La Stampa, 15 gennaio 2023
Su Tiktok spopola l’app che fa i compiti di scuola
ChatGPT sta a Google come Google sta alla Treccani. Sembra un paragone ardito. Ma se consideriamo che la Treccani è online, il chatbot che fa tremare scuole e università potrebbe garantire addirittura risultati migliori agli studenti non particolarmente bravi con la scrittura. Se avete meno di vent’anni, probabilmente sapete già di cosa si sta parlando, perché Tik Tok è pieno di tutorial che spiegano passo passo «come usare ChatGPT per fare i compiti». Per chi ha qualche primavera in più, spiegato semplice: è un’applicazione di intelligenza artificiale generativa. Basta collegarsi, creare un profilo e iniziare a scrivere sulla chat di che cosa si ha bisogno. Per esempio «una relazione su Cristoforo Colombo». Ottenuto il primo testo, si possono approfondire alcuni aspetti, come «dimmi di più sulla Repubblica di Genova» o «quali sono i film che raccontano la storia di Cristoforo Colombo». Ricerche, lettere, relazioni, ma pure le equazioni e relazioni scientifiche si risolvono in una manciata di secondi.
Negli Stati Uniti scuole e università tentano di correre ai ripari. «A causa delle preoccupazioni per l’impatto negativo sull’apprendimento degli studenti e per la sicurezza e l’accuratezza dei contenuti, l’accesso a ChatGPT è vietato alle reti e ai dispositivi delle scuole pubbliche di New York», ha dichiarato Jenna Lyle, portavoce del dipartimento dell’educazione di New York. Lo stesso a Los Angeles, per «proteggere l’onestà accademica». ChatGPT – Chat Generative Pre-trained Transformer – è stata lanciata lo scorso novembre da OpenAI, organizzazione americana di ricerca sull’intelligenza artificiale fondata – e poi abbandonata – nel 2015 da Elon Musk con l’obiettivo di «fare avanzare l’intelligenza digitale in modo che possa portare benefici all’umanità». Il limite? I risultati, per quanto ben scritti, possono contenere informazioni vere e false insieme. Anche se esistono già altre aziende americane con prodotti simili dotati di controllo di qualità, non c’è motivo di sottovalutare la portata dell’innovazione. Siamo ancora alla versione Beta, gratuita, ma uscirà una nuova versione capace di garantire un maggior livello di qualità e affidabilità delle informazioni.
«È una rete neurale allenata su contenuti precedenti, che possono anche essere raccolti dai motori di ricerca. La sua eccezionalità sta nell’essere per la prima volta fruibile dal grande pubblico. Con risultati diversi, ma con una qualità abbastanza buona per essere affascinanti», spiega Giovanni Emanuele Corazza, professore di Ingegneria all’Università di Bologna e fondatore del Marconi Institute for Creativity. Se per ricerche e relazioni la possibilità che si peschi dal mare magnum del web una notizia falsa esiste certamente, la qualità del risultato migliora – e di molto – su soluzioni specifiche, gestione, pianificazione, attività algoritmiche. Un sistema che per conto suo produce contenuti originali, che conseguenze potrebbe avere su scuola, università e sul mondo del lavoro? Potranno modificarsi le competenze e i ruoli dei lavoratori del futuro? «Più l’intelligenza e la forza lavoro artificiale si sviluppano, più la componente umana si sposta sulle caratteristiche che le sono peculiari – continua Corazza -. Il chatbot può generare contenuti, ma è incapace di estrarne valore e significato. Fino a che i chatbot come questo non avranno una coscienza, non saranno cioè in grado di essere consapevoli di quel che stanno facendo, cosa peraltro improbabile, il processo creativo resterà nostro. La creatività è il futuro del lavoro umano, possibilmente aiutata da AI».
Ancora più radicale la linea intrapresa dalle università australiane, che tra le soluzioni per scongiurare ogni pericolo di scopiazzatura stanno pensando di tornare agli esami con carta e penna. Resta da chiedersi se con la tecnologia, che sforna in continuazione app che semplificano la vita, funziona il divieto. «Questi timori sono comprensibili. Ma si può anche pensare creativamente ai modi in cui ChatGPT potrebbe essere usato in un sistema scolastico del futuro – conclude Corazza -. Si potrebbe per esempio chiedere a ChatGPT di svolgere una ricerca su un argomento e agli studenti un’analisi a posteriori del risultato, distinguendo ciò che è vero da ciò che è falso o irrilevante. Così si può allenare il pensiero critico. Considerando che noi siamo sommersi da un oceano di informazione, di cui parte è rilevante e la maggior parte no, la capacità di riflessione critica è un talento umano assolutamente fondamentale da sviluppare».