Robinson, 14 gennaio 2023
Il vangelo di Scorsese
Sono rimasto profondamente toccato dall’introduzione di Sua Santità aUna trama divina, il libro di padre Antonio Spadaro di prossima pubblicazione, e il suo appello agli artisti mi ha scosso nel profondo. Volevo dare una risposta e ho deciso di farlo in questa forma.
Cominciamo immersi nel buio.
Un’immagine dipinta del volto di Gesù rischiara improvvisamentel’inquadratura… poi, altrettanto rapidamente,scompare di nuovo nell’oscurità.
STACCO su una serie di immagini: una semplice croce di legno appesa sopra un letto ben rifatto nell’appartamento di un caseggiato popolare… vetrate di chiesa con scene della vita di Gesù… una scultura in marmo diMaria che stringe il corpo di Gesù fra le braccia… a small gold cross next to a mass- produced image of Jesus praying to the heavens… un bambino seduto a un tavolo che guarda in alto la croce accanto a complessi disegni colorati per un film immaginario chiamato “La città eterna”.
Altre immagini di Gesù: altri ritratti familiari prodotti in serie, brevi immagini commoventi da Intolerance,la versione muta delRe dei re, La tunica e la versione sonora del Re dei re.
VOCE: Come milioni di altri bambini in tutto il mondo, sono cresciuto circondato da immagini di Gesù, tutte basate su un’idea comune del suo aspetto e del suo comportamento: bello, con meravigliosi capelli lunghi e la barba, ascetico, pio… Una scena del Vangelo secondo Matteo di Pasolini: ilsermone sulla montagna.
VOCE: Nel momento in cui l’idea di fare cinema cominciò a diventare concreta, avevo in mente di realizzare un film su Cristo nel mondo moderno, in modern dress,girato in 16mm e in bianco e nero per le strade di New York, con apostoli in giacca e cravatta inold, layered, weathered hallways, con la crocifissione ambientata nei moli del West Side e i poliziotti al posto dei centurioni… il mio mondo. Ma poi vidi il Cristo di Pasolini. L’ambientazione non era moderna, ma la sensazione che trasmetteva sì. C’era l’immediatezza di Cristo. Pasolini ci mostrava un Gesù spesso infervorato, arrabbiato. Che combatteva… Il suo film aveva reso abbastanza superfluo quello che avevo in mente di fare io, ma mi ispirò ad andare avanti.
Una postazione di montaggio. Un’immagine sulloschermo ammuffito di una vecchia postazione di montaggio, che viene bloccata. Compaiono nell’inquadratura delle mani, prendono in mano la pellicola e la tagliano.
VOCE: Come si rappresenta Gesù al cinema? Ci ho ragionato per anni e ho fatto i miei tentativi. E le parole di Sua Santità mi hanno dato un nuovo stimolo, un nuovo riferimento.
La mano sulla postazione di montaggio va a un “cestino” di tela, con strisce di pellicola numerate appese a dei ganci sulla cima. Sceglie una striscia, la mette sulla giuntatrice, ci applica sopra il nastro adesivo e la mano preme sopra il metallo per suggellare il matrimonio fra le due immagini.
VOCE: Il cinema non è mai una questione di singole immagini. Sono immagini in movimento, ma soprattutto immagini unite insieme. Si prende un’immagine, la si mette accanto a un’altra immagine, e una terza immagine si accende nella mente. Questo è il cinema: comunica mediante un’impressione o un’idea creata nella mente e nel cuore, che non esiste nella realtà. È in questa sfera eterna, fra le immagini del reale, del nostro mondo, che si può sentire la presenza di Gesù.
STACCO alla Grand Central Station di New York. Movimento costante da ogni direzione, persone che salgono e scendono dai treni, persone che corrono verso la metropolitana, persone che cercano altre persone e alcune persone che semplicemente… vanno… Una tela di Bruegel in movimento, che minaccia di tracimare dall’inquadratura e avvilupparci.?continua nelle pagine seguenti
Gesù contiene moltitudini. È costante. È presente nei nostri sforzi quando sentiamo l’impulso di agire mossi dall’amore, anche se non ci riusciamo. È presente in ogni vaga avvisaglia di amore. Non l’amore per una cosa o una persona specifiche, l’amore come una fonte di potere.
La telecamera vola attraverso la folla e rallenta su questo viso, poi su quello, poi un altro e un altro… singole vite che vengono vissute qui e ora… Una giovane donna entra nella metropolitana, dove ognuno si ritaglia un suo spazio, tira fuori il telefonino e comincia a scorrere col dito… lei non fa eccezione.
