Specchio, 15 gennaio 2023
A Washington marijuana in omaggio
«Cash, only cash». Il ragazzo che indossa una camicia lucida color granata su un paio di pantaloni neri è pagato per mostrare a chiunque voglia entrare nel negozio un cartello da cui si capisce che le carte di credito non sono gradite. Chiede un documento d’identità o una patente americana per accertarsi che gli avventori abbiano più di 21 anni, poi si scosta facendoci entrare. Per arrivare all’ingresso bisogna salire venti gradini, la scala è ripida e stretta. Si incunea fra due edifici in Macomb Street, vicino alla National Cathedral di Washington, zona di locali notturni, ristoranti, centri commerciali. E villette allineate lungo strade linde e alberate. Il negozio, due stanze al primo piano, vende marijuana. Weed, erba.
Le scappatoie
In realtà non la vende. Tecnicamente la regala al termine di una transazione in cui chi vuole un po’ di marijuana deve comprare altro. Non è un ricatto, è la scappatoia che a Washington DC hanno scovato anni fa per aggirare un divieto che il Congresso Usa ha imposto nel 2015, pochi mesi dopo che con l’approvazione dell’Initiative 71, il District of Columbia si era aggiunto a una dozzina di Stati dove comprare e vendere cannabis (oltre che coltivarla) è perfettamente legale. Oggi in tutta la Nazione ci sono 37 Stati dove l’uso terapeutico della marijuana è ammesso, in 19 è consentito anche quello ricreativo. A Washington entrambi gli usi sono consentiti.
Uno Stato "speciale"
Ma il District è un posto anomalo. Non è uno Stato. E non ha rappresentanti politici. Non gode di una piena autonomia legislativa e il Congresso ha ampi poteri di intervento. Per questo sulle targhe delle auto c’è una scritta "Taxation without Representation", ci tassano ma non abbiamo diritto di voto, il senso. Quando nel 2014 il consiglio municipale festeggiava la marijuana libera per uso ricreativo, un deputato del vicino Maryland, l’unico repubblicano eletto dell’intero Stato, inseriva nella legge di bilancio federale una postilla con la quale s’impediva la vendita (e l’acquisto) di weed, erba, nel territorio dove ha sede il Congresso. Sette anni dopo la situazione non è cambiata, malgrado qualche tentativo di allentare le regole, finito in nulla.
Questione d’ingegno
Vi sono sette dispensari in città dove procurarsi legalmente l’erba per scopi medici (pullulano però le prescrizioni mediche all’acqua di rose); ma entrare in un negozio come quello di Macomb Street e comprare un pizzico di marijuana è un crimine. Il paradosso è che possedere 56 grammi di erba, due once, è perfettamente legale. Così come fumarla serenamente sull’uscio di casa, nessuno chiederà da dove proviene. E così come coltivare sei piantine. Se si è in due nella stessa casa le piantine sono 12. Basta non venderne il frutto e non ricavarci soldi. E allora procurarsela, se non si finisce in un dispensario con la prescrizione, o venderla diventa questione di ingegno.
In esposizione
Nel "gifting shop" su Macomb Street, ad esempio, sono esposti dei quadri. Shari R. una community organizer di origini iraniane che studia progetti sociali e tiene raccolte fondi, spiega che «sono in vendita». «Ci guadagnano tutti, l’artista che ha un luogo fisico dove esporre e forse racimolare qualche soldo e il proprietario del negozio che in cambio dell’esperienza offerta al visitatore, può legalmente abbinare l’omaggio sotto forma di marijuana». Se si disdegna la mostra, basta concentrarsi su accendini, mascherine, sigarette elettroniche. Una volta vista la mostra, (ovviamente nessuno controlla quanto tempo uno si ferma davanti a un dipinto, è ammesso anche il mordi e fuggi) si entra nello shop vero e proprio. Ogni tipo di marijuana è in mostra su tavoli stile oreficeria. Quantità e gusto li sceglie Shari, indica la preferenza a una commessa. Il pacchetto si ritira un minuto dopo davanti a un bancone in legno. Che la mostra sia memorabile non importa, l’obiettivo della marijuana "in omaggio" è stato raggiunto.
App di successo
Il Washington Post ha raccontato una storia incredibile sui picchi che la fantasia può raggiungere in questo baratto. Riguarda una piccola App, si chiama Dreamy ed è stata fondata da Ryan Ha, 33 anni rientrato dall’Asia qualche anno fa senza il becco di un quattrino. Dreamy vende discorsi motivazionali, citazioni celebri e un po’ arruffate, non importa. Il cliente che ha bisogno di caricarsi contatta la App, fissa un luogo e un’ora per l’appuntamento con l’inviata di Dreamy. Questa legge il discorso (essendo spesso frasi lunghe quanto un tweet, le recita a memoria) e la prestazione è fatta: a questo punto scatta il premio fedeltà, ovvero la marijuana. Il prezzo per il discorso motivazionale – così come la visita alla mostra – va da sé dipende dalla quantità di marijuana che il cliente vuole avere.
Vecchi pionieri
Muoversi nella zona grigia è un azzardo. Phil Mendelson, un consigliere municipale, ha definito queste tecniche un «sotterfugio». Aggirano non solo un divieto imposto dal Congresso, ma creano un danno economico ai dispensari, che subiscono una concorrenza sleale, e alle casse cittadine che non vedono arrivare i proventi delle tasse del mercato parallelo. Perché l’uomo che regola gli ingressi a Macomb Street dice a tutti che si paga quasi tutto solo "cash". Eppure, è l’unico modo per garantire il «diritto di possedere marijuana» a chiunque. A Washington vorrebbero che la marijuana si potesse vendere e acquistare senza cavilli, come avviene negli altri 18 Stati sin da quando nel 2014 il Colorado ha aperto la strada. I washingtoniani rivendicano di essere stati fra i pionieri della liberalizzazione della cannabis quando negli anni ’90 in reazione alla «lotta senza quartiere alla droga» varata da Reagan, il District fu uno dei primissimi luoghi a sdoganare la marijuana per scopi terapeutici.
Zona grigia
La percezione e l’approccio della popolazione verso la marijuana sono mutati. Un sondaggio della Gallup ha paragonato i dati del 2000 con quelli del 2021: a inizio millennio il 37 per cento degli americani era favorevole alla vendita libera di marijuana per scopi ricreativi; ora la percentuale è del 67 per cento. È la stessa fetta di americani che ritiene il carcere una misura esagerata per chi è detenuto solo per crimini legati al possesso e spaccio. In ottobre il presidente Joe Biden ha fatto sua questa visione depenalizzando il possesso di marijuana e invitando gli Stati a fare altrettanto. «Nessuno dovrebbe stare in prigione per questo», ha detto l’inquilino della Casa Bianca. Dal 1965 sono 29 milioni gli americani arrestati per questioni inerenti alla marijuana, la comunità afroamericana è la più colpita. Nella sola Washington, ad esempio, fra il 2010 e il 2018 i neri sono stati arrestati il 3,64 in più dei bianchi per possesso di marijuana, e la percentuale di consumatori di weed nelle due comunità è identica. Shari dice che uscire dalla zona grigia darebbe una mano anche all’inserimento nella società di moltissimi afroamericani. Snocciola alcuni dati su spaccio, crimini e tassi di abbandono scolastico legati al ruolo nelle gang nel Sud di Washington mentre scende i venti scalini con la busta di marijuana fra le dita. La visita alla mostra è costata 43 dollari.