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 2023  gennaio 15 Domenica calendario

L’etologo Enrico Alleva difende i cinghiali

È la grande quantità di cibo che attira gli animali in città. I tassi, i gabbiani e di recente le cornacchie e i cinghiali sono entrati in città seguendo la scia del cibo che buttiamo. «Qualcuno li definisce commensali, nel senso che banchettano alla nostra tavola», dice Enrico Alleva, etologo e accademico dei Lincei, facendo capire che dovremo rassegnarci alla convivenza con gli ungulati nei centri urbani. «Non è che vivano in città, fanno delle incursioni dalle zone attorno alle città dove sono arrivati ormai da qualche anno. Maggiore è la quantità di cibo intorno ai cassonetti maggiore è l’attrattività. In alcuni casi abbiamo osservato addirittura che qualche cittadino anche in zone relativamente centrali li nutre in modo spontaneo e questo è molto pericoloso perché ovviamente se i cinghiali associano una persona con un sacchetto di plastica che tira fuori il cibo e glielo dà, quando una signora anziana esce fuori dal supermercato con le buste della spesa e si avvicina un grosso cinghiale magari si spaventa e cade e si rompe una gamba».
I cinghiali sono pericolosi?
«I cinghiali non si nutrono di esseri umani! Certamente sono una preoccupazione anche urbana per gli incidenti stradali. Per il resto bisogna saper convivere con questi animali, non farli sentire chiusi in un angolo di strada dal quale non possono scappare oppure frapporsi tra adulti e piccoli. Soprattutto chi va a spasso con il cane, davanti a un cinghiale deve avere delle precauzioni».
In che senso?
«Se il cinghiale scambia il cane per il suo atavico predatore, il lupo, è chiaro che ha delle reazioni. La possibilità di incidenti è sempre presente. Ma non possiamo definirli pericolosi, mi sembra eccessivo. Certo sarebbe meglio che restassero fuori dalla città».
È la sporcizia della città che li attira?
«Per loro non è sporcizia, ma cibo di ottima qualità. Bisognerebbe che le autorità locali invece che rivolgersi ad esperti improvvisati si rivolgessero ai tecnici e agli esperti delle società scientifiche perché questi animali entrano in città seguendo percorsi che possono essere ostacolati. Alcuni animali particolarmente audaci sono i primi a cominciare ad avventurarsi e andrebbero scoraggiati. Ci sono dei modi per farlo».
È vero che la razza prevalente che circola in Italia è stata importata dall’Ungheria?
«Le associazioni venatorie, ma anche alcuni enti territoriali avevano fatto importare degli esemplari dall’Est Europa, Romania, Ungheria. Questi animali sono più prolifici, qualcuno dice anche più grandi, ma chi studia la genetica si è accorto che questi cinghiali si sono incrociati nella loro storia con i maiali domestici. Nelle zone dove si cacciava, questi animali avevano molta più diffidenza nei confronti della specie umana. Nelle aree urbane si rendono conto che gli esseri umani sono più o meno innocui. Quando si accorcia la distanza di fuga, ovvero quanto mi fa avvicinare un cinghiale prima di scappare, ecco che gli animali entrano in città. Sono mammiferi complessi, anche socialmente. Bisogna intervenire nel momento in cui un individuo o un gruppo diventa meno diffidente verso la specie umana, si avvicina e gli altri lo imitano».
Siamo sicuri che i cinghiali che scorrazzano in città non abbiano la peste suina?
«Questa è una domanda da porre a un veterinario, ma la peste suina è un problema per gli allevamenti di maiali non per noi».
Il governo, salvo parziale rettifica, ha più o meno autorizzato la caccia al cinghiale in città. Che ne pensa?
«Non posso che augurarmi che nella catena di decisioni sia stato inserito l’istituto superiore per la prevenzione, dovrebbe essere questo istituto a organizzare e permettere di volta in volta gli abbattimenti. Il meccanismo di abbattimento, soprattutto in area urbana, necessita del parere di un ente che ha davvero le competenze. Mi preoccuperebbero molto gli incidenti stradali e gli attraversamenti».
Come dobbiamo comportarci con i cinghiali?
«Stare attenti, non lasciare cibo, non farli sentire chiusi. Qualsiasi specie animale ha un suo archetipo. Cosa è un predatore? Qualcuno che ti fissa e ti si avvicina piano piano, esattamente ciò che fa uno che con un telefonino vuole riprendere un cinghiale o un orso. Bisogna mettersi un po’ nella mente del cinghiale. Se si sente rinchiuso o pensa che sei un predatore, il cinghiale può caricare. Non è che ti voglia sventrare, però le conseguenze non sono prevedibili. Meglio lasciarli in pace. Una cosa è guardarli da lontano, altra avvicinarsi e fissarli».
Sono intelligenti?
«Sono animali che hanno un livello di capacità cognitiva e anche di relazioni sociali all’interno della loro specie piuttosto sofisticate».
Nelle città antiche c’era questo problema?
«In passato gli animali erano visti sempre come fonte alimentare. Il problema della convivenza nell’antichità non si poneva. Ma ci rendiamo conto di quanta immondizia buttiamo via di ottima qualità rispetto al dopoguerra? Ecco perché si affacciano cinghiali, istrici, porcospini e anche volpi, che sono diventate molto più urbane».