VOCE:
In
Matteo 10,
Gesù dice che non è venuto a portare pace, ma spada. È un incitamento alla violenza? Ovviamente no. Per me è un incitamento ad andare oltre tutti i dubbi e cercare Dio dentro di noi, la sensazione autentica, dentro tutti noi, di agire mossi dall’amore.
Le porte della metropolitana si aprono. Entra un uomo. È disgustoso, sporco, indossa vestiti laceri.
Da un borsone di plastica rinforzata pieno di giornali e contenitori di plastica tira fuori un bicchiere e viene dritto verso di noi.
Fa un discorso – ha perso il suo appartamento in un incendio, deve trovare ancora tre dollari per pagarsi un letto pulito per la notte – poi si mette a cantare con voce stridula.
Avanza barcollando attraverso la carrozza affollata, con il suo grande borsone rigonfio.
Sono tutti nervosi, distolgono lo sguardo. Qualcuno lancia un’occhiata fugace, la maggior parte tiene lo sguardo fisso da un’altra parte.
L’uomo diventa aggressivo, perfino offensivo. La donna non stacca gli occhi dal telefono. È quasi il suo turno. Si sta avvicinando. Ha i soldi nella borsa, ma… …le banconote da un dollaro sono ripiegate sotto quelle di maggior valore o è il contrario? Sarebbe imbarazzante se la vedesse cercare fra i biglietti da 10 e 20 dollari per dargli un dollaro.
Se sarà l’unica a dargli dei soldi, che penseranno le persone intorno a lei? La giudicheranno?
Ansia.
L’uomo si avvicina. È quasi da lei… Improvvisamente… La donna alza lo sguardo dal suo telefono e fissa l’uomo direttamente negli occhi… …lui guarda nei suoi. Restiamo su di loro, rimaniamo all’interno del loro scambio.
Rimani sorpreso, vedi realmente qualcuno, riconosci la sua umanità… lì è la spada di Gesù, che recide ogni legame con le abitudini, gli alibi, i comportamenti inespressi che ci tengono a distanza di cortesia l’uno dall’altro… e va dritta al cuore dell’amore.
Rimaniamo lì, con quei volti…
La rivelazione può arrivare in qualsiasi momento, nella sala riunioni di un consiglio d’amministrazione, nelle colline dell’Oklahoma, nel cortile di un carcere di massima sicurezza, in un aeroporto
or a Starbuck’s,
in un museo o in uno scatolone isotermico in cartone che qualcuno ha trasformato in un riparo di fortuna, in una sala da concerto o in una camera delle torture.
Il momento finisce, l’uomo non si prende il disturbo di aspettare i soldi e si trascina via, la donna raccoglie le sue cose.
La vita non si ferma mai. Ma quel momento può aprire la porta a un cambiamento reale. Ma varcare la soglia? È un altro paio di maniche. È una cosa che fa paura. Forse è per quello che Gesù usò l’immagine della spada.
La donna scende alla fermata… ed è inghiottita dallo sciame dell’umanità. Di nuovo Bruegel.
Pittori, compositori, romanzieri, coreografi, cineasti… continuiamo a provarci… Non si tratta di cercare risposte o fare affermazioni. Cerchiamo di creare qualcosa che assomigli alla vita com’è vissuta… di dare forma a… cosa? A questo mistero inesplicabile, in continuo mutamento. Continuiamo a provare, nella speranza, alla fine, di ritrovarci con qualcosa che esprima quel mistero. Per alcuni di noi, cercare di descrivere cosa succede intorno a questi momenti di rivelazione è l’essenza del nostro lavoro.
Una scena del film francese del 1945
Le père Serge.
VOCE: Ho sempre ritenuto che non esista un’arte vecchia o nuova, è una conversazione costante. E le storie e i film che mi hanno ispirato sono parte anche loro di questo ritratto a mosaico. Come il racconto di Tolstoj su un aristocratico che dopo una delusione amorosa diventa un sant’uomo: crede di aver raggiunto la verità spirituale rinchiudendosi in una grotta, ma poi si rende conto improvvisamente che non è affatto vero ed esce nel mondo, alla ricerca… Una scena del film di Bresson Il diario di un curato di campagna (il prete che interagisce con la ragazza bugiarda).
