianza il Polo delle libertà, ma condiziona persino il centrosinistra, che trova lievito nell’antiberlusconismo permanente e militante ed evita di fare i conti con le proprie contraddizioni proprio in nome dell’opposizione a Silvio.
L’uomo ha qualità da non sottovalutare: un carisma rafforzatosi con i suoi successi imprenditoriali e sportivi, una capacità di lavoro e di entusiasmo assolutamente inimitabile e anche, fondamentale, l’umiltà. Essa, in politica, non è tanto espressione di modestia autentica quanto la capacità di rapportarsi con gli altri con semplicità e ironia.
Un piccolo episodio documenta meglio di tante analisi com’era Berlusconi: una delle prime volte che venne a casa mia me lo ritrovai in cucina a familiarizzare con un cuoco che avevo chiamato per l’occasione e che gli parlò dei problemi del figlio. Dopo un po’ di tempo tornò e si diresse a razzo in cucina per chiedere al medesimo notizie sulla sua situazione familiare di cui si ricordava ogni dettaglio.
Se si pensa a quanti guardano il prossimo dall’alto verso il basso, si capisce che questa dose di empatia è fondamentale, soprattutto per un leader.
A volte vedo ragazzi intelligenti, che potrebbero avere davanti a loro un’autostrada, connotati da un egocentrismo e da una superbia senza limite. La mia previsione, basata sull’esperienza, è che non andranno molto avanti...
Berlusconi peraltro, spesso con l’assistenza infaticabile di Gianni Letta, aveva maturato doti squisitamente politiche, che cercava di conciliare con le troppe questioni personali aperte: il rapporto con l’azienda Mediaset e la giustizia finivano per assorbire la maggior parte delle sue energie e di conseguenza anche logorare i rapporti con gli alleati.
Su questi due punti entrammo costantemente in fibrillazione.
Penso spesso a cosa ne sarebbe derivato di meglio all’Italia se Berlusconi allora si fosse liberato del conflitto d’interesse, magari accettando la proposta di Murdoch di cedergli Mediaset. Sarebbero derivate per tutti solo conseguenze positive, forse anche per la famiglia, viste le cifre astronomiche ipotizzate in quei tempi.
Detto questo io non ho mai ritenuto che le sue ripetute vittorie fossero da ascrivere alle aziende o alla sola disponibilità finanziaria. Contrariamente ad altri imprenditori scesi in politica, egli ha avuto una capacità straordinaria di sintonizzarsi sugli umori del Paese, facendo leva e amplificando, anche in epoche di postcomunismo, quel tradizionale retaggio anticomunista di cui l’Italia dal 1948 in poi si è sempre alimentata.
Il Cavaliere negli anni della sua discesa in campo compie una doppia operazione: da un lato si mostra nuovo rispetto ai partiti della Prima Repubblica affondati miseramente, e dall’altro rassicura gli elettori vedovi di quegli stessi presentando candidati nella sua squadra ritenuti «compatibili».
E purtuttavia lo sforzo gli riusciva sempre con grande difficoltà: ricordo con imbarazzo le sceneggiate preferite di Silvio contro la vecchia politica, di cui ero stato un protagonista non pentito. Peraltro né Fini né Bossi venivano dalla luna ed era una comica vedere il Cavaliere, con noi accanto, tuonare contro i politici di professione che nella vita «non hanno mai lavorato»: uno spettacolo!
Il tutto tra noi era sempre dunque sospeso tra una collaborazione che si consolidava e una diffidenza che permaneva. Diffidenza reciproca evidentemente, perché anch’io ero molto attento al fatto che Berlusconi evitasse di comandare in casa nostra, cosa che a più riprese cercava di fare, magari proponendo per i vertici apicali della Rai persone nominalmente appartenenti al Ccd e poi all’Udc, ma sostanzialmente a lui legati a filo doppio.
Leale a Berlusconi negli anni di alleanza politica, non ho mai accettato una subalternità che togliesse decoro alla nostra posizione. Certo rappresentavo un partito minoritario, e nei momenti di rabbia Silvio me lo faceva notare e lo sottolineava ampiamente, ma io pretendevo rispetto e rivendicavo dignità per le nostre posizioni.
Ovviamente, questa mia ricostruzione è l’opposto di quello che sostengono i cantori dell’esperienza berlusconiana. Per loro, le vere riforme non si sono fatte per colpa nostra; la riforma liberale e le grandi questioni come la giustizia sono rimaste al palo per i nostri veti. Amen.
Da tempo mi sono fatto ragione di opinioni diverse: è la democrazia, bellezza!
Aggiungo solo, per verità storica, un particolare che è sostanziale, almeno per me, poiché riguarda la coerenza politica. Quando i miei contrasti con Berlusconi portarono alla nostra inconciliabilità, affrontai da solo la campagna elettorale del 2008 rischiando di non tornare in Parlamento, come in quello scontro elettorale caratterizzato dal confronto tra Berlusconi e Veltroni, fu per Fausto Bertinotti, presidente della Camera uscente.
Non andai dal Cavaliere con il cappello in mano a dividere i seggi per poi rompere il giorno successivo alle elezioni, ma mi assunsi la responsabilità di contrastare il bipolarismo italiano costruendo una zattera al centro che sopravvivesse alla bufera. Forse anche per questo c’è stato sempre un certo rispetto culminato con la dichiarazione al Resto del Carlino durante la campagna elettorale da me condotta nel 2018 a Bologna anche contro un candidato di centrodestra: «È strana la collocazione di Casini nel centrosinistra». Per chi conosce Silvio una critica di questo tipo è talmente composta da apparire britannica, non certo berlusconiana: segno di un suo riguardo nei miei confronti che ho ritrovato anche nelle recenti vicende del Quirinale.
Non mi sono associato ai corifei di Berlusconi, ma non ho mai assecondato i suoi demolitori, soprattutto in tempi odierni. È un po’ troppo facile contrastare con baldanza il Berlusconi di oggi, evidentemente fragile. Adesso lo fanno gli stessi che in tempi diversi non perdevano l’occasione di biasimare chi, come me, lo faceva in campo aperto mentre Silvio, per loro, era un leone!
In ogni caso, una delle cose più detestabili è la gente smemorata: categoria non certo in estinzione ma, con il passare del tempo, sempre più folta.