Corriere della Sera, 14 gennaio 2023
Fidanza, chiusa l’inchiesta
Milano «Giorgia sa tutto». In una chat del giugno 2021, sequestrata dalla Procura di Milano nel luglio 2022 a politici locali di Fratelli d’Italia battezzatisi con gusto «vecchia guardia», l’attuale (da settembre 2022) deputato bresciano di FdI Giangiacomo Calovini, politicamente vicino all’europarlamentare Carlo Fidanza e all’epoca primo dei non eletti al Consiglio comunale di Brescia, assicurava all’allora vicecoordinatore lombardo di Fratelli d’Italia, Giuseppe Romele, e agli altri compagni di chat, appunto che Giorgia sapesse tutto. Ma tutto cosa? Tutto il contesto, interno al partito, sotteso ai veri motivi delle dimissioni «per motivi personali» del 55enne Giovanni Francesco Acri dal proprio seggio in Consiglio comunale a Brescia, nel quale in quell’estate 2021 subentrò poi appunto Calovini quale primo dei non eletti. Staffetta in apparenza insignificante, a vederla da fuori. Ma non per chi, dentro il partito, sapendo che Meloni nelle future liste di FdI alle politiche nazionali avrebbe candidato solo dirigenti con pregresse esperienze amministrative locali, aveva bisogno proprio di un posto ad esempio da consigliere comunale. Che nel giugno 2021 in effetti si libera a Brescia con le dimissioni di Acri, ma non gratis, stando all’insofferenza manifestata in precedenza da Fidanza nelle chat: «Abbiamo capito cosa vuole Acri? Se serve per levarlo dai cogl… sono disponibile a dargli un vitalizio di mille euro al mese fino a fine legislatura, magari mettendo sotto contratto non lui ma un/una che lui ci dice, per agevolare la fuoriuscita». In effetti è la soluzione trovata in riunioni «a Milano negli uffici di Fidanza, a Roma nella sede nazionale di Fratelli d’Italia, a Brescia a casa di Romele». E sfociata nella scenografica simultanea firma il 21 giugno 2021 a Milano di due sottoscrizioni: la lettera con cui Acri si dimette da consigliere comunale, in cambio del contratto (retrodatato tre giorni) con il quale l’europarlamentare Fidanza attribuisce all’ancora minorenne figlio di Acri, Jacopo, studente al IV anno dell’istituto tecnico agrario, l’incarico di proprio assistente locale a Milano sino a fine 2021, remunerato dal Parlamento europeo con poco meno di 1.000 euro al mese. E Acri fa protocollare le dimissioni solo il 25 giugno, «non prima di avere ottenuto quel giorno la prova della modifica migliorativa del contratto» del figlio, «con estensione della durata al 31 maggio 2024, e con eliminazione del periodo di prova di 3 mesi».
Cosa è tutto ciò? Per i pm Giovanni Polizzi e Cristiana Roveda, con l’aggiunto Maurizio Romanelli, è corruzione, reato contestato ieri in un «avviso di conclusione delle indagini» all’europarlamentare Fidanza, al deputato Calovini, all’ex coordinatore lombardo Romele (di recente rientrato in Forza Italia dove era stato parlamentare nel 2001-2018), e all’ex consigliere comunale Acri.
Perché corruzione? Questo reato ha due elementi: un «atto contrario ai doveri d’ufficio» del corrotto, a fronte di una tangente in «denaro o altra utilità» datagli o anche solo promessagli dal corruttore. E per la Procura, che valorizza un precedente cautelare della Cassazione nel 2003 sul caso di due consiglieri comunali di Ischia dimessisi a fronte di consulenze ricevute dal direttore del servizio idrico, l’utilità-tangente sarebbe stata l’incarico promesso e dato dal corruttore Fidanza (con i soldi del Parlamento europeo) al figlio del corrotto Acri tramite la mediazione del beneficiario ultimo Calovini, e l’atto contrario ai doveri d’ufficio di Acri sarebbero state proprio le sue dimissioni dal Comune, in quanto «conseguenza non di una scelta personale e insindacabile, ma dell’asservimento all’esclusivo interesse del corruttore» Fidanza.