Il Messaggero, 13 gennaio 2023
Tutti pazzi per gin, whiskey e birra. Ma solo se analcolici
ROMA Ci sono i più giovani, felici di tenere in mano un bicchiere di gin, seppure analcolico, per darsi un tono e, magari, qualche anno in più. E ci sono ancora più numerosi i tanti attenti a salute e linea, che rinunciano all’alcol ma non sono disposti a fare altrettanto con la convivialità di uno o più brindisi. Poi, ci sono quelli che, a fine serata, devono guidare. E, più semplicemente, i curiosi e i tanti che cercano novità e vanno a caccia di sapori inediti e sorprese per il palato. O forse considerano ormai vecchio quello che bevono i genitori.
FENOMENO IN CRESCITA
Sono le nuove generazioni le grandi protagoniste del boom globale degli analcolici. O meglio degli alcolici tradizionali, dal gin allo champagne e oltre, ripensati però totalmente senza alcol. Un fenomeno e un’inversione di tendenza e mercato internazionale, che si conferma anche nel nostro Paese. A dare la misura del trend sono i numeri. Stando ai dati dell’ultimo report No-and Low-Alcohol Strategic Study 2022 di Iwsr, che analizza il mercato internazionale del beverage, il capitolo di vino, birra e ready-to-drink a bassa gradazione o senza alcol oggi sfiora i dieci miliardi di dollari di valore e, stando alle proiezioni fino al 2025, è destinato a crescere sensibilmente. La birra analcolica salirà dell’11 per cento. E i cocktail analcolici del 14 per cento. Bene il vino senza alcol, con un rialzo del 9 per cento. Tra i Paesi che trainano, per paradosso, la Francia, terra di grandi vini e produttori, che nel comparto enologico ha uno dei suoi pilastri, anche in termini di tradizione. Lo stesso presidente Emmanuel Macron ha dichiarato di bere «vino ogni giorno, all’ora di pranzo e alla sera», pensando forse così di farsi icona del Paese. Qualcosa però sta cambiando. C’è una corsa alle start up che producono analcolici e anche i grandi produttori stanno investendo nel comparto. Così, per esempio, Pernod Ricard, che vanta ben 350 marchi, da Perrier Jouet a Chivas Regal, da Ballantine’s ad Absolut e nel 2021 ha acquisito quote di Ceder’s, brand analcolico che, recentemente, ha portato avanti una campagna all’insegna della filosofia zero: zero alcol, zero zuccheri e zero calorie. E Le Paon qui Boit, prima cantina francese specializzata in analcolici al cento per cento, nata nel 2021, già vanta un’ampia clientela, specie tra i venti e i trent’anni. L’Italia non sta a guardare. Anche nel nostro Paese gli alcolici analcolici stanno conquistando ampie fette di mercato. A dimostrarlo il successo di proposte, piattaforme e negozi dedicati. E il grande test del Capodanno che, quest’anno, da molti è stato festeggiato con spumanti senza alcol, come lo Steinbock Alcohol Free Sparkling – Selection Dr. Fischer della cantina Hofstatter, situata a Termeno patria del Gewurztraminer – presentato come «elegante alternativa per coloro che non bevono alcolici ma non vogliono rinunciare a una piacevole bollicina». Tra le realtà del bere analcolico anche Conviv e Memento, nonché l’Amaro Venti, disponibile anche senza alcol. Ricca la selezione di ZeroAlcol, nata nel 2016 anche per diffondere la cultura dell’analcolico di qualità.
ALTA QUALITA’
«Gli analcolici, nel nostro Paese, rappresentano circa il 25 per cento del consumo giornaliero al bancone – dice il food e beverage manager, già pluripremiato bartender, Massimo D’Addezio, co-fondatore di Ro.Ck. Rooms&Cocktails e il fenomeno è in crescita. Piacciono molto ai giovani. Le ragioni sono tante, inclusa l’attenzione a salute e forma fisica. Si beve in modo più consapevole. Per i bartender è un momento stimolante, sono prodotti di alta qualità che consentono miscelazioni interessanti e permettono di realizzare nuove creazioni. Per intenderci, il gin tradizionale è diverso da quello analcolico, perché l’alcol ha un sapore specifico, ma i nuovi distillati senza alcol portano nel settore e nel bicchiere inusitati sentori e sfumature di gusto, tutti da sperimentare».