Questo sito utilizza cookies tecnici (propri e di terze parti) come anche cookie di profilazione (di terze parti) sia per proprie necessità funzionali, sia per inviarti messaggi pubblicitari in linea con tue preferenze. Per saperne di più o per negare il consenso all'uso dei cookie di profilazione clicca qui. Scorrendo questa pagina, cliccando su un link o proseguendo la navigazione in altra maniera, acconsenti all'uso dei cookie Ok, accetto

 2023  gennaio 14 Sabato calendario

Niccolò Figà Talamanca si dice innocente

«Quando mi hanno portato via, mia moglie era all’estero ed ero terrorizzato per i miei bambini». Rinchiuso nella prigione di Saint-Gilles, Niccolò Figà-Talamanca pensa a quel 9 dicembre. «Sono stato colto completamente di sorpresa dall’arresto. Non avevo idea di cosa stesse succedendo, quali fossero le accuse o cosa stessero cercando nella perquisizione a casa mia», ricorda l’ex segretario dell’Ong «No Peace Without Justice» (Npwj), in carcere perché accusato di essere parte del «sistema» al centro dell’inchiesta sul Qatargate. È in cella da 35 giorni, ma a «La Stampa» dice: «Sono convinto che la mia completa estraneità alle accuse sarà dimostrata».
I suoi legali avevano chiesto la scarcerazione con il braccialetto elettronico e il 14 dicembre la Camera di Consiglio l’aveva concessa. Il ricorso della procura, che è stato accolto, gli ha però impedito di uscire. «Siamo rimasti molto delusi – spiega la sua avvocata belga Barbara Huylebroek –, ma continueremo a lottare affinché torni a casa da moglie e figli prima possibile». Anche perché «le condizioni del carcere di St-Gilles sono orribili. Dopo l’arresto – continua la legale – per due settimane non ha potuto vedere la famiglia». A causa dei ripetuti scioperi, manca il personale, «e questo talvolta non gli ha nemmeno garantito la possibilità di uscire in cortile per l’ora d’aria. Non è umano».
Tramite la sua legale, Figà-Talamanca prova a fare chiarezza sui rapporti con Fight Impunity, l’ong di Antonio Panzeri. Dice di non aver avuto «alcun ruolo nella sua creazione o gestione», ma di aver solo «offerto l’uso dell’ufficio di Npwj come sede legale». Secondo l’ipotesi accusatoria, l’ong dell’attivista sarebbe stata utilizzata per «far girare i soldi», come avrebbe detto l’ex assistente parlamentare Francesco Giorgi in un interrogatorio. L’avvocato Huylebroek, però, nega: «Tutti i rapporti economici tra le due ong sono trasparenti e tracciabili. Ad esempio, Fight Impunity ha versato come le altre associazioni un contributo mensile di circa 150 euro per le spese di gestione degli uffici, così come documentato da note spese e bonifici bancari».
Dalle indagini emerge che Npwj avrebbe effettuato versamenti sul conto di Silvia Panzeri, la figlia dell’ex eurodeputato, anche lei arrestata. «Per il lavoro svolto dal nostro assistito – dice l’avvocato Giuseppe Iannaccone, che si occupa della difesa dall’Italia – era normale consultare avvocati esterni su diversi argomenti ed è ragionevole che Silvia Panzeri fosse proprio uno di quei consulenti. Si tratta di compensi corrisposti mediante pagamenti regolarmente tracciati». Sull’appartamento sequestrato a Cervinia e sull’ipotesi che possa esser stato acquistato con fondi illeciti, «la famiglia ha fornito la documentazione idonea a smentire questa ipotesi accusatoria e stiamo valutando se vi siano gli estremi per interfacciarci anche con la magistratura italiana».
Figà-Talamanca ricorda di aver «conosciuto Giorgi quando era assistente parlamentare di Panzeri» e di aver avuto «interazioni più frequenti da quando è diventato assistente del coordinatore S&D per le risoluzioni urgenti sui diritti umani del Parlamento Ue». Vale a dire l’eurodeputato Pd Andrea Cozzolino, per il quale è stata chiesta la revoca dell’immunità. «L’attività di Niccolò – precisa la sua avvocata belga – comportava che fosse sempre in contatto con i coordinatori dei gruppi politici e i loro assistenti per promuovere la difesa dei diritti umani al Parlamento Ue. Era il suo lavoro e non dovrebbe essere un motivo per giustificare un provvedimento di custodia cautelare in carcere».
Al centro dell’inchiesta ci sono il Marocco e il Qatar. I difensori di Figà-Talamanca assicurano che lui «ha lavorato per promuovere i diritti umani in entrambi i Paesi». L’attività in Marocco risale «ad alcuni anni fa», mentre quella in Qatar è più recente. «Nel maggio 2022 – racconta l’avvocata – ha tenuto un corso di formazione al personale della Commissione nazionale per i diritti umani in Qatar». Un’attività, afferma, «non retribuita» e del tutto «normale, tenuta anche in altri Paesi, tra cui Afghanistan, Kenya e Filippine».
La famiglia di Figà-Talamanca ha ventilato il sospetto che l’indagine possa essere frutto di una vendetta dei Servizi degli Emirati Arabi, uno dei Paesi nel mirino della sua attività. «Abbiamo totale fiducia nella magistratura belga – dice l’avvocato Iannaccone –. Purtroppo, però, in generale, l’intervento di servizi segreti all’interno di un procedimento penale, che in Italia è puntualmente disciplinato e limitato, apre la porta anche a considerazioni di questo tipo. Che nel settore in cui lavora il mio assistito sono tutt’altro che remote». —