VOCE: La storia di Georges Bernanos e Robert Bresson del prete malato che combatte fino alla morte per le anime dei suoi parrocchiani, anche se loro lo sbeffeggiano e lo tormentano… Una scena diEuropa ’51(Irene che saluta le persone che ha aiutato dalla finestra dell’ospedale)
VOCE: La storia di Roberto Rossellini della donna spinta dalla morte di suo figlio a dedicarsi interamente ai bisognosi, che finisce per farsi ricoverare in un ospedale psichiatrico… dove continua ad aiutare gli altri.
Una scena da Silence: Kichijiro che ritorna dopo un altro tradimento. / Una scena da The Irishman: Frank che chiede al prete di lasciare la porta socchiusa.
VOCE: Riflettiamo tutti sugli sforzi che abbiamo fatto nel nostro lavoro… le persone che rimangono indecise davanti alla soglia della redenzione, piene di paura e tremanti… Una scena da Toro scatenato: Jake La Motta sotto un raggio di luce nel carcere di Dade County.
VOCE: … e le persone che in qualche modo si ritrovano davanti alla soglia della redenzione e la varcano… Una scena da Mean Streets: Charlie in chiesa. VOCE: Le persone che pensano di poter scegliere la loro penitenza e cavarsela… Una scena da Silence: Ferreira che assiste alfumi-e (il calpestamento del crocifisso) / Una scena da Al di là della vita:Frank che intuba con attenzione l’uomo che ha avuto un attacco cardiaco.
VOCE: … o il loro ruolo spirituale… Una scena da Casinò: Joe Pesci e Sharon Stone che fanno l’amore per la prima volta, freneticamente.
VOCE: … o le persone che vivono in uno stato di illusione.
La postazione di montaggio: l’immagine di Casinò si blocca.
VOCE: Cerchiamo di trovare dei finali per le nostre storie che diano forma alla vita come tutti la viviamo. Procedendo a tentoni, mi rendo conto che forse creo film che portano ad altre domande, altri misteri.
Si vede la pellicola che viene tagliata, le mani che cercano nel cestino un’altra ripresa, la trovano, fanno una giuntura, infilano di nuovo la pellicola nella macchina.
VOCE: Allora qual è il finale di questo film provvisorio?
STACCO sul monastero di Santa Caterina, ai piedi del monte Horeb e monte Sinai.
Seguiamo un uomo, una donna e una ragazza attraverso le porte del monastero, dietro a una guida.
VOCE: Un viaggio in Egitto che ho fatto con mia moglie e la mia figlia più piccola.
Camminiamo lungo antichi corridoi di pietra e con curve strette.
VOCE: Siamo ai piedi del monte Sinai, nell’antico monastero di Santa Caterina, che contiene un museo; ci sono reliquie e oggetti sacri in mostra, talmente preziosi che la luce che li illumina rimane accesa solo per un minuto.
Ci ritroviamo al buio in una piccola stanza.
VOCE: Giro un angolo, la luce improvvisamente aumenta… Si vede il mio volto, incantato, fra mia moglie e mia figlia, incantate anche loro.
VOCE: È un Cristo Pantocratore bizantino del VI secolo.
È il dipinto che abbiamo visto per un attimo all’inizio, con la luce che ci ricade sopra.
VOCE: È stato dipinto con la tecnica dell’encausto, e questo gli dà un potere ancora più grande, più profondo.
La faccia di mia figlia, quasi terrorizzata.
VOCE: Il potere di fare cosa? La faccia di mia moglie, estasiata.
VOCE: Qualunque sia la ragione – il momento della mia vita, il fatto che ero lì con i miei cari, il fatto che ce la siamo trovati davanti senza nessun preavviso – di tutte le rappresentazioni di Gesù che ho visto, questa è quella che mi ha colpito in maniera più diretta… Si vede la mia faccia che guarda. VOCE: …che mi ha imposto di reagire. Ha avuto su di me l’impatto che descrive sua Santità, un impatto profondo. Una domanda si è formata ed è venuta alla luce. La domanda… Si vede la mia faccia, e la mia voce che chiede: «Che cosa vuole Cristo da noi?».
STACCO sul dipinto. VOCE: La domanda resta nell’aria. E questo dipinto del VI secolo che ha guardato dritto dentro la mia anima, questa esperienza così personale, ha aperto la porta a nuove immagini di Gesù, nuovi modi di vederlo… qui… ora… Sono convinto che se io ho avuto un’esperienza del genere, anche altri potranno trovare e troveranno il loro modo per riflettere a noi Gesù in una nuova luce.
La luce si irradia dal dipinto, inondando la stanza e poi tutta l’inquadratura.